La conferenza sulla Libia a Palermo: la parola ai lettori e conclusioni non politically correct

(di David Rossi)
11/11/18

Il 30 luglio, in visita alla Casa Bianca, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava: “stiamo organizzando con il presidente Trump la conferenza sulla Libia”. Ebbene, a quanto pare gli USA marcheranno visita: non è prevista la presenza di alcun rappresentante di alto livello Washington alla conferenza di Palermo sulla Libia. Men che meno del segretario di Stato americano Mike Pompeo: Trump manderà un diplomatico esperto di questioni libiche. Con la Merkel assente e Putin che manderà un viceministro, giusto per dare un contentino a un Paese che, a parole, ogni due per tre vorrebbe togliere le sanzioni alla Russia (ma poi vota regolarmente a favore della loro conferma), alla fine solo il più “pop” dei leader occidentali, il presidente francese Emmanuel Macron, ha evitato di mandare uno sconosciuto, inviando il ministro degli esteri a rappresentare Parigi davanti ai “quattro grandi” della Libia. Solo l’Egitto dovrebbe essere rappresentato ai massimi livelli dal presidente Al Sisi, il che la dice lunga sul ruolo del Paese africano in Libia. Ci immaginiamo il mantenimento dell’etichetta quanto mai problematico, con grandi potenze rappresentate da “pesci” piccolissimi. Abbiamo chiesto ai nostri lettori che cosa pensano della guerra civile nel Paese africano, come giudicano l’azione del gabinetto Conte in quel Paese, ma soprattutto quali risultati si aspettamp dalla conferenza che l’Italia ha fortemente voluto sul proprio territorio. Ora, lasciamo loro la parola, riservandoci un commento conclusivo.

   

Il lettore Sergio Pession è un habitué di questa rubrica. La sua analisi ci pare la più comprensiva, anche se eccede nel valutare l’Egitto “venduto a Mosca”: chi conosce gli Arabi e gli Africani sa che al massimo concedono di essere noleggiati per un giretto…

A cavalli in corsa, cambiare la puntata è impossibile. L’Italia per ragioni che ormai sono state sviscerate in più sedi, ha scommesso su Serraj, e per quanto le bruci, correre ora da Haftar, dopo aver perso tutte le occasioni per farselo amico, è inutile. Haftar è un pragmatico militare che non simpatizza affatto per la Francia (ovviamente), ma vi fa buon viso dopotutto; inoltre non può neppure fare più affidamento sull’Italia (come biasimarlo?). L’Italia di Berlusconi voltò le spalle a Gheddafi, mentre quella di Renzi appoggiò Serraj, e certe cose non si dimenticano. L’imbarazzante diarchia Salvini-Di Maio, checché ne dica Conte è, se possibile, ancora più inaffidabile. Per come la vede lo scrivente, il fatto che l’incontro si tenga in Italia, influirà solo sulla qualità dei rinfreschi. Tutte le parole che si spenderanno, lo saranno ai caldi venti del deserto, poiché Serraj, semmai siederà di fronte ad Haftar, potrà solo accettare col mal di pancia il fatto di scenderci a compromessi, oppure opporvisi come sempre, ma poco importa, ha i giorni contati. Di per contro Haftar (forte dell’esercito) sa che il popolo presto o tardi lo appoggerà, inoltre ha le spalle relativamente coperte da un Egitto sempre più filorusso. I migranti ed il petrolio sono più problemi stranieri che propri e terrà queste carte in mano aspettando il gioco dei diretti interessati, sfruttando il fattore tempo che forse gli arride. Da questo vertice emergeranno solo buoni propositi da Capodanno e tanto formali quanto ridicole strette di mano. Nel prossimo futuro Haftar si farà più forte e necessiterà dell’aiuto di una Russia a caccia di porti nel Mediterraneo (con stivali già in Egitto). Italia/Serraj prima, Francia in seguito, resteranno a bocca asciutta, mentre agli Usa farà gioco una Libia in guerra civile e si muoverà in questa direzione, giocandosi carte Onu e Terrorismo come sempre.

