Red Alert: il progetto europeo per combattere il terrorismo sulla rete

(di Andrea Cucco)
13/02/20

La guerra al terrorismo è sempre più complessa. La mole di informazioni disponibile nella rete, con miliardi di dispositivi connessi, è un mondo che la Sicurezza e l'Intelligence può utilizzare ma in cui il terrorismo può riuscire ad immergersi, sfuggire a controlli o - peggio - moltiplicarsi.

“Red Alert” è il nome di un programma finanziato dall'Unione Europea che punta ad evidenziare, in tempo reale, minacce di terrorismo o radicalizzazione.

Il progetto si propone di portare la raccolta di informazioni e l'analisi predittiva ad un nuovo livello grazie ad una particolarità: nuove tecniche di elaborazione del linguaggio, analisi dei media, analisi dei social network, elaborazione di eventi complessi e intelligenza artificiale, combinate con dati relativi a gruppi terroristici per permettere di intraprendere azioni coordinate in tempo reale. Il tutto nel rispetto della privacy dei cittadini.

Per comprendere meglio Red Alert abbiamo incontrato a Roma un responsabile del programma, l'israeliano Uri Ben Yaakov, docente e dirigente dell'ICT (International Institute for Counter-Terrorism).

Partiamo dall'ICT. Qual è lo scopo del centro?

L'Istituto si trova in Israele a Herzliya e si occupa, in ambiente accademico, sia di terrorismo che antiterrorismo. Abbiamo un Bachelor degree (laurea triennale, nda) ed un Master degree (laurea specialistica, nda) in Homeland Security e Counter-terrorism.

Teniamo molti corsi e con ragazzi provenienti da differenti Paesi, molti della NATO. Dall'Italia vengono molti studenti e tirocinanti. A dire il vero non so perché...

Be', sarà perché Israele è un riferimento?

Per quello ci sono anche gli Stati Uniti. Tuttavia così è...

Un Istituto statale?

Siamo una ONG, per cui i nostri finanziamenti provengono da donazioni e lavori che effettuiamo per diversi governi. Una delle attività che stiamo seguendo è “RED ALERT”, parte del Progetto Horizon 2020, che è iniziata nel giugno del 2016.

Terminerà quest'anno...

Esatto, a maggio.

Ne sarà possibile una prosecuzione?

Non credo. Lo scopo del programma è di dimostrare la possibilità di prevedere la radicalizzazzione sulla rete, in ambiente cyber. Per fare questo abbiamo integrato diverse tecnologie preesistenti come l'analisi delle immagini (foto e video), degli audio, dei testi, di eventi complessi per dimostrare che l'elaborazione finale dei dati fornisce un valore maggiore della somma delle singole tecnologie.

I servizi di sicurezza condividono le informazioni?

Lo fanno. Ma con differenti livelli di collaborazione che spesso sono bilaterali, non multilaterali.

Mi spiego. Se i carabinieri trovano qualcosa in lingua romena possono avere difficoltà ad interpretare dati, anche con l'ausilio di un interprete. Ora, con una piattaforma possono condividere informazioni non classificate, ovviamente non il 100%, ma ci si può accordare per soglie di condivisione (ricordiamo che il 99% delle informazioni proviene da fonti aperte!) ed ottenere risultati che altrimenti non avrebbero.

L'idea di fondo del progetto Red Alert è questo: realizzare uno strumento capace di combinare differenti tecnologie e realizzare una piattaforma utile a differenti utenti finali.

L'analisi predittiva in corso di sviluppo in Paesi come gli Stati Uniti c'entra qualcosa?

No. Stanno investendo in campi e strumenti differenti.

Non è semplice il lavoro che è stato fatto. È difficile integrare tecnologie diverse in un unico sistema.

Gli USA stanno investendo molto denaro ma in questo campo Israele è in vantaggio.

Prima ha usato come esempio l'interpretazione di una lingua straniera. Israele ha il vantaggio di avere cittadini provenienti da ogni parte del mondo e capaci di interpretare perfettamente ogni sfumatura...

Ha ragione. Israele è un Paese di immigrati. Tuttavia, al giorno d'oggi, i linguaggi non sono più quelli originari. E questo è uno dei problemi che affrontiamo nel programma Red Alert.

Mi spiego meglio: i giovani si esprimono mischiando termini di differenti dialetti o lingue. I mussulmani possono usare termini arabi o gergali abbinati talvolta a passi del Corano. Se dobbiamo valutare la radicalizzazione dobbiamo tenere presente che il lessico non è più quello tradizionale. Uno scoglio per qualsiasi Intelligenza Artificiale.

Le parole spesso vengono troncate e lo stesso arabo ha un notevole numero di varianti.

Pensiamo poi ai social network...

Su Instagram si comunica per immagini!

Esatto. Come si possono analizzare? Possono fornire falsi positivi o falsi negativi.

Quali risultati avete raggiunto?

Non abbiamo di certo finito ma possiamo già ora dimostrare che il Sistema funziona, nonostante siano presenti aggiustamenti e perfezionamenti da compiere.

Uno delle questioni che ha complicato tutto è stata l'introduzione della GDPR (General Data Protection Regulation - Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, nda).

Finora il programma ha comunque dimostrato che l'idea funziona ed è applicabile.

Le piattaforme Social collaborano?

Il libero accesso alle piattaforme di informazione è talvolta un impedimento. Non tutte lo consentono. Paradossalmente è più facile ottenere informazioni da un social network come Facebook per un privato cittadino o per un libero professionista che per la Polizia Municipale di Roma!

Le difficoltà sono quindi diverse...

Tornando alla minaccia, la sfida di fondo è riuscire ad identificare un terrorismo che riesce ad utilizzare ogni possibilità fornita dal web.

Ci sono video e messaggi di minaccia, propaganda o reclutamento che ricalcano fedelmente quelli di informazione legati alla stampa, la pubblicità, il cinema o le stesse istituzioni! (nell'immagine un messaggio di un'organizzazione terroristica riprende in maniera identica un manifesto per il reclutamento delle forze armate tedesche).

L'Intelligenza Artificiale non potrà quindi ancora a lungo rimpiazzare quella umana?

Il lavoro di intelligence è su due livelli: la raccolta di informazioni e la valutazione ed analisi. Per la prima parte è indispensabile, vista l'enorme mole di dati, l'Intelligenza Artificiale. Per la seconda, nonostante i progressi, sarà sempre necessario l'uomo.

Nonostante questo le possibilità fornite dalle nuove tecnologie sono strabilianti. Lavoro nell'intelligence da 40 anni, gli strumenti a disposizione stanno cambiando in maniera incredibilmente veloce, quello che è possibile oggi non lo era non 10 ma nemmeno 5 anni fa, talvolta l'anno precedente.

Anche il lavoro dei terroristi però si adatta al progresso tecnologico.

È vero. Sono sempre più sofisticati e raffinati; sono le “regole del gioco”. Il compito dell'Intelligence e della Sicurezza è mantenersi sempre un passo avanti a loro. Red Alert è uno strumento per farlo.

Link programma: http://redalertproject.eu/

Foto: web / ICT / UE