Il NATO Defense College (NDC) celebra il proprio 70° anniversario. Il 19 novembre 1951 venne istituito ufficialmente a Parigi. Con l'uscita francese dal comando militare dell'Alleanza (rientrerà nel 2009), nel 1966 il NDC verrà trasferito a Roma.
Per comprendere il valore del massimo Istituto di formazione della NATO abbiamo avuto la disponibilità ad un'intervista del suo decano, il dr. Stephen J. Mariano: un professore statunitense con un curriculum davvero impressionante ed una preparazione accademica (e pratica...) notevole.
Dr. "Mariano", lei ha origini italiane?
È vero, da entrambi i rami familiari. Da parte materna la bisnonna era di Asiago e mio nonno era delle parti di Torino. Le origini paterne sono invece abruzzesi, di Pacentro, un paesino vicino a Sulmona.
L’Italia l’ha conosciuta da bambino o più tardi?
Sono nato a Los Angeles, in California. La prima volta che ho visitato l’Italia avevo quasi 30 anni.
Nonostante questo sono cresciuto all’interno di tradizioni e valori italiani come la famiglia e la religione.
Avere origini italiane può aiutare a comprendere i limiti nazionali sul mondo militare derivanti, probabilmente, dall’esito della seconda Guerra Mondiale?
Mio nonno ha combattuto in Nord Africa ed in Sicilia prima di lasciare il fronte italiano alla volta dell’Inghilterra per prendere parte al D-Day (Sbarco in Normandia, 6 giugno 1944, ndr). Quel conflitto è stato sicuramente compreso dalla mia famiglia. Tuttavia, essendo cresciuto e formato in un contesto culturale diverso, da americano, ho ancora molte difficoltà nel comprendere l’Italia. Questo, nonostante qui mi senta “a casa”.
Il NATO Defense College sta celebrando il 70º anniversario di fondazione. Non credo che in Italia politici e talvolta persino i militari ne comprendano appieno il valore. Può spiegarne l’importanza all’interno dell’Alleanza?
Il generale Eisenhower, esattamente 70 anni ha creato l’Istituto da cui ha preso l’avvio il primo Senior Course. La sua idea postbellica era quella di impegnarsi a realizzare un sistema di sicurezza e difesa collettiva al fine di evitare che la tragedia - allora appena superata - potesse ripetersi.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la formazione e l’addestramento degli ufficiali dell’Alleanza si sono quindi rivelati presto necessari. C’era l’esigenza di una propria scuola, un College, che formasse leaders capaci di affrontare le complesse questioni della sicurezza transatlantica.
Questo è il compito che svolgiamo ancor oggi e l’importanza dell’Istituto è, a distanza di 70 anni, immutata.
Siamo anche un luogo che contribuisce grandemente a realizzare una cultura del consenso nei confronti dell’Alleanza: civili e militari che ricopriranno posti di responsabilità nella struttura dell’Organizzazione apprendono questioni e problemi a livello strategico.
Tra i 30 Paesi dell’Alleanza sono talvolta presenti frizioni o forti rivalità. Qual è il segreto per superarle?
Sono diversi. Ci aiuta la conoscenza delle motivazioni che fanno aderire un Paese all’Alleanza: possono essere economiche, di sicurezza o perfino il semplice modello di vita rappresentato dai membri della NATO, magari messo a confronto con quello di Russia, Cina o alcuni paesi mediorientali.
Se poi l’adesione ai valori dell’Alleanza non è gradita - o impossibile - ci sono comunque altre forme di collaborazione.
Un assoluto punto di forza è la capacità di accogliere la libera espressione, formale ed informale, dei partecipanti: nella NATO si discute!
Come disse Winston Churchill: “To jaw-jaw is always better than to war-war” (trad. “Una buona discussione è meglio della distruzione delle relazioni”, ndr).
La NATO è un luogo di dialogo, anche quando sembra non esistere una soluzione, con il confronto aperto e sincero si può trovare.
A volte l’approccio dialettico della NATO è criticato da alcuni che sostengono che si discuta troppo; personalmente credo invece sia uno dei migliori pregi dell’Alleanza: essere un luogo aperto di confronto.
Siamo cresciuti durante la guerra fredda con l’Unione Sovietica e fino a poco tempo addietro la NATO sembrava rimasta a quel periodo e a quella mentalità. Gli Stati Uniti si stanno da tempo preparando ad un confronto diretto (bellico) con la Cina. La NATO, come organizzazione intelligente, capace di adattarsi, si sta preparando alla nuova sfida?
Pochi anni addietro si è cominciato a parlare di diverse “versioni” dell’Alleanza. Mutuando una definizione tipica del mondo informatico si è parlato di NATO 1.0, 2.0, 3.0... e così via.