   

A chi scrive piace, sotto molti punti di vista, la posizione del lettore Angelo Baccarani. Magari, ci pare eccessiva la fiducia nel tenente generale Khalifa Haftar, un leader ormai settantacinquenne, con un grande future…alle sue spalle, che la stampa e la politica italiane insistono a dipingere filofrancese, un po’ come la volpe definiva acerba l’uva che non riusciva ad afferrare. 

La mia opinione è che l'Italia avrebbe dovuto schierarsi immediatamente con il Generale Haftar, l'unico che avrebbe potuto restaurare fin da subito quell'ordine nel Paese che era venuto a mancare dopo la (per noi) assurda crociata contro Gheddafi. Ci siamo lasciati coinvolgere nel supporto alle "Primavere Arabe" che, a ben vedere, e' stato innescato da Francia e Gran Bretagna solo ed esclusivamente per ragioni economiche-finanziarie (anche se non sono certo abbiano raggiunto i loro scopi in tal senso). Se appoggiassimo Haftar, avremmo un immediato vantaggio sia sul piano politico che economico (basti pensare a tutto l'indotto per le nostre Aziende, che abbiamo perso in questa assurda avventura...), oltre a mostrare a Francia e UK (e al mondo) che siamo un Paese da rispettare in Politica Estera. Inoltre, bloccheremmo facilmente i flussi migratori, che non erano così critici durante il periodo di Gheddafi. Ma temo rimarrà solo un sogno...

La situazione in Libia adesso pare estremamente confusa e sono anche abbastanza certo che Francia e GB continuino a lavorare "nell'ombra" per mantenere il caos (non sarebbe una novità). Per ora direi che siamo fortunati che la Russia sia ancora impegnata in Siria e che, forse, non abbia abbastanza interessi in Libia...

   

“Gustosa”, anche se un po’ complicata, l’analisi del lettore Luca Morakx, che dipinge un’Italia “come dovrebbe essere” che gestisce, con i piedi sul territorio, i propri interessi in Libia. E quelli dei Libici stessi. L’idea che cogliamo è la seguente: in un Paese così complesso serve uno solo che “serva” tutti gli altri, per evitare che si scannino a vicenda. Come stanno facendo…

Oggi vi proponiamo una ricetta gustosa: Pizza alla Libica! Per prepararla ci vogliono solo ingredienti di qualità!!!!

Difficoltà: molto alta, per esperti. 

Preparazione: circa due settimane.

Dosi: per un paese.

Costo: nella media.

Tempi di cottura: lunghi.

Ingredienti: un paese unito, consapevole dei propri interessi e della tutela dei Libici; un governo blindato, che non sia alla mercé di attacchi interni e soprattutto esterni (direi che questo è l'ingrediente fondamentale: se ben lievitato crea una base solida e sostanziosa altrimenti la pasta diventa dura e si brucia e se si brucia si muore di fame TUTTI); una opposizione al governo che sia pro Nazione e che faccia gli interessi della Nazione (questo ingrediente è difficilissimo da trovare in Italia ma nei paesi europei, diffusissimo: chissà, poi, perché? Diciamo che è il tocco vincente che vi permetterà di preparare ottime pizze in tutto il mondo. Se manca, l'alternativa è l'autoritarismo, personalmente non mi piace, ma se non c'è alternativa… cucina è cucina, guerra è guerra); un esercito (con un Generale 60.000 uomini e gioco libero); un sistema sanitario; imprenditorialità quanto basta.

