"Double standard" ovvero la guerra dell’informazione

(di Giorgio Bianchi)
26/10/16

Quella che si sta giocando in Siria è una partita a scacchi tra gli Stati Uniti e la Federazione Russia con l’Europa seduta in disparte a far da spettatrice. I russi da abili scacchisti sono intervenuti nel conflitto facendo la mossa del cavallo con un calcolo da fare invidia a Garry Kasparov, prendendo tutti di sorpresa, in primis gli USA che di certo non hanno gradito. Questi ultimi infatti sono venuti a trovarsi sotto scacco e sono stati costretti ad uscire allo scoperto palesando quello che per i bene informati era noto già da tempo, ovvero che dietro i gruppi jihadisti (definiti con un certo senso dell’humour “ribelli moderati”) c’erano loro.

Varie fazioni occupano la parte est di Aleppo tenendone - di fatto - in ostaggio la popolazione, mentre i restanti due terzi della città sono sotto il controllo governativo. È proprio nel tentavo di bonificare questa porzione dalla presenza dei ribelli che la coalizione, che annovera tra le sue fila l’esercito arabo siriano e l’aviazione russa, sta concentrando le sue forze con inevitabili ricadute sulla popolazione civile. Ed è proprio facendo leva su quest’ultime che la propaganda a stelle e strisce sta tentando di influenzare l’opinione pubblica mondiale, nel tentativo di arrestare l’avanzata dei governativi e dare fiato ai suoi alleati.

Parallelamente una coalizione a guida americana, comprendente reparti curdi ed iracheni, sta avanzando verso Mosul per liberare la città dalle truppe del Califfato.

In questo caso la questione dei cosiddetti “danni collaterali”, argomento sensibile per l’opinione pubblica, è stata liquidata etichettando le vittime con il termine di “scudi umani”, facendo ricadere implicitamente la causa della loro eventuale morte sulle spalle dei jihadisti.
Quindi, da un lato abbiamo dei ribelli asserragliati in una porzione di Aleppo che impediscono alla popolazione di mettersi in salvo (utilizzando i corridoi umanitari spesso lasciati aperti dalle truppe governative), dall’altro abbiamo l’ISIS che occupa militarmente Mosul, tenendo in ostaggio la popolazione.
È qui che la questione si fa interessante ovvero nel modo in cui i grandi media internazionali trattano queste due vicende in tutto e per tutto analoghe.
Questa, tanto per usare un termine molto caro a Marcello Foa, grande esperto di comunicazione, è la tipica situazione nella quale si è costruito un “frame” (in questo caso addirittura due) al quale tutti gli organi di informazione si attengono accettandolo in maniera preconcetta.
Per frame si intende un ambito che circoscrive la notizia e viene rimbalzato intatto attraverso tutti i mass media.
Frame in questo caso è il fatto che i bombardieri russi, incuranti delle vittime civili, continuino a bombardare Aleppo Est pur di liberare la città; nello stesso tempo frame è il fatto che le truppe del califfato utilizzino civili inermi come scudo umano per far cessare i bombardamenti, che tuttavia continuano.

Da un lato la causa della morte dei civili sono le bombe russe mentre dall’altro sono i jihadisti. Ecco appunto, doppio standard ed i mezzi di informazione che si adeguano senza porsi troppe domande.

Tutto questo impiego massiccio di tecniche di comunicazione, volto a confondere l’opinione pubblica, non ha lo scopo di influenzare il pubblico americano, al quale poco o nulla interessa oramai dello scenario mediorientale non avendo più truppe che combattono sul campo, né tanto meno è rivolto alla platea russa che, in maniera aprioristica, sostiene le scelte del proprio governo. Il vero bersaglio di tutto ciò è il pubblico europeo, costretto dai propri rappresentanti sia nazionali che sovranazionali, ad assistere impotente alla partita come un bambino troppo piccolo per poter mettere bocca nelle faccende dei grandi.

E pensare che è proprio quello spettatore imbelle, seduto sulla seggiolina in silenzio ad osservare le mosse dell’uno e dell’altro giocatore, che assieme al popolo siriano sta pagando il prezzo più alto dovendo assistere quotidianamente allo straziante esodo entro i propri confini dei profughi, ma soprattutto è colui che potrebbe fungere da ago della bilancia facendo valere il suo peso.

Purtroppo pensare di poter intraprendere operazioni di terra ad Aleppo est per liberarla dalle truppe ribelli è impensabile perché oltre alle ovvie ricadute sui civili, comporterebbe un bagno di sangue tra i soldati.

I bombardamenti, purtroppo, restano l’unica opzione per risolvere in tempi brevi lo stallo che si è venuto a creare.

Se il governo statunitense e quelli europei avessero veramente a cuore la sorte dei civili intrappolati ad Aleppo est forzerebbero i loro alleati, asserragliati nella parte est della città, a consentire ai civili di fuggire attraverso i corridoi umanitari.
Questi corridoi al momento sono aperti e la popolazione civile - adeguatamente informata circa la loro posizione attraverso i media governativi, i social media, i megafoni posizionati nelle vicinanze, il passaparola o addirittura tramite volantini lasciati cadere dal cielo - potrebbe utilizzarli per fuggire dai bombardamenti aerei.

Tuttavia la maggioranza di loro rifiuta di mettersi in salvo; infatti, nonostante sia sunnita come gli occupanti, viene uccisa puntualmente dai cecchini o dai colpi di mortaio sparati dai ribelli, in caso di fuga.

Gli Stati Uniti fanno il loro gioco e la Russia il suo. Per quanto tempo l’Europa intenderà rimanere seduta in silenzio come un bambino al tavolo dei grandi?