Sparo o non sparo?

(di Fez)
23/06/21

Domenica scorsa nei pressi della stazione termini dei poliziotti hanno dovuto fronteggiare una delle minacce più imprevedibili e tra le più pericolose al mondo, ovvero un uomo determinato e armato di coltello.

Voglio fare una breve disamina alla luce dei fatti avvenuti il 20 giugno 2021. Tralasciando i super mega istruttori tattici da tastiera e i "navi-sillo" da social, vorrei riflettere su due punti focali, il primo sull’armamento e sul suo uso, il secondo sulla vicenda giuridico-politica.

Il poliziotto che esce di pattuglia, ma più in generale tutte le FF.OO. italiane, è equipaggiato di cinturone contenente pistola, manette, sfollagente e in alcuni casi spray urticante. Questo equipaggiamento è realmente utile agli interventi che deve affrontare?

Tralasciando le manette che sono uno strumento di contenimento e non per fronteggiare una minaccia e lo spray non in dotazione a tutte le unita pattuglianti, per affrontare un pericolo qualsiasi il cerchio di scelta si restringe tra sfollagente e pistola. Quindi per spiegare meglio ad un profano e come se guidando una macchina passo dalla prima direttamente alla sesta marcia senza passare per le altre.

Per dirla meglio il poliziotto italiano non ha grande scelta di materiali quando affronta un malintenzionato, o decide di utilizzare lo sfollagente ovvero lo affronta praticamente a mani nude cimentandosi in un combattimento corpo a corpo per cui non è addestrato, o è addestrato con tecniche di autodifesa ormai datate e non più attuali alla minaccia odierna, oppure mette la sesta marcia impugna l’arma e spara. Non c'è gradualità di coercizione.

Voglio precisare che il poliziotto come tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine non possono scegliersi né che tipo di formazione avere, tantomeno l’equipaggiamento perché questi due aspetti sono uguali per tutti e normati da leggi.

Per essere davvero al passo con le polizie europee sul piano del pronto intervento e per una tutelare della vita degli operatori, bisognerebbe abbandonare nel processo decisionale le retoriche da salotti benpensanti e cercare di capire che dobbiamo dotare dei migliori strumenti possibili gli operatori se non vogliamo che ogni intervento si tramuti in una roulette russa per l’uno o l’altra parte.

Quello che sarebbe finalmente auspicabile, sarebbe avere un addestramento all’autodifesa con tecniche attuali messe a punto studiando le casistiche della vita operativa reale e non sul tatami, oltre a dare in dotazione una scelta di materiali che possano essere efficaci e efficienti.

I mezzi di cui ha bisogno un operatore delle forze dell’ordine, in aggiunta alla pistola, sono spray urticante e taser. I motivi per cui le polizie italiane non li hanno ancora a disposizione, a differenza di moltissime polizie estere, sono solo demagogici e strumentali, perché se è vero che l’utilizzo di questi strumenti non sono a rischio zero è pur vero che sicuramente l’uso della pistola ha un rischio diretto e indiretto assolutamente maggiore.

Ulteriore aspetto frustante per un poliziotto è dover, ogni qualvolta interviene, trovarsi fianco a fianco con l’aggressore sul tavolo degli imputati. Un operatore deve decidere in una frazione di secondo se e come intervenire per neutralizzare la minaccia, tutelare la vita dei cittadini, proteggere sé stesso e i colleghi. Può essere giudicato correttamente "a bocce ferme"?