Preparazione:

Dopo aver ben preparato tutti gli ingredienti, per primo si spiegano al popolo Libico i vantaggi che si hanno mangiando la Pizza: non è odiosa come l'omelette, non è pesante come il wurstel, non è oscena come il porridge. Dalla Pizza si possono avere molti vantaggi commerciali e culturali; forse un libico digerisce di più una buona pizza, simile sicuramente ai suoi gusti culinari e poi con la pizza si cresce e si diventa grandi. Si dispongono qua e là ospedali, magari uno ad ogni tribù e si proteggono con 10.000 uomini circa amalgamandoli bene. Io, di solito, aggiungo fin da subito imprese e imprenditori (a gusto mio funziona ), si crea una garanzia politica dove si spiega che tutti devono essere contenti per ottenere il risultato, si distribuiscono a pezzi nel confine sud 30.000 uomini a gioco libero, se serve si spara e si mena la mano, si spiega alle compagnie petrolifere presenti che nulla a loro verrà tolto, l'Italia controlla che tutti siano nutriti, si spiega ai locali che il petrolio avrà fine, ma magari il sole e gli stabilimenti balneari no, si versano i restanti ventimila uomini a controllo dei porti, delle città e dei cantieri che fin da subito inizieranno a svilupparsi, ci si scotterà le dita, ci si sporcherà le mani, si perderanno ingredienti, si verserà del latte, ma se vogliamo diventare cuochi….magari internazionali, magari inventandoci le stelle Pirelli anziché Michelin… Magari se la pizza riesce, anche a Tunisi verrà voglia di mangiare bene dopo anni di omelette. Una Buona Pizza cambia sempre la vita.

Dalla cucina da campo, stanco di essere lavapiatti. Adis Abeba.

   

Lo scrivente ha deciso di pubblicare il commento del lettore Tarcisio Veschi, perché è eccessivamente breve ma molto ricco di significato. Esprime un concetto simile a quello del pezzo precedente, ma evidenzia bene come l’Italia, in fondo, è benvoluta dai Libici. Più della Francia.

L’Italia, se dimostrerà di essere nuovamente un paese coeso e determinato, potrà raggiungere gli obbiettivi voluti dai contendenti, ed anche i nostri, ripristinando una pace ed uno status quo per bombardamento francese, proponendosi anche come garante.

   

Marco è una vecchia conoscenza di questa rubrica. Ci piace leggerlo perché evidenzia bene due cose: 1) che l’Italia avrebbe potuto/dovuto prevedere la crisi del 2011 nel Mondo arabo e 2) che la Libia -come altri Paesi del Nord Africa- è per sua natura porosa a fenomeni migratori di massa.

Tutto il mondo sapeva che i piccoli chimici erano tre: Saddam, Gheddafi, Bashar Al-Assad.

L'Italia (governo di CDX e servizi segreti in CSX) nel 2009 fu incapace di pianificare la successione a Gheddafi. Gheddafi era dittatore sanguinario, anziano, non avrebbe potuto essere eterno, prima o poi si sarebbe aperto il problema della successione. Non era difficile immaginare che qualcuno lo avrebbe potuto rimuovere, come Saddam! Se nel 2009 l'Italia avesse imposto l'abdicazione di Gheddafi come condizione di sdoganamento libico, forse Francia ed USA non avrebbero colto l'occasione della rivolta di Tobruk, forse non ci sarebbe stata la guerra civile in Libia...
I politici italiani parlano d'ostilità franco-anglo-americana contro gli interessi petroliferi italiani in Libia: io vedo solo crescente competitività internazionale. Nel futuro sarà peggio: l'umanità è in sovrappopolazione, ci sarà scarsità d'energia, acqua potabile, cibo, materie prime ecc.

Costruendo un facile modello è immediato comprendere come la penisola italiana sia destinata ad essere cavallo di Troia di Chartago (N.d.R. l’eccesso di popolazione africana), per l'invasione dell'Europa. Nel 2050 gli africani saranno 2.4MLD, se 1 africano su 2 africani migrerà per climate change: 1.2MLD di africani saranno in movimento. Non tutti gli africani si dirigeranno verso le coste del Mediterraneo nel Nordest Africa, tuttavia: la Tunisia ha curva demografica bassa, correnti marine di superficie favorevoli verso Sicilia, Sardegna, Tirreno, è territorio d’interesse per il green stream. Libia: ha curva demografica bassa, un paese ricco di denari in c/c esteri, giacimenti di petrolio e gas, senza confini difendibili e numerose oasi con stabili rotte desertiche. L'Egitto ha il fiume Nilo, ed il grande bacino artificiale d’acqua dolce Nasser, l'importante porta del canale di Suez.
Nel decennio 2020 è probabile vi siano flashpoint nel nord Africa per migrazioni subsahariane. Nel decennio 2030 è possibile una levata di Chartago, nel decennio 2040 è probabile una sua levata, nel 2050 è certa la levata di Chartago in NordEst Africa.

