Un generale in pensione può parlare liberamente, senza vincoli politici né gerarchici, soprattutto nell’epoca dei social media e grazie alla credibilità che gli deriva da una splendida carriera, ma anche dal fatto di aver dimostrato una ottima capacità di anticipare gli eventi nel breve periodo sulla base delle sue esperienze e conoscenze. Per questo, cercheremo di leggere tutto d’un fiato il pensiero dell’ex comandante delle forze armate americane in Europa, Ben Hodges, che già abbiamo imparato a conoscere in due articoli recenti. A qualcuno sembrerà molto poco diplomatico: alla fine, chiareremo il perché.
Da dove parte il ragionamento
Le premesse sono tre:
1► La guerra non è né un affare privato fra Russia e Ucraina né una questione lontana e non foriera di conseguenze: “questa guerra non riguarda solo l'Ucraina, è una guerra in Ucraina contro l'Europa”,
2► Il fattore tempo ha un ruolo importante: la Russia non ne ha all’infinito e per questo "le prossime due settimane determineranno cosa accadrà",
3► Al di là della propaganda russa sulla propria superiorità militare, in questo momento "abbiamo una possibilità, in realtà, per l'Ucraina di distruggere le forze russe mentre stanno facendo marcia indietro, mentre stanno cercando di ricostituirsi: sono vulnerabili".
Vincere è possibile e lo possiamo fare perché i vertici militari russi sono "medievali e brutali": proprio per questa loro arretratezza possiamo battere Mosca - attraverso l’Ucraina - a patto “di voler vincere”.
Perché battere i Russi è un dovere
Le prove di possibili crimini di guerra commessi a Nord di Kiev e, probabilmente, in tutte le altre terre ucraine occupate dalle forze di Mosca, ci obbligano a ricordare che non è la prima volta che i Russi usano l’eliminazione fisica degli avversari come strumento di lotta militare e politica: “uccisero 22.000 ufficiali, intellettuali e dirigenti polacchi nel 1940 nel massacro di Katyn, per eliminare la possibilità di uno Stato polacco. Lo stanno facendo di nuovo, in Ucraina. La presa di mira deliberata di civili in Ucraina da parte delle forze russe sta iniziando a far sembrare Srebrenica una sparatoria dal finestrino di un’auto...”
Hodges non crede a una soluzione diplomatica del conflitto: d’altronde, con l’aggressore ancora all’offensiva, anche parlare di negoziati decisivi significa far torto all’intelligenza di chi ascolta. C’è poi una questione strategica di non poco conto: “come possiamo negoziare con loro? Bisogna spezzargli la schiena ora, finché ne abbiamo una possibilità”. Adesso, l’obiettivo dell’Operazione Unthinkable, ricacciare i Russi e renderli non più un pericolo per i loro vicini, pare quanto mai possibile, grazie agli errori strategici enormi fatti dal Cremlino: secondo il generale possiamo spingere la Russia nei suoi confini e impedirle di rendersi offensiva per i propri vicini per decenni. Il rapporto con quello che Mosca chiama l’”estero vicino” non riguarda solo l’Ucraina e i Baltici: secondo il generale americano, “la Russia è un terribile partner” anche per gli altri, come l'Azerbaigian e l'Armenia: “il dominio del Cremlino non è riuscito a migliorare la vita o la prosperità dei giovani di nessuna delle due nazioni”. Non che gli Stati Uniti non abbiano commesso errori: nell’immediato futuro, dovranno sviluppare “una strategia per l'intera regione che enfatizzi lo sviluppo economico e la diplomazia”.
Battere la Russia ha un costo
Ma quanto ci costerebbe in termini di sicurezza schierarci per Kiev, armandola in modo serio, e ostacolare così i piani di Putin direttamente? “Aiutare gli ucraini non significa automaticamente provocare un’escalation o la terza guerra mondiale. Può comportare solo vantaggi. Dì al Cremlino esattamente cosa faremo e presentagli una forza schiacciante. Non oseranno sfidarla”.
Se perderemo l'opportunità “di garantire la vittoria dell'Ucraina” fornendo loro “ciò di cui hanno bisogno, urgentemente, entro le prossime 2-3 settimane… le forze russe impareranno, si riorganizzeranno e acquisiranno la capacità di macinare l'Ucraina e eventualmente di sconfiggerla entro i prossimi due mesi”. Questo se noi falliamo nel rifornirla di sistemi d’arma: in definitiva, “spetta a noi”.
In concreto, che cosa intende Hodges? “L'Ucraina ha bisogno, nelle prossime tre settimane, di sistemi e munizioni per missili e artiglieria da 122 e 152 mm. E hanno bisogno di sistemi di difesa aerea/missilistica a medio raggio. Tutti questi sono presenti nei paesi dell'ex Patto di Varsavia. Non c'è bisogno di più elenchi... basta ottenerli e inviarli”.
E la soluzione diplomatica?
Eppure, c’è chi pensa che l’Ucraina, un po’ anche per non smuoverci dalla nostra vita comoda, dovrebbe accettare mutilazioni territoriali e cedere alla violenza, così “insinuando che gli Ucraini non possono scegliere il loro futuro e che la cosa è meglio per loro”. Hodges non la manda a dir dietro a intellettuali e politici che ragionano così: “Di recente ho parlato con un giornalista dell'UKR di Kiev. Mi ha detto: Generale, noi Ucraini dobbiamo solo vincere. Possiamo ricostruire tutto". Ecco, dice Hodges, “questo giornalista mi ispira” più dell’altra gente, quelli che invitano gli altri a farsi mutilare per lasciare loro nelle comodità.
Perché tanta durezza? Perché questi possibili crimini di guerra in gran numero rappresentano “una macchia che resterà per sempre sugli ufficiali russi. Questa è la dottrina Gerasimov. Gerasimov è il nuovo Mladic. Dobbiamo parlare di vincerla, questa guerra, non di finirla”.
Ognuno la pensi come vuole. Il generale Hodges, da libero cittadino, la pensa così.
Foto: U.S. Army