Dagli al lobbista!

(di Andrea Cucco)
27/04/16

Nelle ultime settimane il termine "lobbista" è stato utilizzato ed abusato sulle prime pagine - come sempre d'altronde - per descrivere sospetti "faccendieri", gentaglia invischiata negli "strani traffici" a cui siamo abituati a sentir parlare sin dal primo telegiornale della nostra vita.

Se interroghiamo un dizionario, in questo caso quello online di Treccani, la definizione di "lobby" è "gruppo di persone che, pur non detenendo il potere politico, è in grado di influenzare chi lo esercita per il prestigio di cui gode, per la ricchezza che possiede e simili", seguita dalle definizioni spregiativecamarilla, clan, combriccola, combutta, congrega, consorteria, conventicola, cricca.

Ebbene - direte - qual è il problema? La definizione è corretta.

L'anomalia (tutta nazionale) è che l'ordine delle considerazioni tra gli italiani è invertito e distorto a tal punto che una pratica assolutamente legale e garante di democrazia e trasparenza è unicamente sinonimo di "malaffare" o "corruzione".

E questo risultato, questa mistificazione, a vantaggio di chi può andare? Dei faccendieri, dei corruttori, dei criminali.

Quella personale potrebbe però essere agli occhi di molti lettori l'ennesima opinione di un giornalista provocatore.

Per affrontare la questione con l'autorevolezza necessaria abbiamo quindi intervistato un docente che insegna cosa sia l'attività di lobbying in ambito accademico, il prof. Pier Luigi Petrillo.

Spero che aiuti, quanto meno, una migliore discriminazione dei vocaboli.

Prof. Petrillo quale termine o sinonimo si potrebbe utilizzare al posto di "lobbista"?

Nessun altro. La lingua italia consente a chiunque di comprendere la differenza tra faccendiere, intermediaro e lobbista. Il lobbista è chi, in modo professionale e in virtù di un preciso incarico di lavoro, in forma scritta, decide di influenzare il decisore pubblico al fine di far avere un certo vantaggio o un certo svantaggio agli interessi rappresentati. Si tratta di un diritto costituzionale fondamentale che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale in diverse sentenze, rappresentanza un indice della democrazia del sistema italiano.

Cosa è l'attività di lobbying?

E' una attività di persuasione del decisore pubblico basata su una trasmissione di informazioni e di conoscenze da parte di un portatore di interessi nei confronti del decisore. Il lobbista, possiamo dire, è un informatore del decisore pubblico nel senso che lo porta a conoscenza di fatti, dati, elementi di cui spesso lui non è a conoscenza. Spetta poi al decisore il compito di ascoltare tutti gli interessi in gioco e soddisfarre quegli interessi che ritiene essere di maggiore rilevanza per la comunità.

Interessa solo l'ambito economico?

No, assolutamente. Le lobby più potenti, nel senso di più in grado di incidere sui processi decisionali, sono quelle non economiche: pensi ad associazioni civiche come la LAV, la lega anti-vivisezione, che è riuscita perfino a modificare il Codice Civile o ad imporre divieti per i regolamenti condominiali.

Si potrebbero realizzare grandi progetti o programmi senza l'attività di lobbying?

Senza l'attività di lobbying non esisterebbe nessun processo democratico decisionale. Le lobby sono vietate laddove è vietata la libertà di espressione, la libertà di associazione, le formazioni sociali, il principio di uguaglianza. L'attività di lobbying è connaturata all'esercizio delle libertà fondamentale. Ogni processo decisionale pubblico è sempre il frutto di una azione di lobbying da parte di interessi contrapposti. La Legge deve rappresentare la volontà generale; ma in democrazia la volontà generale è sempre il frutto di un negoziato tra interessi contrapposti (e dunque di una azione di lobbying). Spetterà poi al decisore pubblico decidere in modo da far coincidere l'interesse di talune lobby con el'interesse più ampio possibile.

Dove finisce il lobbista e comincia il corruttore o il faccendiere?

Nel Codice Penale. Personalmente non conosco nessun lobbista che abbia mai corrotto. Non a caso tutti i vari personaggi che periodicamente vengono arrestati con l'accusa di fare attività di intermediazione occulta e illecita, non sono lobbisti, non sono dei professionisti del lobbying, ma sono dei mediatori improvvisati che in virtù di rapporti di amicizia o clientela politica hanno pensato di sfruttare le proprie conoscenze e di metterle al servzio di altre persone. Questa attività non c'entra nulla col lobbying.

Si può fare un simile lavoro in Italia senza "fare favori" od assecondare richieste particolari?

