Il Terzo Reich nel mondo arabo dopo il 1945

(di Lorenzo Lena)
22/10/24

Alla fine del 1944, con l’esercito tedesco in ritirata e nessuna prospettiva di una svolta, il Medio Oriente non era direttamente minacciato dai giorni delle battaglie di El-Alamein e Stalingrado. Il Mandato Britannico di Palestina, tuttavia, continuava a dare problemi a Londra, dei quali la Rivolta Ebraica, serie di azioni sempre più sanguinose che nel giro di tre anni avrebbero convinto il governo a rinunciare al controllo del territorio, era solo l’ultima in ordine di tempo.

Fu in questo contesto che venne realizzata l’Operazione Atlas, al cui interno si ritrovano personaggi che avrebbero segnato gli anni a venire. La notte del 6 ottobre un Boeing B-17 Flying Fortress sorvolò Jericho, in Cisgiordania, bombardiere standard della United States Army Air Force costruito in svariate migliaia di esemplari. L’equipaggio apparteneva al Kampfgeschwader 200, unità speciale dell’aeronautica nazista specializzata nell’impiego di aerei catturati. All’interno, tre tedeschi e due arabi. Kurt Wieland, Werner Frank e Friedrich Deininger, del Brandenburger Regiment, reparto incursori, e esponenti della Società dei Templari, comunità religiosa tedesca nata in Medio Oriente e coinvolta nei conflitti tra Germania e Regno Unito. Frank e Deininger erano nati a Jaffa, Wieland si era trasferito all’età di sette anni. I due arabi erano Thulkifl Abdul Latif e Hassan Salamah, fedelissimi del Gran Muftì Amin al-Husayni, in esilio a Berlino da quando il colpo di Stato filonazista sponsorizzato in Iraq nel 1941 era fallito. Salamah era padre di un bambino di tre anni, Ali Hassan Salamah, futuro leader del gruppo terroristico Settembre Nero.

Gli obiettivi della missione sono controversi. L’intenzione era di reclutare informatori che potessero compiere azioni di sabotaggio. Grande interesse di al-Husayni era fomentare disordini tra la popolazione musulmana e la comunità ebraica. Alcuni storici israeliani hanno sostenuto che si volesse avvelenare il sistema idrico di Tel Aviv, ma non sono state trovate prove in tal senso, né indicazioni negli archivi britannici o tedeschi.

Atlas fallì fin dall’inizio. Il lancio venne fatto su coordinate sbagliate, mettendo in allarme le forze di sicurezza. Gli abitanti del posto, che secondo al-Husayni avrebbero dato il loro appoggio, si rifiutarono di collaborare. Wiedland, Frank e Latif furono arrestati dopo una caccia all’uomo durata alcuni giorni. Deininger rimase latitante fino al 1946 e Salamah, che atterrando si era rotto una caviglia, fu il solo a non essere rintracciato. Gli interrogatori ricostruirono le fasi dell’operazione e quali organizzazioni fossero coinvolte (il Sicherheitsdienst, servizio segreto delle SS agli ordini del generale Walter Schellenberg, che a una cena organizzata dal Muftì aveva affermato: “Sono entusiasta di incontrare personalmente il Muftì e mi auguro che questa missione si concluda con successo e con essa gli Arabi possano realizzare il loro desiderio di liberarsi per sempre del pericolo ebraico”).

Atlas racchiude elementi caratteristici dei legami tra il nazifascismo e il nazionalismo arabo a cavallo della Seconda guerra mondiale. Sarebbe storicamente sbagliato sostenere un automatismo tra religione islamica e nazifascismo. Durante gli anni della guerra centinaia di migliaia di musulmani combatterono negli eserciti britannico/indiano, francese e sovietico, a dispetto della propaganda nazista veicolata da estremisti come al-Husayni. È vero però che la classe dirigente formatasi dopo la Grande Guerra era impregnata di ideologie prossime al nazismo, quando non compromessa da dirette e profonde connessioni con il Terzo Reich.

