Agiscono sull'intero territorio nazionale e – militari – hanno come "target" la Salute pubblica. Sentiamo spesso parlare di loro sui media e sono indiscutibilmente un punto di riferimento. Parliamo dei NAS, un acronimo che ispira fiducia e grazie al quale sappiamo di poter fare acquisti con una certa serenità.
Per conoscerli da vicino abbiamo incontrato il maggiore Marco Datti, capo ufficio del Comando dei NAS.
Da chi dipendono i Nuclei Antisofisticazione e Sanità?
Abbiamo due dipendenze: una funzionale dal ministero della Salute, avendo compiti di tutela della salute del cittadino, una gerarchica (della linea militare) dal Comando Generale / divisione unità specializzate / Comando unità mobili specializzate.
Dal ministero della Difesa, magari in missioni all’estero?
C’è qualche militare impiegato ma il nostro principale compito è la tutela della Salute attraverso la sicurezza alimentare e il controllo della spesa e dei servizi sanitari.
Lavorate anche in concorso con altre Forze?
Assolutamente. Con l’Arma territoriale, per esempio, in caso di servizi coordinati a largo raggio, in cui serva controllare esercizi nazionali o etnici. Lavoriamo con i servizi ispettivi del ministero e delle ASL.
Competenze esclusive però su…
Alimenti e Sanità. Il controllo non è solo sul settore farmaceutico, è anche sulla qualità dei servizi resi (ospedali, case di riposo o di cura), sulle prestazioni sanitarie (es. gabinetti odontoiatrici).
L’organico è sufficiente?
È adeguato. Possiamo avvalerci, in caso di necessità, dell’Arma territoriale. Siamo 1000.
Stiamo implementando i corsi di formazione: i nostri marescialli hanno una preparazione universitaria e sono già in possesso di una laurea breve. Ogni anno ne specializziamo almeno 45.
I ragazzi che selezioniamo vengono inviati a seguire un corso di 40 giorni presso l’Università di Tor Vergata in collaborazione con il ministero della Salute; al termine c’è un esame da parte di docenti universitari prima di essere avviati ai reparti su tutto il territorio nazionale per un tirocinio di sei mesi, affiancando personale più esperto ed anziano.
Dopo il tirocinio vengono richiamati a Roma per il cosiddetto “follow up”: un esame con la discussione di una tesina.
1000 persone per l’intero territorio nazionale non sono poche?
È dura. Diciamo che abbiamo da fare.
Spesso qualcuno ci vede come “quelli delle mozzarelle”… Dopo molti anni di servizio posso affermare con certezza che è un’immagine fuorviante. La nostra è una professionalità molto alta.
Con tutte le aziende che ci sono nel vostro target di controllo non servirebbe più personale?
Averne il doppio non dispiacerebbe! Con la buona organizzazione dell’Arma riusciamo tuttavia a far fronte alle esigenze.
Vengono fatti dei corsi agli immigrati che vogliono aprire esercizi in Italia?
Non è una questione di nostra competenza, riguarda Comuni e ASL
Immagino che – talvolta – gli standard nazionali siamo lontani da quelli dei paesi d’origine…
Non è sempre così. Forse avveniva in passato, il gap culturale era maggiore. Oggi, al di là di qualche “sacca di resistenza”, abbiamo esercizi etnici di altissima qualità tenuti molto bene ed esercizi - nazionali - talvolta tenuti molto male.
Il vostro campo d’azione è vastissimo. Avete un database degli accertamenti per calendarizzare i controlli?
L’organizzazione è fondamentale. Mensilmente ci dedichiamo con maggiore attenzione ad un determinato settore della catena produttiva: vino e prodotti vinosi, olii, villaggi turistici, case di riposo, etc.
Lavoriamo moltissimo su segnalazione dei cittadini. Il livello d’attenzione su certe problematiche è fortemente aumentato negli ultimi anni.
Si va a colpo sicuro?
Le maggior parte delle segnalazioni sono “puntuali”. Avvengono da parte di persone comuni ma anche di organizzazioni sul territorio: associazioni di consumatori, di produttori, di categoria, l’autorità giudiziaria.
Poi certo, c’è anche una percentuale - minima - di gente che chiama per invidia o ripicca, magari per uno sconto non ottenuto…
Avete un numero specifico?
No, basta il 112 o i contatti che si possono trovare sul sito dell’Arma.
Sul portale del ministero della salute si possono trovare quasi tutte le notizie sulle attività che portiamo a termine (v.link).
Parliamo di imprese che trattano alimentari. Quali sono le infrazioni più frequenti?
Al di là delle carenze strutturali come locali non idonei, privi degli impianti necessari o sottodimensionati, vi sono le carenze igieniche come la pianificazione non corretta delle pulizie o della sanificazione.
Infrazioni a carattere penale sono la malconservazione del cibo o la provenienza clandestina dei prodotti.
Sulla qualità del prodotti può incidere la gestione del personale?
L’adeguata formazione professionale del personale è fondamentale. Credo sia il problema principale di molte aziende, a prescindere dalle dimensioni.
I dipendenti devono essere preparati ai propri compiti ma anche motivati. Persone preparate sulla carta ma non motivate portano a errori.
La formazione è obbligatoria ed esistono sistemi e procedure di autocontrollo, se però la teoria non si traduce in pratica rimane fine a se stessa. Mi spiego: se un alimento che deve seguire un determinato percorso, ne segue un altro o c’è una contaminazione crociata (contatto con superficie contaminata, con altro alimento o non viene mantenuta la temperatura prevista), qualsiasi qualità, anche alta, viene vanificata.
