Federpesca: "Nel Mediterraneo, nonostante le nostre proteste, la situazione si è fatta pesante"

(di Tiziano Ciocchetti)
02/10/20

Il caso dei 18 marittimi di Mazara del Vallo, sequestrati con i loro pescherecci a 35 miglia da Bengasi dalla marina del generale Haftar lo scorso 1° settembre, riaccende la luce sulla situazione del settore ittico italiano nel Mediterraneo.

Abbiamo intervistato il presidente della Federpesca, dott. Luigi Giannini, in merito alla vicenda e all’attuale situazione della nostra pesca.

Qual è il suo punto di vista sul sequestro dei 18 marittimi?

Pescavano all’interno della fascia delle 74 miglia (limite delle acque territoriali libiche già dichiarate dal regime del colonnello Gheddafi). La ZEE (Zona Esclusiva Economica) proclamata nel 2009 esiste fino a che non sarà modificata. Alcune testate giornalistiche non hanno riportato la notizia con il dovuto livello di approfondimento, infatti ho letto di molte note critiche sulla ZEE che sarebbe stata autoproclamata dalla Libia. La Convenzione di Montego Bay, sul Diritto del mare, prevede che la ZEE venga dichiarata dallo stato costiero che ne ha interesse. A volte il lettore viene portato a credere che questa autoproclamazione sia stata fatta in modo violento o comunque al di fuori delle regole internazionali: non è così.

Che poi la Libia lo faccia a valle di un confronto con il paese confinante o prospicente dipende anche dal fatto che la distanza sia tale da considerare, in questo caso l’Italia, come paese interessato. Su questo si potrebbero scrivere interi volumi di trattati sul diritto marittimo. Questo non inficia la dichiarazione di ZEE e di fatto non mi risulta che alcuna protesta sia stata sollevata formalmente, né presso lo stato libico né presso le Nazioni Unite che presiedono l’applicazione della Convenzione. Quella ZEE esiste, qualcuno potrà avere una opinione differente ma la verità è questa: andare a pescare nelle acque di un altro paese dovrebbe essere considerato un atto illegale, salvo autorizzazione concessa preventivamente da quel paese.

Riguardo al sequestro mi risulta che siano in atto trattative, frutto di contatti continui tra il nostro governo e quello della Cirenaica per trovare una soluzione. Noi comunque auspichiamo che si debba passare alla fase di confronto a una fase di collaborazione con la Libia, per molteplici ragioni. La Libia è un paese amico e credo si debba ripartire in modo tale da trovare intese che diano il via a una collaborazione tecnico/economica tra i due paesi.

Quali sono le difficoltà che i nostri pescherecci incontrano nel Mediterraneo?

Apriamo con una panoramica della pesca italiana nel Mediterraneo. Nel 1996 l’Unione Europea parte con una propria iniziativa al fine di regolamentare le attività di pesca da parte degli stati membri nel Mediterraneo, ovviamente quando parliamo di pesca nel Mediterraneo si parla di Italia, in quanto ancora oggi sia la Spagna che la Francia svolgono principalmente le loro attività ittiche nel Mare del Nord e nelle acque di paesi terzi extra mediterranei, in base ad accordi commerciali negoziati dall’Unione.

Tuttavia, nonostante le nostre proteste, a partire dal 2008/2010 la situazione si è fatta pesante: sono cresciute in modo esponenziale le flotte di pescherecci dei paesi rivieraschi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Quindi nel corso di questi anni, Federpesca, ha continuato ad evidenziare il fatto che al di fuori delle acque territoriali siamo in mare libero quindi l’attività di pesca è libera.

Sottoporre, quindi, a regolamentazione estremamente restrittiva, al fine di preservare la fauna marina, i pescherecci italiani, quando a mezzo miglio di distanza un peschereccio nord africano piuttosto che turco opera in modo indiscriminato, utilizzando sistemi di pesca assai invasivi, operando 365 giorni l’anno, causa enormi danni a tutto il settore ittico italiano.

Inoltre, anche se le stesse restrizioni vengono applicate alle altre flotte che pescano nel Mare del Nord – come per esempio lo stop imposto dalla UE per permettere ai merluzzi di ripopolarsi – si tratta sempre di un mare che bagna il 90% degli stati membri dell’Unione, quindi sottoposti alle medesime regole.

Inoltre il pescato delle imbarcazioni nord-africane viene venduto anche nei nostri mercati ittici a prezzi concorrenziali, visto il basso costo della manodopera.

Cosa potrebbe fare il governo?

Questa situazione va avanti da molto tempo. Per una ventina d’anni era abbastanza normale che potesse regolata l’attività di pesca nel Mediterraneo, visto anche che gli altri paesi non esprimevano una grande capacità di pesca. Negli ultimi 10 anni la situazione è mutata.

Per regolamentare la pesca nel Mediterraneo, contempo, era stata avviata una politica di aggregazione da parte di tutti i paesi terzi del Mediterraneo, attraverso il Concilio Generale della Pesca del Mediterraneo che è un organismo della FAO. Ha un solo limite: quello che emana tale Concilio non sono regolamenti ma raccomandazioni, quindi non vincolanti.

Quindi, mentre i nostri pescherecci sono sottoposti a sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino fino al ritiro della patente nautica, qualora violassero i regolamenti dell’Unione, i pescherecci degli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo possono operare senza alcun rischio di sanzioni.

Da quanto si evince dalle parole del presidente Giannini, una possibile soluzione al problema sarebbe quella di creare una partnership dei paesi mediterranei con un regolamento condiviso e vincolante ma, allo stato attuale, una tale aggregazione converrebbe solo all’Italia.

Foto: Federpesca