La festa di tutti: è questo il messaggio che viene fuori da questo 2 giugno, 70° anniversario della Repubblica Italiana. Non un’esibizione delle Forze Armate, ma una festa di tutti gli italiani: una rivoluzione emblematica voluta dallo stesso ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
A confermare questo cambio di rotta, la novità della manifestazione: l’apertura della parata da parte di 400 sindaci in rappresentanza degli 8.000 comuni italiani. “Il 2 giugno è la festa della Repubblica, la festa di tutti gli italiani – ha affermato il capitano di vascello Luca Anconelli, capo sezione PI SMD – non è la festa delle Forze Armate. Di conseguenza la partecipazione deve essere aperta a tutti i cittadini e la presenza dei sindaci oggi ne è un chiaro esempio. La loro adesione conferisce all’evento una doppia valenza: da una parte il sindaco come istituzione importante, dall’altra un ringraziamento alle forze militari e di polizia che operano continuamente in supporto ai Comuni, basti pensare all’operazione Strade Sicure”.
Oltre 3.600 le donne e gli uomini, civili e militari, che hanno sfilato per via dei Fori Imperiali, in quella che quest’anno ha preso il solo nome di parata, scissa dal termine militare. Uniformi storiche, rappresentanti di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri, ma anche giovani del Servizio Civile Nazionale, delle scuole e dei corpi ausiliari dello Stato. Diversi i momenti carichi di emozione, come quello dedicato a Silvio Mirarchi, il carabiniere ucciso ieri a Marsala, ai due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, nominati durante il passaggio della Brigata San Marco, e alla sfilata degli atleti del Gruppo Paralimpico della Difesa, reduci con un bottino di 11 medaglie dagli Invictus Games di Orlando.
Ma il 2 giugno non è solo l’anniversario della Repubblica. In quello stesso 1946, 13 milioni di donne, uno in più rispetto agli uomini, furono chiamate per la prima volta alle urne (fatta eccezione per il voto amministrativo del marzo dello stesso anno) e contribuirono a cambiare il volto di un’Italia stremata dalla seconda guerra mondiale e dalla dittatura fascista. 21 donne, su 556 deputati, furono elette come componenti dell’Assemblea Costituente. Poche, ma fondamentali, come lo sono quelle presenti dal 2000 nelle Forze Armate “un 4.5% - afferma il capitano dell’Esercito, Anna Polico – una percentuale ancora bassa, sebbene siano tantissime le occasioni in cui le donne hanno dimostrato di essere un valore aggiunto, come dimostra l’impiego nelle aree di crisi dove, con i progetti di cooperazione civile e militare, forniamo alla popolazione quei servizi essenziali che mancano. Poterlo fare da donne a donne ci consente di raggiungere tutta la popolazione e di far arrivare alle nuove generazioni messaggi importanti come quello della democrazia, della sicurezza, della libertà e del valore civico”.
Benché l’Italia sia arrivata tardi rispetto agli altri Paesi nell’ingresso delle donne nelle Forze Armate, non c’è stata mai nessuna preclusione: ogni donna può entrare in qualsiasi Corpo, Specialità e Arma. L’unica cosa è superare le stesse prove fisiche degli uomini, ragione in più che ha reso le donne ancora più determinate e motivate, come ci dice la stessa Polico “non ritengo che esistano delle peculiarità che rendono gli uomini migliori delle donne, ma naturalmente l’approccio al lavoro dei generi è differente e il punto di partenza non è mai lo stesso. A volte dico che i colleghi uomini partono da zero e vanno avanti, la donna parte da meno qualcosa, deve prima arrivare allo zero, tararsi con gli altri e poi deve dimostrare di essere professionale, tenace e di avere voglia di fare”.
L’impiego nelle Forze Armate non è semplice, comporta molte rinunce, spesso anche quotidiane, ma l’augurio della Polico è quello di vedere nel futuro tante giovani indossare la divisa e fare la differenza domani, come settant’anni fa.
(foto: SMD)