Una città, Bruxelles, blindata da giorni, l'ansia di vedere una partita allo stadio, l'angoscia di uno zainetto perso distrattamente da un bambino. Dopo i fatti di Parigi, nessun luogo pare abbastanza sicuro da poterci permettere di vivere la nostra vita con serenità, alla fine puntiamo sempre l'occhio verso il mediorientale di passaggio.
Le sterili discussioni su quanta paura bisogna avere del vicino musulmano, non hanno di certo favorito un dialogo onesto sul terrorismo e sulle sue radici politiche e religiose. Al contempo la caccia al musulmano terrorista non fa che alimentare quello stato di allerta e di ansia.
Gli attentatori ragionano come noi occidentali ci studiano, si immedesimano nella nostra cultura e nei nostri limiti, colpiscono dove siamo più vulnerabili: la quotidianità. Proviamo allora ad invertire le parti e a proporre una piccola analisi, basata su come potrebbe ragionare un terrorista. Il week end sembra un valido inizio per interrompere la nostra routine settimanale. Gli attentati più recenti si sono svolti tutti vicino al fine settimana, tra giovedì e venerdì, casuale forse ma più probabile che sia una situazione studiata con attenzione. Il cittadino medio, lavoratore con famiglia e responsabilità pressoché normali, dal venerdì sera al lunedì mattina si dedica alla sua vita sociale. Si rilassa, pensa alla spesa, si dedica alla famiglia portando i figli al parco o uscendo con la moglie. Le persone il fine settimana si riversano in strada, calano il livello di allerta. Sabato e Domenica, sono giorni che rappresentano un concetto di libertà tipico dell'occidente, lo svago, la spensieratezza. Minare tra giovedì e venerdì la calma del fine settimana, destabilizza fortemente la popolazione di ogni paese, perché si innalzano le misure di sicurezza e la soglia di attenzione è altissima.
Le città agonizzano nel fine settimana, i falsi allarmi, l'odore della morte bendata che aspetta le sue vittime. In strada si riversano militari in assetto da guerra, interi paesi si piegano al volere dei terroristi, dal punto di vista psicologico è una vittoria schiacciante. Gli Jihadisti hanno portato in Europa, culla della democrazia e del pensiero contemporaneo e moderno quello scorcio di medioriente che non vede fine settimana da decenni. Un simbolismo che appare struggente se a viverlo sono le capitali europee, che ci tocca meno se a viverlo sono Beirut o Gaza. Mantenere alta la tensione nelle ore successive agli attentanti è una strategia a costo zero. I falsi allarmi si susseguono, ormai, il cittadino, è entrato in una modalità ipervigilante, quella stessa modalità che i comuni cittadini vivono in medioriente da sempre. Tutto ci sembra sospetto ed è il trionfo della strategia della paura. Il logoramento psicologico è appena all'inizio e quel senso di ansia e di sgomento mescolato all'ipervigilanza sono il sintomo evidente di come il terrorismo voglia le nostre vite sottese al loro volere. Fino ad ora non abbiamo ancora incontrato una cellula capace di potersi permettere una serie di attacchi "post-attentati", come nelle principali città mediorientali i più vulnerabili dopo la prima ondata di attacchi, non sono i cittadini ma i soccorritori.
Le potenzialità di un gruppo terroristico, si muovono sul filo di internet, metodi più disparati che si arginano con sempre meno facilità. Quando la logistica e le capacità saranno personali degli attentatori saranno pronte, il massimo effetto dirompente e lo sgretolamento psicologico si avranno con l'attacco a coloro che dovrebbero proteggerci. Per arginare il fenomeno e celare quelle che sono le mosse e i tempi di reazioni dei soccorritori, l'uso dei droni sarebbe ipotizzabile. I velivoli a pilotaggio remoto per la sorveglianza aerea hanno funzionato in maniera egregia fin da prima dell'11 Settembre all'estero, il loro utilizzo su suolo europeo o americano, dopo un attentato come quello di Parigi avrebbe potuto avere un riscontro positivo.
La strategia del logoramento psicologico è già in atto? Facendo una rapida carrellata degli eventi terroristici degli ultimi 12 mesi, potremmo affermare di sì. Alcuni attentanti non sono rientrati nello schema classico ipotizzato dai media e da alcuni analisti fin'ora, cioè: colpire per fare vittime e portare la jihad in Europa.
Beirut, Mali e Tunisia (solo per citarne alcuni) come si collocano nello scenario della guerra santa dello Stato Islamico? Essendo tutti paesi ampiamente coinvolti nella politica estera europea, attaccarli assume un significato più ampio, coerente con la teoria del logoramento psicologico utile ad intavolare una mediazione politica. Uccidere centinaia di persone ha un impatto enorme dal punto di vista mediatico ma tatticamente implica una ritorsione importante da parte di chi la subisce, la Francia in questo caso. Inoculando la paura vera il terrorismo ha vinto due volte. La vera tattica del Jihad è lo sfinimento psicologico che il terrorismo inocula nelle nostre vite.
Tatticamente un network terroristico non potrà mai vincere una guerra regolare ma potrà sfruttare la psicologia per destabilizzare l'Occidente, spingendolo al tavolo delle trattative. Un gioco sporco e subdolo che ha come contorno un numero spropositato di vittime.