Il lobbista non fa favori e non asseconda richieste particolari perchè non ha niente da offrire in cambio se non informazioni e conoscenze.

All'estero, in Paesi come gli Stati Uniti, l'attività di lobbying ha una considerazione da parte della gente comune molto differente dalla nostra. Perché la corruzione ed il malaffare sono minori?

No, quanto piuttosto perchè maggiore è il senso democratico della popolazione: Toqueville quando visitò ai primi del'800 l'America rimase estasiato dal fatto che ciascun buon americano decidesse di partecipare al processo decisionale formando una associazione rappresentativa del proprio interesse. In Italia abbiamo una concezione di democrazia differente basata sulla totale passività del popolo, che accetta quanto decide lo Stato in modo passivo; in America, invece, lo Stato fa quello che vuole il popolo, non è un corpo estraneo e dunque è naturale che ogni decisione pubblica sia il frutto di una azione di lobbying. Per questo nessuno si scandalizza. Non si cerca un senso mitico del Legislatore come di un unto dal Signore, un eletto superiore all'elettore, che sa cosa è il bene della comunità senza confrontarsi con gli interessi della comunità. In Italia, invece, prevale ancora questa logica seicentesca della democrazia.

Come può intervenire una normativa?

Le norme sono essenziali perche potrebbero rendere trasparente le azioni di lobbying. Il grande problema italiano è che, nell'assenza di regole, noi non conosciamo quali sono le lobby,come operano, quali interessi rappresentano; e al tempo stesso non sappiamo perchè il decisore ha deciso di assencondare talune lobby anzichè altre. La politica, però, è contraria alla regolamentazione del fenomeno lobbistico perché in questo modo verrebbero scoperti gli altarini. Le lobby sono un paravento della politica. Dietro di loro si nasconde la politica che non decide. Se ci fosse una legge in questo senso, i cittadini potrebbero sapere cosa succede, potrebbero sapere perché il decisore pubblico – sia esso un ministro o un semplice parlamentare – abbia scelto in un modo o nell’altro, sulla base di quali incontri e di quali interessi. E’ chiaro, quindi, che a tutti conviene non regolamentare questo rapporto: diventerebbe trasparente il motivo per cui vengono approvate certe leggi anziché altre.

Cosa pensa del reato "traffico illecito di influenze"? 

E’ un reato che va a colpire il cosiddetto lobbying illecito, ossia quelle attività d’influenza finalizzate a determinare un comportamento del decisore pubblico contrario ai doveri del suo ufficio. E’ evidente, però, che non possa funzionare correttamente senza una definizione di lobbying lecito. Se si dice che una cosa è illecita, bisogna anche indicare il confine del lecito. Altrimenti questa fattispecie penale rischia di essere utilizzata in modo da creare abusi. Si tratta di un difetto già rilevato nel novembre del 2012 dalla Corte di Cassazione.

Ci sono due elementi che tagliano la testa al toro. Questo reato lo abbiamo introdotto in virtù di quanto previsto da due Convenzioni internazionali sulla corruzione. Tuttavia molti Paesi che hanno recepito – al pari dell’Italia – tali Convenzioni si sono rifiutati di introdurre questa fattispecie penale nel loro ordinamento, ritenendola troppo vaga. La Svizzera, l’Austria, la Germania, l’Olanda, la Gran Bretagna. Stati che non possono essere considerati la culla della corruzione. Noi, invece, l’abbiamo copiata e incollata in maniera pedissequa.

La stessa Paola Severino – ministro della Giustizia quando venne approvata la cosiddetta legge anticorruzione –  disse alla Camera che sarebbe stato necessario adottare un’altra normativa per disciplinare l’attività di lobbying, perché, altrimenti, ci sarebbe stato il rischio di un’applicazione inopportuna di questa fattispecie. Mi pare che queste due considerazioni facciano emergere chiaramente le difficoltà e le contraddizioni che stiamo vivendo in Italia.

  

Pier Luigi Petrillo è professore ordinario di Diritto pubblico comparato all'Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza e docente di teoria e tecniche del lobbying alla Luiss Guido Carli. E' stato capo di gabinetto, capo dell'ufficio legislativo, vice capo di gabinetto, direttore dell'ufficio affari internazionali, consigliere giuridico di diversi ministri dell'ambiente, dell'agricoltura, delle politiche europee, dei beni e delle attività culturali, dell'università e della ricerca. Attualmente è capo dell'ufficio legislativo del presidente della regione Campania.

Twitter @plpetrillo

(foto: archivio Presidenza del Consiglio - Matteo Renzi visita il carcere minorile di Nisida)