L'impatto del coronavirus sulla politica americana. Difesa Online intervista Andrew Spannaus

(di Andrea Cucco)
12/05/20

Tentare di decifrare vagamente un Paese richiede molti anni di esperienza (preferibilmente sul campo). Comprenderlo appieno? Forse nemmeno una vita.

In questi mesi difficili sono molte le notizie che quotidianamente ci giungono da oltreoceano. Per interpretarle correttamente abbiamo chiesto un'intervista ad Andrew Spannaus, statunitense, consigliere dell'Associazione Stampa Estera di Milano e analista politico (Transatlantico.info). È ricordato ancor oggi per aver previsto la vittoria di Trump nel 2016 con il libro "Perchè Vince Trump".

Trump definisce la Pandemia una nuova "Pearl Harbor". Può spiegare agli italiani cosa rappresenta quel nome nell'inconscio americano?

Per gli americani Pearl Harbor significa un momento che cambia radicalmente la coscienza della nazione, apre gli occhi ad una minaccia e fa mobilitare la popolazione per un unico scopo. Nonostante qualche misura iniziale come il blocco dei voli dalla Cina, la risposta dell'Amministrazione Trump all'inizio è stata di minimizzare, come in tanti altri paesi.

Ad un certo punto però, il presidente ha capito non solo che il problema era reale, ma che poteva utilizzarlo per cambiare lo scenario politico, ponendosi come un leader in tempo di guerra. Tuttavia ha seguito questo approccio solo parzialmente, da una parte rimanendo nella tradizione americana di lasciare molti poteri ai singoli stati, e dall'altra innervosendosi presto per i pesantissimi effetti economici, che potrebbero precludergli la possibilità di essere rieletto. Dunque punta alla riapertura rapida, ma i numeri del contagio continuano a crescere.

Non è difficile pensare che la situazione potrebbe aggravarsi ancora.

Le navi colpite dal virus si trasformano in poco tempo in tremende spugne infette. Quanto è stata intaccata la prontezza della potenza navale USA?

La crisi ha certamente interrotto la continuità delle operazioni militari americane, ma si sta già lavorando per rimettere in moto la macchina, naturalmente con alcune restrizioni. Sta per riprendere la rotazione dei militari e continuano i dispiegamenti in zone sensibili.

Voglio sperare che nessuno pensi di lanciare provocazioni in questo periodo, ma sicuramente è un momento delicato. Non si sa quanti siano i marinai infetti, e la Difesa americana ha cominciato ad attuare un piano per fare i test partendo da quelli più esposti.

Sul fronte interno, ci sono 62 mila militari in azione per assistere nelle operazioni di contrasto al COVID-19; dall'altra parte gli ospedali per i veterani sono tra i più colpiti dal contagio.

Le Pandemia sarà nulla rispetto alle conseguenze economiche?

Le conseguenze economiche sono davvero forti, se consideriamo che oltre 30 milioni di persone hanno perso il posto di lavoro, e nonostante gli aiuti forniti dal governo federale molti cittadini si trovano sull'orlo della povertà estrema, a causa della struttura precaria del mercato del lavoro negli Stati Uniti.

In questa situazione si accentuano le disuguaglianze: molte società riescono ad accedere ai fondi pubblici, e gli impiegati spesso possono lavorare da casa; invece chi faceva i lavori più manuali si trova a fare la fila (a volte lunghissima) al banco alimentare. La flessibilità significa che la crisi è profonda, ma anche che si potrà ripartire velocemente. Nel frattempo occorre evitare il disastro per la classe medio-bassa.

Con quali strumenti sta rispondendo il governo USA?

Il Congresso ha già approvato interventi per circa 3 mila miliardi di dollari, che equivale al 14% del Pil. Sono soldi veri - seppur ancora insufficienti - che per le piccole e medie imprese vengono dati a fondo perduto, quindi senza caricarli di nuovi debiti che potranno ipotecare il futuro. Inoltre, si monetizza di fatto il debito, cioè la banca centrale - la Fed - compra direttamente i titoli di stato, e non servirà ripagare quel debito: gli interessi che paga lo stato vengono resi allo stesso, senza meccanismi di mercato che costringeranno il governo ad attuare piani di austerità.