La 1.0 è stata quella che ha tradizionalmente affrontato il Patto di Varsavia e l’Unione Sovietica.
La 2.0 ha preso il via dopo il 1990 e si è dedicata al peacekeeping o alle operazioni aeree di stabilizzazione, come quelle avvenute nei Balcani (Bosnia, Kosovo). Erano aree limitrofe alla NATO e ci si è adattati a quei conflitti.
La 3.0 arriva con l’11 settembre. Non è più peacekeeping… è antiterrorismo!
Una variante 3.5 si definisce in seguito con la controinsurrezione, ovvero attività di addestramento locale ed operazioni di stabilizzazione in Afghanistan ed Iraq.
La 4.0 prende vita nel 2014 quando la Russia ha illegalmente invaso la Crimea ed ispirato la guerra nell’Ucraina orientale. Il confronto diventa “ibrido”, anche se come tale stava già maturando da molto tempo. Lo scontro con la Russia si sposta quindi sul piano politico, economico e dell’informazione.
All’orizzonte, con uno sfidante come la Cina, appare ora una versione 5.0. Siamo però agli esordi, l’Alleanza si sta chiedendo come rispondere alla crescente influenza cinese.
In termini militari, molti non vedono la Cina come una minaccia capace di proiettare forze lontano dalla Madrepatria. Tutti però concordano sulla sfida economica rappresentata dal Paese con il rafforzamento delle sue infrastrutture e la Belt and Road Initiative (Nuova via della seta, ndr).
La crescita di un Paese con obiettivi di business precisi ed un’enorme popolazione sembra ragionevole, come lo è l’aspirazione di proteggere le proprie vie di approvvigionamento. Ma non va sottovalutata...
Tornando alla domanda iniziale: esiste dunque un’attenzione della NATO nei confronti della Cina? Certamente! Ma non è una deviazione bensì al massimo una “correzione” di rotta. Come avvenuto degli ultimi decenni, la NATO è sempre stata capace di adattarsi ai nuovi scenari.
Per quanto riguarda la Cina il rischio è che un nuovo Paese, con standard di vita e cultura lontani, guidi il pianeta. Quando si arriverà (opinione personale) all’inevitabile conflitto armato, non crede che la “neutralità” della Russia sarà fondamentale per la vittoria?
Non credo assolutamente che la guerra con la Cina sia “inevitabile”, al contrario la ritengo ampiamente “evitabile”.
Per quanto riguarda la neutralità russa, sarebbe grandioso se avvenisse! Se rimanesse neutrale sarebbe un bene per il mondo intero. Ma la Russia assai di rado resta indifferente agli eventi…
La Russia non potrà mai rimanere equanime su questioni in cui ha un proprio interesse.
Dalle mie osservazioni risulta che per la Russia è un momento difficile come attore globale, non certo in termini di ambizione ma di capacità.
Il comandante del NATO Defense College è un generale francese. La recente tensione per i sottomarini australiani si è riflessa tra di voi o ci avete scherzato su?
Per niente. Nel College seguiamo e dibattiamo regolarmente molte notizie. Tuttavia, proprio riguardo a questo caso, credo non ci sia mai stata l’occasione diretta nemmeno per una battuta…
L’amicizia con la Francia è forte sin dalla nascita degli Stati Uniti. Le rispettive Rivoluzioni si sono influenzate vicendevolmente e la stessa indipendenza americana è stata militarmente aiutata dai francesi. Quando scherziamo lo facciamo su altri argomenti.
La NATO è la più straordinaria Alleanza della Storia? Per quanto criticata nei decenni, ha continuato a crescere. Avrà un limite, una scadenza o potrà solo essere sostituita da una nuova Alleanza in futuro?
Nessuna alleanza tanto ampia, con così tante nazioni coinvolte, è mai durata così a lungo nella Storia. Anche andando indietro di millenni.
Negli ultimi 30 anni si è scritto molto riguardo al suo presunto declino. Ricordo un articolo del 1993 in cui sostanzialmente si diceva che la NATO aveva fatto il suo tempo e non aveva più ragione di esistere. Ci fu però anche chi disse: “Non così in fretta! La Russia può sembrare in ginocchio ma non è finita e potrebbe tornare a minacciare l’Europa”.
Molta gente vorrebbe anche oggi la sua fine. Certo, non ha sempre raggiunto gli obiettivi con le modalità che avrebbe desiderato… ma i valori dell’Alleanza sono sempre stati chiari, soprattutto in tempi difficili: dialogo, confronto aperto e interessi comuni, fino a quelli ambientali oggi in auge.
Foto: Difesa Online / NATO