“L’umanesimo è l’unica – vorrei arrivare a dire l’ultima – resistenza contro le pratiche inumane e le ingiustizie che sfigurano la storia umana” - Edward Said (1935-2003), finisce così il mio incontro con il dottor Bassem Jarban, citando lo scrittore della Resistenza Umana.
Mi sono posta molte volte la domanda di comprendere e conoscere in questo momento lo stato d'animo di chi la guerra la ha in casa.
Originario di Haifa in Palestina, risiede in Italia dal lontano 1982, estremamente attento alla problematica dell’integrazione, rimasto molto legato alle sue radici, il dott. Jarban ha ottenuto per diversi anni il ruolo di presidente della Comunità palestinese di Puglia e Basilicata ed è proprio con lui che ho potuto condividere opinioni e sentimenti, per ciò che sta accadendo in un luogo che entrambi amiamo.
Il consigliere alla sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan qualche settimana fa commentava alla stampa: "Scandaloso ci siano israeliani che bloccano gli aiuti". Le risulta questo? Che opinione si è fatto?
Certo che mi risulta. L’odio dei sionisti ha raggiunto un così alto livello di crudeltà nei confronti del popolo palestinese, che ormai nulla più mi sconcerta. L’attuale governo, dopo il 7 Ottobre, considera lecito ormai ogni tipo di azione diretta a permettergli di raggiungere lo scopo che da tempo si era prefissato.
Cancellare il popolo palestinese dalla Striscia di Gaza. È una frase che abbiamo sentito tutti. Il disprezzo del governo sionista nei confronti del popolo palestinese è così radicato, che probabilmente, il 7 Ottobre è stato soltanto un pretesto per poter portare avanti, e speriamo non a termine, con qualsiasi mezzo e barbara azione, l’intento e la volontà di sradicare i palestinesi dalla loro Terra.
Lo scorso mese, il governo degli Stati Uniti ha respinto l'ipotesi di un "genocidio" nella Striscia di Gaza, ma ha invitato Israele a "fare di più" per garantire la protezione dei civili nell'enclave palestinese. "Crediamo che Israele possa e debba fare di più per garantire la protezione e il benessere dei civili innocenti. Non crediamo che quello che sta accadendo a Gaza sia un genocidio", ha dichiarato sempre Sullivan (nella foto, a dx). È d’accordo?
Siamo quasi a 38.000 morti, di cui l’80% sono bambini, donne ed anziani innocenti. Qualcuno potrebbe non considerarlo un genocidio ma in ogni caso siamo di fronte ad una azione efferata e disumana di una ferocia che non ha precedenti nella storia, dato il lasso ridottissimo di tempo con il quale è stato compiuto.
Ma, oltre i morti, immagini a cosa la mancanza di aiuti umanitari ha ridotto il popolo palestinese. Io sono un medico... Sa cosa significa amputare un arto ad un essere umano senza anestesia? Provi ad immaginare che questo venga fatto ad un bambino, ad un nostro figlio! È una cosa che non vorrei venisse fatta a nessun essere umano, sia esso palestinese, israeliano o russo.
Tante di queste nefandezze si sarebbero potute evitare se il signor primo ministro Netanyahu avesse intrapreso la strada degli accordi e della tregua. Da ambo le parti avrebbe salvato tante vite innocenti.
Perché Netanyahu non ha voluto intraprendere questa strada? A mio modesto parere non lo ha fatto e non vuole farlo perché la pace porterebbe alla sua condanna in quanto ha cause penali che gravano sulla sua testa.
In merito al fare di più per garantire la protezione ed il benessere dei civili. Non le sembra che, data la situazione e lo scenario che abbiamo - anche grazie ai social - dinanzi ai nostri occhi, stiamo entrando in un controsenso. Netanyahu ha distrutto ospedali, ambulanze, sono stati uccisi circa 100 giornalisti e cameramen; sono stati chiusi tutti i varchi, segregate circa 2 milioni di persone in un carcere a cielo aperto, senza acqua cibo e farmaci, e mi chiede di parlare di quello che Netanyahu può fare per il benessere dei palestinesi?
A noi basterebbe che smettesse di fare la guerra. PACE subito ed equi accordi.
Il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica italiano, il mese scorso, ha sensibilizzato per "cercare di impedire che soggetti estranei al mondo universitario possano infiltrarsi nelle manifestazioni al solo scopo di strumentalizzare il dissenso". Secondo lei questo potrebbe avvenire? In quali modalità?
È finita l’epoca della stampa con le mani legate. Adesso ci sono i social. È grazie a loro che adesso la verità viene a galla.
Docenti e studenti di tutto il mondo, grandi cervelli, uomini di cultura, nel 21° secolo mai potranno accettare un genocidio. Nessuno di questi vuole stare dalla parte di questa brutta storia.
Le manifestazioni nelle piazze di tutto il mondo, l’occupazione delle scuole e degli atenei e dei luoghi della cultura, sono una conseguenza di ciò che si sta compiendo davanti ai nostri occhi, nei confronti dei palestinesi e per le guerre in generale.
Non credo che siano le infiltrazioni a creare tali situazioni ma la rabbia contro atti cosi atroci e disumani che i social hanno evidenziato.
Il 13 maggio scorso, circa 100.000 persone si sono radunate in serata nella Piazza degli Ostaggi di Tel Aviv per celebrare il 76° Giorno dell'Indipendenza di Israele insieme ai familiari degli ostaggi di Hamas a Gaza. La manifestazione si è aperta con un discorso dell'ex politico Haim Jelin, che guida la folla in una preghiera commemorativa adattata per il massacro di Hamas del 7 Ottobre.
Lei in cuor suo cosa si sente di dire a queste famiglie?
Il dolore e la sofferenza sono uguali per tutti; così come non li desideriamo per noi non li vogliamo nemmeno loro. Il nostro è desiderio di pace.
E ricordo che il loro 76° anno di indipendenza equivale al 76° anno di Nakba*!
Il futuro: "Due Stati, due Popoli" e "Ripresa degli Accordi di Abramo". Chimere o fattibili conseguenze?
Due Stati e due Popoli allo stato attuale sono chimere e lo saranno fino a quando non verranno rimosse tutte le colonie ed i coloni dagli insediamenti.
Io sono per uno Stato laico confederale e democratico come voleva il grande intellettuale Edward Said. Questa è la mia opinione.
Maria Grazia Labellarte
* Nakba, che in arabo significa "catastrofe" o "disastro", è un termine utilizzato dai palestinesi per descrivere gli eventi che si verificarono durante la guerra arabo-israeliana del 1948 e le conseguenze che seguirono. Più specificamente, la Nakba si riferisce alla distruzione della società palestinese e all'espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi dalle loro case e terre, che accompagnò la creazione dello Stato di Israele.
L'autrice ringrazia il dott. Vito Massimo Civitano per il contatto.
Foto: autore / The White House / ministero dell'Interno