Intervista all'ambasciatore di Taiwan, Vincent Y.C. Tsai: "Le azioni militari intraprese dalla Cina non sono semplici esercitazioni..."

(di Andrea Cucco)
17/04/23

Nelle ultime settimane le "abituali" provocazioni cinesi hanno registrato una preoccupante escalation: lo spazio aereo e le acque di Taiwan (Repubblica di Cina) sono violati sempre più pesantemente ed in profondità da velivoli e navi militari della Repubblica Popolare Cinese.

La miccia accesa lo scorso anno in Ucraina ha già innescato rivolte e cambiamenti, dall'Africa al Sud America. Se anche non vogliamo attribuire responsabilità uniche, almeno non prendiamoci in giro sulla portata delle conseguenze globali del conflitto. La Cina, ridicolmente (!!!) chiamata ad assumere un ruolo di "pacificatrice" (quando è il paese che più trae profitto dal sangue che scorre ai confini dell'Europa), approfitterà della crisi per perseguire l'antico obiettivo della riunificazione, riconfermato lo scorso mese dal suo presidente?

E in caso di invasione, quali Paesi interverranno a difesa dell'isola?

Lo abbiamo chiesto a Vincent Y. C. Tsai, "rappresentante diplomatico di Taiwan in Italia" (per chi teme Pechino e/o ne è suddito), "ambasciatore" per chi - come noi - crede nella democrazia, nel diritto e ripudia le violenze del regime totalitario cinese. Comprese quelle verso i propri cittadini...

Ambasciatore, lei ha studiato decenni addietro negli Stati Uniti. Può descrivere la conoscenza popolare della questione taiwanese, di allora ed odierna?

La conoscenza di Taiwan da parte del grande pubblico è cresciuta negli anni recenti, per varie ragioni. Fino a pochi anni fa, ciò che le persone sapevano di Taiwan negli Stati Uniti o in Europa erano poche cose, principalmente collegate all’appartenenza al gruppo delle quattro Tigri Asiatiche (insieme a Corea del Sud, Hong Kong e Singapore) cresciute in campo economico e industriale tra il 1960 e il 1990. Nel tempo però, lontano dai riflettori, Taiwan è cresciuta sia sotto il profilo tecnologico che sotto il profilo politico. È diventata una democrazia matura, un’economia avanzata, un gigante tecnologico.

Durante la crisi pandemica ha raggiunto le prime pagine di tutti i notiziari mondiali grazie alla sua ottimale gestione della pandemia e oggi, dopo l’invasione russa dell’Ucraina e le sempre più aggressive provocazioni della Cina, è al centro delle discussioni di geopolitica e politica internazionale.

I nostri successi in ambito economico e tecnologico, inoltre, ci hanno aiutato a diventare un Paese stimato in tutto il mondo.

Stati Uniti a parte, chi sono gli alleati della "isola ribelle" tanto odiata da Pechino?

Tutti i Paesi democratici. Tutti quei Paesi che condividono i nostri stessi valori e i nostri stessi ideali: democrazia, libertà, stato di diritto, rispetto delle regole internazionali e dei diritti umani. Che sono anche i valori più temuti dalle autocrazie.

Mi permetta solo di correggere una cosa: Taiwan non è un’isola ribelle. Taiwan è un Paese sovrano, con un proprio governo eletto dal popolo, una propria moneta, un proprio esercito. La narrativa secondo cui Taiwan si ribella alla Cina è fuorviante.

Con un nuovo ordine mondiale all'orizzonte che si definirà tra qualche anno, l'invasione di Taiwan è sempre meno lontana?

Se Pechino si muove in direzione di una rottura dell’ordine internazionale basato su regole condivise, i rischi di un’invasione sono concreti. Secondo il Ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu, la Cina si sta già preparando all’invasione. In una recente intervista alla CNN il Ministro ha condannato le azioni di Pechino, evidenziando come anche la retorica cinese sia orientata al conflitto contro Taiwan, minacce che noi non possiamo accettare in alcun modo.

L’invasione è un rischio concreto perché negli obiettivi di Pechino c’è la rimodulazione dell’ordine internazionale.

Le continue e ripetute minacce cinesi non rischiano di abituare i taiwanesi alle provocazioni e di sottovalutare il rischio di un attacco?

Non c’è questo rischio. Le minacce cinesi sono qualcosa a cui siamo abituati, perché si protraggono da decine di anni, ma essere abituati non significa sottovalutare la possibilità di un attacco. Noi siamo pronti e costantemente in allerta. Così come le nostre forze armate.

Usare la forza contro Taiwan pensando di trovare la strada spianata sarebbe un calcolo errato, ora e in futuro. Noi siamo un popolo pacifico, aperto al dialogo, ma allo stesso tempo siamo pronti e preparati a qualunque evenienza.

Taiwan può capire la differenza tra "esercitazione militare" e "prova generale" (prima dell'invasione)?

Certamente. Quando due o più Paesi sono geograficamente vicini, qualunque azione intrapresa da uno ha effetti sugli altri.

Le azioni militari intraprese dalla Cina non sono semplici esercitazioni, come si vuole far credere, ma sono molto più simili a prove generali. Stanno raccogliendo informazioni e inanellando provocazioni dirette a condurre un’azione di guerra su ampia scala. E questo non lo sappiamo solo noi. È quasi certo che lo sappiano anche gli altri Paesi della regione, la cui stabilità è stata compromessa proprio da questi atti.

Le esercitazioni militari le fanno tutti, da sempre, ma sono contenute e soprattutto non sono dirette a un obiettivo più e più volte dichiarato pubblicamente. “Prendere Taiwan con la forza” è un’opzione messa in campo pubblicamente più volte da Pechino. In quest’ottica, è difficile considerare queste manovre delle semplici “esercitazioni militari”

Diverse voci all’interno e all’esterno di Taiwan si sono levate in passato criticando la preparazione delle Forze Armate e delle riserve strategiche che non sarebbero adeguatamente addestrate ed equipaggiate per far fronte ad un attacco di vasta scala contro l’isola. Qual è stata fino ad ora la risposta delle autorità?

Il governo, negli ultimi anni – e in seguito alle ripetute minacce di Pechino – ha in realtà aumentato la propria attenzione su questi temi. Ha aumentato il budget destinato alla difesa e sul finire del 2022 ha riportato la leva obbligatoria a un anno. Era stata ridotta a 4 mesi nel 2018 ma gli sviluppi recenti ci hanno costretto a rivedere quella decisione.

Abbiamo aumentato gli sforzi per contrastare la disinformazione e la guerra cibernetica e abbiamo ristrutturato l’intero comparto militare.

Forse qualche anno fa Taiwan non era pronta, ma è anche vero che i tempi sono mutati e noi ne siamo consapevoli.

La guerra in Ucraina ha innescato un "domino" globale. Il fatto che la Cina pagherà inevitabilmente (prima o poi) il prezzo più alto, sta aiutando alcuni paesi ad avvicinarsi a Taiwan?

La guerra in Ucraina ha messo in luce la differenza tra chi vuole mantenere l’ordine internazionale basato su regole condivise e chi invece quell’ordine vuole infrangerlo, mettendo a rischio la pace e la stabilità globale.

L’invasione russa ha fatto sì che la maggioranza dei Paesi democratici si raccogliesse compatta e così, di fronte alle minacce di Pechino, sempre più Paesi si sono avvicinati a Taiwan, dimostrando attenzione nei confronti della sicurezza del quadrante Indo-Pacifico.

A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e la risposta data dai Paesi con i quali condividiamo valori e ideali è la migliore risposta possibile.

Foto: Difesa Online