Louis R. Gottschalk
Ed. dall'Oglio
pagg. 284
Chi era Marat?
Forse qualcuno l'avrà sentito nominare, magari associato alla Rivoluzione francese. Altri, immagino, non ne avranno mai sentito parlare.
Io, onestamente, devo dire di averlo sentito nominare ma, altrettanto onestamente, non avevo idea di cosa avesse fatto.
Jean Paul Marat nasce a Boudry, in Svizzera, il 24 maggio del 1743. Il padre è di origini sarde, si chiama Mara e pare fosse fuggito da un'abbazia dove era probabilmente monaco e medico. La madre è Luisa Cabrol ed era di Ginevra. Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat, fu il primo di sei figli.
Intorno al 1765 Marat si reca in Inghilterra. Da alcuni anni ha lasciato la famiglia dove comunque sembra aver ricevuto una buona educazione.
Studia medicina a Bordeaux e poi a Parigi.
Nel 1775 riceve il titolo di dottore in medicina honoris causa presso l'università scozzese di Saint-Andrews. Marat si occupa di scienze, di medicina e di filosofia, pensando che quando viene criticato è perchè il mondo ce l'ha con lui. È convinto di un complottismo a suo danno.
Comunque sia andata, a Newcastle Marat riceve la cittadinanza onoraria per i servigi resi durante un'epidemia. Come medico doveva essere in gamba.
Intorno al 1780 Marat torna a in Francia e negli anni successivi esercita medicina a Parigi.
Pubblica alcuni studi sulle ricerche nel campo dell'elettricità in medicina, sulla luce e sui colori, ma sempre senza grande successo.
Per conoscere il vero Marat, occorre aspettare ancora qualche anno. Il suo impegno principale per la politica e per il giornalismo infatti lo si può trovare dal 1789. Marat è a favore della monarchia anche se pensa che il popolo debba rispettare solo le leggi giuste.
Marat si lancia nella sua attività di giornalista politico, senza risparmio di tempo e risorse.
Spesso a lui è attribuita la responsabilità delle sollevazioni del popolo. Nel suo giornale "l'Ami du peuple", cioè l'amico del popolo come finì per essere chiamato lui stesso, incita alla rivolta contro i soprusi o contro la corruzione dei ministri del re. Più avanti contesterà anche gli organi della rivoluzione, tenendo sempre gli occhi aperti su tutto a su tutti, temendo che il re possa annullare con manovre segrete i risultati raggiunti.
Forse si è stati troppo critici nell'attribuire a Marat tante responsabilità, però sicuramente la sua figura di giacobino integerrimo crebbe sempre di importanza fino alla morte avvenuta a causa di una donna, Carlotta Corday, girondina, che lo pugnala il 13 luglio 1793, facendone un martire della Rivoluzione.
Marat, monarchico, appoggia nell'ultimo periodo la Repubblica, anche se il suo parere sul popolo non è certo lusinghiero: pensa che il popolo debba essere guidato e lui si pone come guida naturale.
"Sappiate che il mio credito sul popolo non deriva dalle mie idee, ma dalla mia audacia, dagli slanci impetuosi della mia anima, dalle mie grida di rabbia, di disperazione e di furore contro gli scellerati che intralciano l'azione della rivoluzione. Io sono l'ira del popolo, ed è perciò che esso mi ascolta e ha fede in me. Le grida d'allarme e di furore che voi scambiate per parole vane sono la più naturale e la più sincera espressione delle passioni che mi divorano l'anima".
Effettivamente ciò che dice è ancora valido e, se nel suo caso è difficile mettere in dubbio le sue intenzioni a favore del popolo francese, in molti altri casi invece rappresenta semplicemente uno dei modi in cui è possibile guidare il popolo: "urlando e inveendo contro qualcosa o qualcuno", tecnica molto usata ancor oggi.
Una biografia interessante che mi ha permesso di conoscere meglio uno dei principali artefici della Rivoluzione francese, Gian Paolo Mara, alias Jean Paul Marat.
Alessandro Rugolo