"La transizione verso una nuova guerra fredda"

05/12/14

Intervista al professor Arduino Paniccia, docente di studi strategici, direttore della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia – ASCE ed analista della Rivista Militare, su temi di politica estera, guerra asimmetrica, pace negativa, vittoria sufficiente e BRICS.

La crisi ucraina sta ridisegnando la geopolitica, ma in particolare si è tramutata in un nuovo terreno di scontro, dove NATO e Russia tornano a contrapporsi. In un mondo con i centri di potere che si sono moltiplicati, globalizzato ed iperconnesso, è possibile il ritorno ad una guerra fredda?

A parte il periodo di Breznev, durante il quale, come reazione alla crisi dei missili di Cuba, sentita dai russi come una sconfitta, l’allora URSS si lanciò in una politica più “globale”, dopo la Seconda Guerra Mondiale la visione geopolitica russa è sempre stata una visione se così si può dire “di teatro”: tenere il più possibile lontani dai propri confini i soggetti potenzialmente ostili grazie ad una fascia di stati cuscinetto satelliti.

Anche l’invasione dell’Afghanistan negli anni Ottanta non era per nulla una mossa strategica offensiva in direzione del Golfo Persico, come allora ipotizzato dagli strateghi americani, ma un tentativo di contenere le nuove forze dell’integralismo islamico che avrebbero potuto penetrare nelle repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Gli americani lo capirono troppo tardi, quando si trovarono anche loro a combattere sullo stesso territorio. Con la caduta del muro di Berlino, la “frontiera” russa si è spostata notevolmente ad est, e i paesi dell’ex Patto di Varsavia si sono uniti alla NATO, cioè ad un’alleanza comunque nata in funzione antirussa.

Le ex Repubbliche sovietiche - Moldavia, Ucraina, Bielorussia, gli stati del Caucaso – si sono allora trasformate nella nuova cintura protettiva di Mosca, anche grazie alla forte presenza di popolazioni di etnia russa al loro interno. Vicende come quelle della Transnistria, dell’Ossezia e dell’Abkhazia avrebbero dovuto far capire all’Alleanza Atlantica che il Cremlino considerava questa come una nuova “linea del Piave” oltre la quale non avrebbe tollerato infiltrazioni.

Il grosso guaio che la crisi ucraina ha causato è stato il definitivo allontanamento della Russia dall’Occidente e il suo dirigersi verso l’accordo con la Cina. E la nascita di un blocco economico asiatico contrapposto al blocco occidentale capeggiato da quello che gli strateghi cinesi chiamano il “nemico superiore” è uno scenario molto simile a quello della vecchia guerra fredda.

Negli spazi di identificazione aerea di diversi Paesi appartenenti all’Alleanza Atlantica, è in atto un’insolita attività di velivoli russi, quale scopo strategico stanno perseguendo: deception, prova di forza o monitoraggio dei tempi di reazione della NATO?

“Mostrare i muscoli” è da sempre un ingrediente della diplomazia. La Cina ha abbondantemente utilizzato mesi addietro queste schermaglie militari sia contro il Giappone che contro Taiwan. Anche le intemperanze nordcoreane sono in fondo schermaglie cinesi. La Russia, non solo facendo far intercettare i propri Tupolev dai caccia inglesi come accadeva quarant’anni fa, ma anche eseguendo test di missili ICBM e muovendo la propria flotta in mari lontani dalla Madrepatria, sta in pratica affermando: non crediate che le nostre forze armate siano in sfacelo come vent’anni fa, siamo tornati ad essere una grande potenza militare e nucleare, per cui non sottovalutate la nostra determinazione. Per la diplomazia russa, minacciare un possibile ritorno ad una situazione di simil-guerra fredda è una carta da giocare, sapendo quanto la guerra fredda sia stata vissuta in modo problematico dalle popolazioni occidentali. È un azzardo, ma proprio per questo la risposta europea deve essere più dissonante e meno prevedibile.

Al largo di Stoccolma, è stata rilevata una unità sommersa, la quale ha compiuto una manovra di emersione d’emergenza. Questa è stata preceduta da messaggi radio criptati, diretti verso la base russa di Kaliningrad, e seguita da una successiva comunicazione trasmessa in chiaro sulla frequenza di emergenza internazionale. Pertanto si è trattato di una unità russa, ma a quale classe poteva appartenere e qual era la sua missione?

Non si hanno notizie certe sull’identità precisa dell’intruso, né della sua missione. Peraltro la Svezia è da sempre un paese rigorosamente neutrale, per cui, se di missione di spionaggio si trattava, non doveva probabilmente essere legata in modo diretto alle vicende ucraine. Si è parlato di un sottomarino di classe “Kilo”. È il nome che la NATO ha dato ad una classe di sottomarini russi a propulsione convenzionale (cioè diesel-elettrica) risalenti agli anni Ottanta, come quasi tutte le grandi unità della marina russa. In questi sottomarini, molto compatti come dimensioni, è stata molto curata la silenziosità e la bassa tracciabilità ai sonar, e per questo sono molto adatti in missioni di ricognizione. Incidentalmente, mentre la marina americana per i propri sottomarini ha abbandonato la propulsione diesel-elettrica per quella nucleare già nei primi anni Sessanta, la marina sovietica (poi russa) ha sempre creduto nell’utilità di questo tipo di sottomarino.

Ritengo comunque, in conclusione, che per la Federazione Russa sia pericoloso soprattutto il rigassificatore in costruzione in Lituania presso il porto di Klaipeda. Il gas americano ottenuto con le tecniche di “fracking” arriverà direttamente ai confini della Russia, togliendo almeno in parte efficacia all’arma politica delle forniture energetiche da parte della Gazprom. Le rivalità internazionali già oggi si giocano in modo notevole sul fronte delle forniture energetiche, e il peso politico di queste è destinato ad aumentare nei prossimi anni.

Giovanni Caprara