Gli aiuti NATO per il COVID-19: l’Alleanza deve fare di più per la biosicurezza e la sicurezza collettiva

(di Maurizio Geri)
25/05/20

Le sfide alla sicurezza, oltre che alla stabilità sociale, economica e politica, portate dalla crisi del COVID-19, hanno dimostrato come le minacce alla “biosicurezza” sono troppo imponenti per essere gestite da una nazione sola. La NATO sta avendo un ruolo importante nel sostenere i paesi membri durante questa crisi, anche se gli stati alleati potrebbero e dovrebbero trovare il consenso per fare di più, per le prossime crisi che arriveranno.

Dal nostro ultimo articolo sul tema più di un mese fa la NATO ha aumentato costantemente i suoi aiuti. Vari paesi dell’Alleanza hanno richiesto l’intervento dell’Atlantic Disaster Response Coordination Centre, il principale meccanismo NATO per la risposta ai disastri. Fra gli altri aiuti che il Centro ha distribuito ci sono stati i kit per i test, materiale medico di protezione, personale medico, attrezzature etc. I paesi membri si sono aiutati fra loro dimostrando spirito di solidarietà. La Turchia e la Repubblica Ceca per esempio, hanno trasportato materiale medico in Italia e Spagna. Recentemente il Montenegro ha ricevuto forniture mediche con il trasporto aereo Olandese. E non solo fra gli stati membri ma anche fuori dall’Alleanza i paesi NATO hanno trasportato materiale necessario. La Polonia per esempio, che partecipa alla Foza NATO in Kosovo (KFOR), ha donato materiale sanitario di protezione al Kosovo, portandole con un aereo da trasporto CASA C-295, fra cui 50,000 mascherine e 1000 di disinfettante.

È di pochi giorni fa anche la notizia che la NATO ha dato la sua disponibilità all’ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) per il trasporto urgente di materiale medico e umanitario, con l’offerta immediata di Gran Bretagna ma anche Qatar, un paese partner della NATO. La NATO ha aiutato anche a livello di produzione di nuovi materiali medici, dimostrando ingegnosità e innovazione. A Taranto per esempio, un team della NATO Support and Procurement Agency (NSPA) in collaborazione con una start-up Italiana, ISINNOVA, ha iniziato a produrre settimanalmente 25 connettori per ventilatori (foto), creati con 3D-printing, convertendo maschere da snorkelling in maschere da ossigeno, e donandole alla Protezione Civile Italiana. In Italia poi c’è il NATO Rapid Deployable Corps (il Corpo d'Armata di Reazione Rapida della NATO) un Comando multinazionale costituito nel 2001, che nella crisi si è occupato di distribuire i dispositivi medici di protezione dove sono stati più necessari, essendo anche strategicamente posizionato vicino all’aeroporto di Milano.

Insomma molte cose sono state fatte ma evidentemente, visti i risultati dell’emergenza con nazioni trovatesi impreparate, non abbastanza e non abbastanza in fretta, o in maniera completa ed equa. Infatti la distribuzione degli aiuti dovrebbe avere un coordinamento e una pianificazione migliori, per garantire aiuti maggiori e anche equanimità e uguaglianza di trattamento, aiutando soprattutto dove c’è più bisogno. L’Agenzia di supporto e approvvigionamento della NATO (NSPA) per esempio, lavorando a stretto contatto con l'esercito lussemburghese, ha guidato la costruzione di circa 1200 m² di tende ospedaliere da campo proprio in Lussemburgo, dove ha la sua sede principale. Ma la NSPA del Lussemburgo avrebbe potuto aiutare in questo l’Italia e la Spagna in primis, se l’agenzia avesse avetu più mezzi e funzionasse in maniera più proattiva, proponendo per esempio a ogni stato un certo numero di ospedali da campo per queste emergenze. Migliorare l’efficienza e efficacia dell’Allenza dipende ovviamente dal consenso degli stati membri, è una decisione politica, ma anche dal mandato NATO che dovrebbe espandersi in futuro per comprendere queste nuove minacce, e nuovi domini, come abbiamo già commentato su questa testata.

Come ha detto l’ex vice segretario generale per le sfide emergenti presso la NATO, Jamie Shea (foto), le future crisi di biosicurezza non sarano facili, perché la NATO dovrebbe difendere contemporaneamente tutti e 30 i suoi stati membri ugualmente colpiti. Ma proprio per questo i Ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi dell’Alleanza, a partire dai nostri Ministri che rappresentano uno degli stati più colpiti, dovrebbero usare questa opportunità dalla crisi per proporre subito questa nuova area di biosicurezza, dove la NATO può contribuire, considerandola una priorità con norme di difesa alla pari di quelle della difesa nucleare o convenzionale. Inoltre i Ministri dovrebbero farsi portatori di richieste di aumento di capacità e infrastrutture in questo campo, e soprattutto nuove procedure per far sì che la NATO agisca in maniera propositiva più che reattiva, offrendo aiuti specifici a ogni paese membro, invece che aspettare che le nazioni facciano domanda, attivando procedure burocratiche che richiedono tempi lunghi e risultati incerti. Questo aiuterebbe l’Alleanza anche a difendersi da “incursioni di propaganda” di paesi terzi, come abbiamo visto con Russia e Cina, che hanno portato aiuti nei primi periodi della crisi, quando ancora la NATO non si era attivata velocemente, anche con l’obiettivo anche di dividere l’Alleanza stessa, frammentandone la solidarietà.

Ma il punto principale è che la difesa collettiva dell’Alleanza, anziché proteggere solo le frontiere esterne, deve essere reinterpretata per significare anche solidarietà per la stabilità e resilienza interne, cioè diventare “sicurezza collettiva”. E la sicurezza collettiva dovrà includere anche minacce biologiche (come è stato già fatto per le minacce cibernetiche dal Summit di Bruxelles due anni fa) non necessariamente con attacchi prestabiliti, esattamente come questa crisi del COVID-19, che colpiscono la società e il mondo civile, più che quello militare. Sicurezza collettiva significa anche stabilità sociale e sicurezza da minacce sociali, come per esempio migrazioni di massa che nei prossimi decenni potrebbero venire dalla regione sud, con un continente che sta per esplodere demograficamente (da 1.2 a 4 miliardi di persone per la fine del secolo, stime ONU). Questo è un passo importante per adattare l’Allenza alle sfide complesse del ventunesimo secolo: trasformarsi in una alleanza di sicurezza collettiva, oltre che difesa collettiva.

Immagini: NATO / U.S. DoD