Con il discorso di qualche giorno fa, il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale Carmine Masiello, ha tracciato un quadro fondamentale sulle prospettive della componente terrestre delle Forze Armate italiane. Il generale ha detto che nelle guerre di oggi “vi è un mix di guerra antica - le trincee che avevamo completamente dimenticato, i campi minati, i rotoli di filo spinato, il fango - e poi c'è il futuro, la guerra cibernetica, la guerra spaziale: ci sono i droni e tutte le loro varianti, c'è la disinformazione, la guerra delle menti”.
Per rispondere alle sfide di oggi e alla rapida evoluzione di tattiche e strategie di guerra, l’Esercito Italiano deve essere posto allo stesso livello tecnologico di Marina ed Aeronautica; un aspetto sintetizzato dal generale Masiello, che ha spiegato che “l'output operativo della Difesa è il prodotto dei fattori delle diverse Forze Armate. E se uno dei fattori tende a 0, il prodotto tende a 0, quindi tutti devono essere tecnologici” ma, soprattutto, accettare di avviare un processo di rapida e non più rimandabile “revolution in military affairs” che ne influenzi la postura esterna e interna.
Qualora avessero bisogno di una interpretazione più ampia, le chiare parole del generale Masiello servono a spiegare che per l’Esercito Italiano e, più in generale, per la Difesa, il tempo della “sosta” post-storica e dell’orientamento al peacekeeping, frutti del “riflusso” geostrategico dell’Italia di inizio anni ’90, è terminato.
Per fare un paragone storico, Masiello sembra inserirsi nel filone del pensiero militare italiano che a fine '800 espresse i più convinti assertori delle teorie "offensiviste" (tra i nomi di punta si annoverano Luigi Mezzacapo, Emilio Ferrero, Luigi Pelloux e Coriolano Ponza di San Martino), sostenitori della funzione dell'Esercito quale "strumento della politica estera", del potenziamento tecnologico dello strumento militare, di una più stretta collaborazione con la Marina e con l’industria nazionale, della "potenza strategica" e dell’aumento delle spese per la Difesa.
In particolare, se alla fine del secolo XIX era il potenziamento delle "armi speciali" (artiglieria e cavalleria) a costituire il naturale contrappeso alle tendenze "numeriste" di quanti individuavano nell'aumento organico della sola fanteria la soluzione al problema operativo dell'Esercito; oggi è nella corsa alla tecnologizzazione dell'Esercito Italiano (che deriva dall'analisi che il generale Masiello ha fatto dell'evoluzione dei conflitti) che si possono identificare le teorie affini alla vecchia scuola offensivista.
Il generale Masiello ha spiegato che l'Esercito "o è tecnologico o non è", il che equivale anche ad evidenziare la necessità di assumere una impostazione, insieme dottrinaria ed operativa, aperta alle tendenze più innovative. Un aspetto che emerge anche dagli ultimi impegni addestrativi, come l'esercitazione "Stella Alpina", che ha avuto la funzione di “fare sintesi” tra le varie aree capacitive dell’Esercito e che ha messo in evidenza gli enormi progressi fatti dalla componente terrestre nelle capacità di difesa dello spettro elettromagnetico e nell’utilizzo di tecnologie sempre più integrate e multidominio.
Foto: Leonardo