   

Il lettore perdonerà lo scrivente se si lascia andare, invece che a una conclusione analitica e ragionata, a una apparentemente “di pancia”. Chi ha detto che non si possa vivere con, al confine, una vera e propria Chernobyl dell’immigrazione clandestina? E che, se anche portassimo pace in Libia, il reattore cesserebbe di emettere flussi di disperati? E, infine, chi ha detto che anche a noi, oltre che a Francesi, Britannici, Americani, Qatarioti, Sauditi, Turchi e Russi, non interessi una Libia instabile e in perenne lotta? In breve, spieghiamo queste apparenti boutade in modo serio:

  • Come la Turchia con Siria e Iran, la Russia con i Paesi islamici dell’Asia centrale e la Cina e tanti altri Paesi “assediati”, in realtà si vive (anzi, si vive bene) anche così: come italiani, siamo abbastanza ipocriti da negare che all’agricoltura e alle industrie a basso valore aggiunto, alcune decine di migliaia di disperati l’anno, da pagare due euro all’ora senza contributi e tasse, fanno comodo eccome. Non è quello che -non nascondiamoci dietro un dito! – succedeva ai lavoratori italiani negli anni del boom? I distretti industriali del Nord avevano una fame bulimica di braccia di ex contadini meridionali da gettare in pasto a altoforni e altre diavolerie da industria 2.0, altro che 4.0. Vogliamo chiedere ai Turchi e ai Russi se a lavorare in miniere da XIX secolo e campi coltivati in condizioni infernali sono i cittadini o milioni di sconosciuti, inghiottiti come nuovi coolies? Cari lettori, raccogliere quei pomodori così sugosi e quelle fragoline che voi amate tanto costa questo e altri sacrifici. Se dite di non saperlo, non vi posso credere.
  • Forse oggi non ce lo ricordiamo più, ma per interrompere il flusso migratorio clandestino dalla Libia i governi del decennio precedente, in particolare il Berlusconi IV, dovettero promettere -e in parte già pagare- a Gheddafi fior di investimenti in opere pubbliche e infrastrutture. Il lettore può ignorarlo, ma la Libia, come i Paesi “petroliferi” del Golfo persico ha una popolazione di cittadini infinitesimale rispetto ai residenti. Che in massima parte sono africani sub-sahariani (camiti o “neri”, se preferite) sfruttati a sangue in agricoltura, allevamento e costruzioni nella nostra ex colonia. Già, la vecchia storia degli Arabi mercanti e sfruttatori di schiavi africani. Valla a spiegare alle anime belle tutte correttezza politica: credono che a percuotere e violentare i migranti clandestini siano i “trafficanti”. No, sono i nativi. E non se ne preoccupano minimamente.
  • Un uomo forte. Un elemento unificante tra decine di tribù che si odiano a vicenda e sono rose da rancori ancestrali. Un nuovo (e più giovane) Gheddafi. Ma anche, potenzialmente, uno capace di togliere alle potenze regionali (fra cui l’Italia) una delle ossa della Libia da rosicare. Si accettano scommesse su chi la vorrebbe, per davvero, una Libia pacificata e unificata. Ma siamo seri…

Insomma, prepariamo il popcorn: per alcuni giorni l’Italia sarà sede di un evento internazionale importante. O quasi. Poi, tutti nemici come prima.

(foto: Presidenza del Consiglio dei Ministri)