Al-Husayni fallì in ogni sua iniziativa, dalla Rivolta Araba del 1936-1939 al colpo di Stato iracheno del 1941, fino alla disastrosa guerra arabo-israeliana del 1948, quando il suo Esercito del Sacro Jihad (volontari locali o provenienti dall’Europa, veterani delle formazioni musulmane nell’esercito tedesco) venne internato per ordine del re di Giordania Abdallah I. Uno dei motivi di scontro tra palestinesi e giordani che portarono, nel 1951, all’omicidio dello stesso Abdallah per mano di un seguace di al-Husayni davanti alla Moschea di Omar a Gerusalemme.

Eppure, Amin al-Husayni è ricordato come un paladino di quella causa che ha contribuito a condurre su una strada senza esito, al pari del leader egiziano Jamal Abdel Nasser, i cui fallimenti vanno dalla Repubblica Araba Unita, una federazione Egitto-Siria avviata nel 1958 e naufragata nel 1961, all’intervento in Yemen, guerra interaraba costata circa duecentomila morti. Fino alla disfatta del 1967, in una guerra cercata da Nasser contro Israele che diede il colpo di grazia al suo regime. Nel frattempo, aveva occupato l’area di Gaza e soppresso ogni forma di autonomia politica palestinese. Per tutti gli anni Cinquanta, Nasser accolse esuli nazisti come Johannes von Leers (Omar Amin, dopo la conversione all’Islam) Sturmbannfhurer delle Waffen SS e funzionario del Ministero della Propaganda di Goebbels, che contribuì a diffondere nel mondo islamico I protocolli dei Savi di Sion, ma anche scienziati come Heinz Krug o Wolfgang Pilz, che contribuirono al programma missilistico egiziano.

Con l’eccezione della Giordania, non a caso l’unico Paese della regione ad avere mantenuto una discreta stabilità fino a oggi, le leadership post-1945 si sono lacerate in un caos al cui interno ha avuto un ruolo di rilievo l’impronta ideologica e pratica del nazifascismo. La Siria, che dal 1949 al 1963 ha visto quattro colpi di Stato riusciti, fondò nel 1947 l’Esercito Arabo di Liberazione sotto l’egida della Lega Araba, in opposizione al rivale Esercito del Sacro Jihad che faceva capo all’Alto Comitato Arabo, insediato a Gaza. In entrambe le formazioni erano presenti ex militari nazisti, soprattutto membri della 13. SS Waffen Division Handschar che aveva combattuto in Bosnia. L’Esercito di Liberazione era al comando di Fawzi al-Qawuqji, ospite a Berlino durante la guerra e tra gli organizzatori del colpo di Stato iracheno del 1941, e operò soprattutto nell’alta Galilea contro gli israeliani e per impedire che fossero i giordani a impadronirsi di quel territorio. L’Esercito del Jihad era al comando di Abd al-Qadir al-Husayni, nipote di Amin, e tra i comandanti spiccava quell’Hassan Salamah era stato paracadutato dalle SS a Jericho. Abd al-Qadir al-Husayni e Hassan Salamah caddero entrambi in combattimento contro gli israeliani nel 1948, e i due Eserciti furono disciolti senza che avessero dato il minimo aiuto alla causa palestinese e contribuendo anzi alla frammentazione politica del mondo arabo. Dagli anni Cinquanta trovò rifugio in Siria Alois Brunner, stretto collaboratore di Adolf Eichmann che divenne consulente dei servizi segreti del regime di Hafez al-Assad.

Si può affermare che i primissimi anni dei nuovi governi arabi indipendenti sono stati caratterizzati da due grandi dinamiche: la lotta contro Israele e quella, interna, tra governi monarchico-conservatori e progressisti-rivoluzionari. Questi ultimi, in particolare Egitto e Siria, allineati all’Unione Sovietica nel contesto internazionale, sono stati forse non paradossalmente i più ricettivi verso esuli nazisti adatti a contesti autoritari con una centralizzazione gerarchica della vita pubblica, la figura del Ra’īs sostituita a quella del Führer, come leader distintosi per il proprio attivismo e non per fortuita successione dinastica. Ancora oggi, quei Paesi che hanno a lungo e apertamente incoraggiato l’estremismo politico – contando sull’apporto tecnico e ideologico dei sopravvissuti del Terzo Reich – mancano di quella embrionale società civile moderna che invece, con grandi difficoltà, sta emergendo altrove nella regione.