Rimane da vedere se si formalizzerà questo approccio che permetterebbe di concepire interventi pubblici massicci anche in altri settori, ma la differenza con l'Europa è lampante.

Stati Uniti e Cina si preparano al confronto militare da molti anni. Non è questione di "se" ma di "quando". Il COVID accelererà i tempi?

Si stava già avvicinando una nuova Guerra Fredda, e un tentativo di "decoupling" tra le due economie, non facile però dato il forte intreccio dovuto alle catene di valore ai tempi della globalizzazione. La crisi attuale senz'altro accellererà questo processo: economicamente, perché l'importanza della sicurezza e della resilienza economica non può più essere negata, e anche a livello militare, in quanto crescono le recriminazioni verso la Cina a quasi tutti i livelli delle istituzioni americane.

La grande questione è se si potrà gestire un processo di ribilanciamento dei rapporti - un decoupling totale è impossibile, almeno a breve - senza andare allo scontro aperto. Il fattore chiave sono i rapporti diretti tra istituzioni militari, un dialogo che una parte della comunità d'intelligence americana coltiva dall'inizio di questa Amministrazione.

La retorica politica non necessariamente porta al confronto diretto, se c'è la reciproca consapevolezza dei pericoli. Detto questo, la corsa agli armamenti è già in atto, e si sono aperti nuovi fronti come le infrastrutture informatiche e le operazioni nello spazio.

Come considera il lockdown italiano? Un modello virtuoso o esempio di percorso obbligato per risorse sanitarie iniziali inadeguate ad affrontare l'emergenza?

Il lockdown era di fatto obbligatorio; poi la confusione e gli errori da parte delle autorità politiche sono un'altra questione. La mia più grande critica riguarda la mancanza di comunicazione chiara e coraggiosa, come serve in tempi di guerra. Che senso ha dire "non serve fare i tamponi" quando in realtà servirebbero, ma il problema è che mancano le risorse? Stessa confusione sulle mascherine e anche altri punti. Se la politica è più onesta, più chiara, allora la popolazione si fiderà di più.

In Lombardia c'è un evidente problema di efficienza della sanità territoriale, e la mancata istituzione di una zona rossa ad Alzano Lombardo è stato letteralmente fatale, anche se non tutta colpa della giunta regionale; in Veneto le cose sono andate meglio, perché c'erano alcune persone con idee più chiare, meno influenzate dal teatrino televisivo in onda tutti i giorni.

L'Italia non è la pecora nera dell'Europa, visto che altri paesi l'hanno raggiunta e anche sorpassata pur partendo più tardi, ma di lezioni da trarre per migliorare la preparazione ce ne sono tante.

La sostanziale mansuetudine italiana alle misure di restrizione non sembra presente oltreoceano. Esistono informazioni sul coronavirus a noi sconosciute o è semplicemente parte del carattere degli americani?

In realtà due terzi della popolazione americana concorda con l'estensione delle misure restrittive; quelli che protestano sono sicuramente una minoranza. Ma una minoranza può fare molto, soprattutto quando trova una rappresentanza politica.

Ci sono stati momenti che rasentavano la follia - penso ai manifestanti armati che volevano entrare nel parlamento statale del Michigan - ma non per questo va soppresso il dibattito. La situazione non è proprio sotto controllo, ma se il focolaio più grande fosse nell'Iowa, New York avrebbe chiuso tutto? C'è spazio per un dibattito serio su come si dovrebbe attuare un lockdown differenziato. Non è facile, però, in quanto tutto viene politicizzato subito.

Ci si può fidare di un governo che non si schiera, se non a parole, con l'alleato storico e teme sempre di dispiacere quello cinese?

L'Italia vuole mantenere i suoi rapporti in più direzioni, e questo è comprensibile. La questione è che tipo di rapporti: se un aumento dell'interscambio economico viene letto come uno spostamento della postura strategica - che non dispiacerebbe a Pechino - allora le tensioni con gli Usa sono destinate ad aumentare. Già le pressioni si sentono, e il Governo tende a reagire quando aumentono di intensità.

C'è anche da valutare come gli Stati Uniti si pongono: non sempre gli apparati diplomatici riflettono precisamente la volontà del presidente, e questo può creare confusione. In ogni caso, da qualche mese vediamo una graduale apertura all'idea di avvicinare la Russia per aiutare l'Occidente nei confronti della Cina. Ne abbiamo visto un esempio con gli aiuti russi in Italia, di cui le istituzioni Usa erano consapevoli e informate.