Questo vale da attività di dimensioni modestissime, come un piccolo bar, fino alla grande industria, in cui ovviamente il livello di sicurezza è molto più alto: procedure standardizzate, circuiti di produzione sigillati…
Le sanzioni sono adeguate?
Parliamo di diverse migliaia di euro per quelle amministrative fino ad arrivare a quelle penali nel caso in cui la compromissione dell’alimento può mettere in pericolo la salute.
Le pene oggi sono uniformi a livello europeo, non esistono quasi più differenze a livello locale.
In media ogni attività commerciale quanti controlli potrà vedere in un determinato arco di tempo?
Bisogna sfatare una credenza: il controllo ordinario compete alle ASL, noi siamo al di fuori di quelle verifiche e non ci sovrapponiamo. Quindi nostri controlli successivi in un’azienda potrebbero avvenire a distanza di anni, come di pochi mesi…
Per quanto riguarda le vendite online di farmaci?
Innanzitutto bisogna sottolineare un aspetto: la vendita online di farmaci (tranne quelli da banco) non è consentita. In Italia i farmaci possono essere acquistati solo in farmacia o attraverso i relativi siti online che riportano logo ed autorizzazione del ministero della Salute.
Purtroppo poi su internet si trova di tutto. L’interesse ed il volume economico nella vendita dei farmaci è enorme e le regolamentazioni, se talvolta differiscono in alcuni paesi europei, figuriamoci fra paesi extraeuropei! Parliamo dell’Est, dell’America latina, dell’Asia…
Quali sono i prodotti più ricercati?
Esiste un commercio fiorentissimo, soprattutto per quanto riguarda i farmaci contro la disfunzione erettile, con rischi pazzeschi per la salute! Se non si acquista attraverso canali garantiti non c’è alcuna certezza sulla genuinità del farmaco. Nella migliore delle ipotesi non vi sarà alcun effetto, nella peggiore il principio attivo potrebbe essere anche decine di volte superiore a quello previsto.
Abbiamo sequestrato prodotti contro la disfunzione erettile prodotti in India che avevano 30 volte il principio attivo previsto! Alcuni potranno sorridere al pensiero, quando però ci si resta secchi l’ilarità viene meno...
Pensiamo poi a farmaci più importanti in cui non esistono garanzie sui principi attivi, sulla purezza o sulla sterilità degli strumenti usati nella produzione. Insomma chi cerca un prodotto per stare meglio – magari a distanza di tempo – rischia conseguenze gravi o gravissime sulla salute.
Come controllate le spedizioni?
Lavoriamo anche assieme alla Dogana e riusciamo a bloccare un gran numero di spedizioni. Ovviamente qualcosa scappa sempre tra le maglie, viste le centinaia di migliaia di pacchi in transito quotidiano.
Ogni mese inoltre, in collaborazione con il Ministero della Salute, oscuriamo diverse decine di siti.
È importante che i cittadini evitino gli acquisti su siti non certificati. Lo si fa sicuramente per un risparmio economico o magari per riservatezza, ma ci si può ritrovare coinvolti in indagini della procura: sono acquisti illegali a tutti gli effetti.
Chi controlla il controllore? Le ASL, come accennato, sono quelle incaricate delle verifiche regolari, ma talvolta, quando effettive (e non sulla carta), le ispezioni sembrano essere “elastiche” se non addirittura “preannunciate”…
Anche noi! Perché se un nostro controllo riscontra irregolarità in una struttura, dopo che magari la ASL è passata pochi giorni prima dicendo che è tutto a posto, c’è qualcosa che non va… Siamo pagati anche per questo!
Il lavoro quotidiano?
La nostra è un’attività affascinante ed ogni giorno si impara qualcosa: anche se può sembrare ripetitiva (il quadro giuridico è sempre lo stesso), ogni singola ispezione insegna qualcosa. È anche cambiata la coscienza degli operatori: mentre prima l’obiettivo era meramente economico, oggi si tiene molto alla reputazione e quindi al buon risultato di un’ispezione. Poi c’è sempre l’operatore che ti vuole “fare fesso”… È il vecchio gioco tra guardie e ladri.
Le segnalazioni dei cittadini sono continue e puntuali. Grazie a queste la nostra efficacia è migliorata negli ultimi anni.
L’acronimo NAS è oggi conosciuto da ogni cittadino e visto il nostro compito – la tutela della Salute, un bene primario – gli attestati di stima ed i ringraziamenti sono quotidiani.
Le segnalazioni possono essere anonime?
Sì. Le accettiamo anche anonime. Sono un’ottima base di partenza. Sta poi a noi capire se si tratta di denuncia di irregolarità effettive o piccole “vendette”, anche tra operatori!
Il reparto dunque più a stretto contatto con gli italiani?
Siamo molto gettonati. È un impegno gravoso dover ricevere continuamente, valutare ed elaborare telefonate.
Certo, se arrivano 3 o 4 segnalazioni sulla stessa attività…
Anche di più! Una grande città sarebbe impossibile da controllare. Se, per fare un esempio, si viene a conoscenza che un determinato ristorante ha causato dei disturbi a clienti dopo il consumo di piatti a base di tonno, pensiamo che il pesce abbia un contenuto di stamina un po’ troppo alto, non sia fresco o mal conservato. Ed interveniamo!
Foto: Arma dei Carabinieri