Nonostante si abbia la sensazione che con il passare dei giorni il vento della censura stia salendo, per usare un gergo marinaresco, da vento forte a burrasca moderata, grazie al web l’opinione pubblica finisce per venire comunque a conoscenza di ciò che il potere, inteso in senso lato, vorrebbe non si sapesse o si sapesse in una versione edulcorata e minimale nella forma e nella sostanza.
Un esempio recente è lo schiaffo dato all’Italia dalla Libia (o dalla Turchia?) quando 40 soldati del nostro esercito, atterrati a Misurata con un C130 per dare il cambio ad altrettanti commilitoni, sono stati costretti a fare dietro-front, risalire in aereo e tornarsene in Italia perché… perché mancavano dei timbri sui loro passaporti! (v.articolo)
Sempre in Libia, a Tripoli, gli uomini della missione Miasit operano disarmati, inclusa la scorta del comandante, perché così vogliono i padroni di casa beneficiari del nostro supporto. In pratica il soldato italiano viene equiparato ad un collaboratore, un ausiliario, un volontario, una sorta di missionario insomma.
Reazioni dall’alto? Se ci sono state non se ne è avvertita l’eco. Tanto varrebbe sostituire i nostri soldati con cooperanti del Vaticano o del ministero degli esteri, purché disposti a rifiutare ruoli stile “Silvia Romano”.
Sempre grazie al web sono finiti sotto gli occhi esterrefatti del cittadino incredulo le immagini di un reparto in armi della marina militare che, agli ordini di un comandante-donna in sciarpa e sciabola… forse sfila in parata? Macché! Presenzia all’alza bandiera? Neanche! Si esibisce simpaticamente in un lezioso balletto da balera, fatto di passetti avanti, passetti indietro e di lato, ancheggiamenti vari e ogni sorta di aggraziate movenze (v.video).
Ripensando alle famose danze della ministra Trenta andate in onda in occasione di un pellegrinaggio militare a Lourdes, il cittadino di una certa età è inevitabilmente portato a sentenziare: “Nelle danze è la Trenta che traccia il solco, ma è la sua scuola che lo difende”.
Il siluro partito tempestivamente dallo stato maggiore della marina per dare il benservito ai responsabili dell’inqualificabile balletto sarà certamente di monito a chi in futuro volesse indulgere ad analoghe esibizioni.
In realtà anche un altro filmato recentemente ha colpito l’attenzione del popolo di facebook, mostrando un gruppo di lagunari in armi che, alla presenza del proprio comandante e dello stendardo del reparto, si è esibito in una scomposta esibizione da balera.
A pensarci bene non ci si dovrebbe meravigliare di tali performance; se infatti qualche personaggio è stato catapultato da una tastiera da disk-jockey ad uno scranno ministeriale, perché non accettare che un esperto di balere finisca dentro una uniforme? Il confine per entrambi è quello di non scivolare dal goliardico nel cialtronesco, cosa pittoresca per un ministro ma inaccettabile per chi imbraccia un’arma o impugna una sciabola.
Appena il tempo di sentirsi rinfrancato dal provvidenziale siluro partito dallo SMM che il cittadino medio riprecipita nella depressione allorché facebook gli propone il filmato di un signor ufficiale rappresentante sindacale nell’Arma dei Carabinieri che, masticando “frutta secca” a bocca semiaperta e non rinunciando ad un elegante strofinamento del naso con l’indice della mano destra, lancia pubblicamente dure critiche al comando generale dell’Arma perché non ha ancora diramato “il decreto della notifica” della sua promozione a tenente colonnello.
Morale: il signor ufficiale per protesta andrà in giro con i gradi di tenente colonnello sulla spallina sinistra e di maggiore su quella destra. Inevitabile prendere atto di come anche sul versante sindacale la Trenta abbia lasciato un segno indelebile sia nelle tre forze armate (29 sigle sindacali già operanti) sia nell’Arma.
Comprensibile che a questo punto il cittadino medio, specie se con trascorsi in divisa, abbia un tracollo emotivo e faccia ricorso ad una formula, censurabile ma umanamente comprensibile,da vecchio naione:
“Ma dove vive e che c…o fa la scala gerarchica di questo signor ufficiale? E perché a livello politico non si registra uno scatto di orgoglio per gestire con durezza l’inqualificabile comportamento della Libia?”
I soldati , i carabinieri e i marinai che rispettano l’uniforme e credono nella loro missione si aspettano che dall’alto giungano segnali forti che segnino una svolta nella politica della difesa (tradotto: che pongano fine allo sputtanamento delle forze armate al di qua e al di là dei nostri confini). Se ciò non avviene, in loro si fa strada il dubbio che la situazione stia sfuggendo di mano, quando invece si tratta di comportamenti dovuti a errata valutazione politica o a carenza di controllo.
Certo è che finché la nostra classe politica non si porrà il problema della credibilità militare delle forze armate, i suoi auspici alla pace e alla collaborazione saranno accolti da qualunque interlocutore con un sorriso di commiserazione, e in quel sorriso sfumeranno, come in Libia, i nostri interessi nazionali.
Ovvio che una grido di dolore da parte delle forze armate non sarebbe ben visto dal potere politico perché nella migliore delle ipotesi lo considererebbe sì un suggerimento ma di intralcio al suo indefesso e diuturno “operare per il bene dell’Italia e degli italiani” e al suo quotidiano “impegno democratico e antifascista”, di cui peraltro al soldato sfugge da decenni il recondito significato.
Nella consapevolezza che nulla accadrà, a meno di qualche sporadico siluro riparatore, al cittadino con un passato militare non resta che l’orgoglio di aver fatto parte di forze armate nelle quali oggi stenta ad identificarsi; un orgoglio offuscato dall’amarezza di leggere le riflessioni di compagni d’arme vecchi e nuovi:
“Sono felice di non dover vestire più l’uniforme. Sarei stato in forte imbarazzo. Forse abbiamo servito un’altra istituzione! In tanti la pensiamo allo stesso modo.”
“Faccio parte dell’Arma da trent’anni e come te ho frequentato la Nunziatella. Lasciami solo con la mia rabbia e col mio dolore!”
“Come marinaio non so se vergognarmi di più per quei balletti sciagurati o il venir tirato in ballo per collaborare anziché contrastare questa invasione di migranti clandestini, sia che si tratti di furbastri o di pregiudicati o di semplici importatori di covid 19.”
Foto: web / Facebook / ministero della difesa