Cosa non comprendono gli italiani della politica e dei politici USA? 

Occorre sempre cercare di vedere il mondo con gli occhi degli altri: i politici americani sono convinti di fare il bene, di perseguire i valori della nostra tradizione repubblicana, che ha delle differenze importanti rispetto a quella dei paesi europei. Abbiamo radici comuni, ma una storia politica diversa, che in alcuni genera anche un senso di superiorità. Non c'è da offendersi, ma di comprendere il carattere nazionale.

Detto questo, l'errore più comune è la superficialità, cioè di non guardare le correnti più profonde (cosa che avviene anche altrove). Non è sempre facile rimediare, perché le notizie che gli italiani sentono sugli USA sono in buona parte filtrate attraverso pochi grandi organi di stampa, e così si rimane sorpresi quando succede qualcosa di nuovo, come l'elezione di Trump.

Io cerco di raccontare la situazione reale, per capire che la divisione destra-sinistra spesso non spiega le vere dinamiche in atto. Ora, per esempio, mentre si rivaluta la globalizzazione, occorre leggere l'America tenendo presente la sua forma particolare di nazionalismo, che appunto non è quella europea.

Da noi abbiamo ministri in "tenera età" mentre in novembre a Trump la sfida potrebbe essere portata da un quasi ottantenne... I Democratici vogliono davvero vincere le elezioni?

Gli elettori democratici hanno votato - almeno in buona parte - e hanno scelto Joe Biden (foto), evidentemente non convinti della retorica rivoluzionaria di Bernie Sanders. Oggettivamente è una scelta molto rischiosa, ed è legittimo chiedersi se sia stato saggio per i vertici del partito puntare sull'ex vice presidente, che oltre ad essere legato agli errori dell'establishment negli ultimi decenni mostra pure segni di declino cognitivo (per non parlare dello scandalo di molestie sessuali che ora deve affrontare).

Sanders non è riuscito ad allargare la sua base, e a mio avviso avrebbe fatto meglio a lasciare il campo ad Elizabeth Warren, una progressista con grandi competenze che sarebbe stata più capace di tirarsi dietro il centro del partito.

Accolgo la provocazione della domanda: per una parte importante delle istituzioni democratiche è meglio rischiare di perdere che permettere l'emergere di un Trump di sinistra, con posizioni forse ancora più pericolose per gli interessi dell'establishment centrista di oggi.

I numeri sulle vittime del COVID dichiarati dalla Cina non sono eccessivamente bassi (meno di 5.000) se raffrontati al totale nel resto del mondo (quasi 300.000)?

Se già in Occidente quasi tutti concordano che i numeri reali sono più alti di quelli annunciati, è difficile pensare che non sia così pure in Cina, e anche di molto vista la grande attenzione di Pechino nel gestire la propria immagine verso il resto del mondo.

Per fare chiarezza tra i metodi diversi di contare i morti legati al COVID-19, è utile paragonare i decessi in questo periodo alla media di altri anni, calcolando i cosiddetti "morti in eccesso". Questo metodo ha dimostrato un aumento di oltre il 500% a Bergamo, e del 600% a New York. Sarebbe interessante vedere i numeri della Cina, se fosse possibile garantire la trasparenza dei dati.

Andrew Spannaus è un giornalista e analista politico americano, noto per aver anticipato la rivolta populista negli Stati Uniti e in Europa. Fondatore della newsletter Transatlantico.info, che fornisce analisi geopolitica e macroeconomica ad istituzioni e imprese. Collabora con Consortium News, Aspenia online, e commenta la politica americana su RaiNews24 e RSI (Svizzera). È docente nel Master in Economia e politiche internazionali all'ASERI, Università Cattolica del Sacro Cuore con un seminario su protezionismo e libero scambio nella storia degli Stati Uniti.
Autore dei libri: Perchè Vince Trump (giugno 2016), La rivolta degli elettori (2017), e Original Sins. Globalization, Populism, and the Six Contradictions Facing the European Union (2019).

Foto: Associazione Stampa Estera di Milano / U.S. Navy / Polizia di Stato / presidenza del consiglio dei ministri / twitter