Turchia a pezzi: terrorismo e crisi interne affondano le ambizioni imperiali di Erdogan (nonostante l'abbraccio dei BRICS)

(di Gino Lanzara)
24/10/24

Nella russa, ed immune a qualsiasi giurisdizione penale internazionale Kazan, in un momento che avrebbe dovuto essere celebrativo, la Turchia si è riscoperta vulnerabile. L’investitura imperiale dei BRICS non preserva Ankara dalle crisi interne e dal loro periodico deflagrare. A poche ore dalla morte di Fethullah Gulen, condannato dalla storia patria a passare da mentore di Erdogan a diabolico deus ex machina delle cospirazioni anti reis del 2016, il terrorismo colpisce duramente, una volta di più, un Paese che aspira a dimensioni sultanali ma che è costretto a regolare sempre più spesso i conti con una storia complessa e con un presente intessuto da un regime che, proprio perchè al potere, è in cerca spasmodica di eventi che distraggano la massa dalle enormi difficoltà economiche e sociali

Al di là del sisma che ha devastato il distretto di Erdemil e Alessandretta nel 2023 e che costringe il governo anatolico a programmare ed mettere tutt’ora a bilancio una difficile ricostruzione, il terrorismo continua ad insanguinare la scena turca con azioni eclatanti che non possono non scuotere gli ambiti politici interni ed esteri. Dal 2016, per rimanere in archi temporali più recenti, Ankara ha subito attacchi ficcanti e sanguinosi, via via sempre meglio organizzati ed in grado di polarizzare le attenzioni. Dall’attentato alla Moschea Blu del 2016 si è giunti alle deflagrazioni di Istanbul del 2022, all’attacco al Ministero dell’interno del 2023, per giungere all’assalto del 23 ottobre 2024 ad uno dei simboli del potere erdoganiano.

5 vittime, definite propagandisticamente “martiri” da un presidente che accomuna nella sorte avversa chi volontariamente si presta alla morte per un ideale e chi ha la sfortuna di trovarsi inconsapevolmente sulla traiettoria balistica sbagliata, e (al momento) 22 feriti, costituiscono il bilancio di un’incursione destinata a lasciare il segno

La Turkish Aerospace Industries di Kahramankazan vicino Ankara, espressione della National Initiative Technology turca, produttrice del KAAN, primo aereo da combattimento di produzione nazionale ed ex produttrice di parti cruciali per F-35, elicotteri e droni ANKA, realizzatrice su licenza dell’F-16 statunitense, farà rammentare a lungo all’esecutivo che la politica di un Paese non può reggersi solo su esteri e demagogia. Utile qui rammentare sia le varie querelle susseguitesi all’approvazione dell’ingresso scandinavo della NATO, dove la Turchia ha inteso assumere una posizione politica da destabilizzante ultimo decisore, sia l’inserimento diplomatico ambivalente nel conflitto ucraino, sia le decise prese di posizione pro Palestina con dichiarazioni volte a richiamare l’attenzione su un presunto ed ostile intento bellico israeliano. 

La TAI è dunque un attore internazionale di rilievo nello sviluppo di tecnologie militari avanzate, inviso a gruppi espressione di politiche contrarie alla postura bellica ancirana come in Siria e Nord Iraq. Utile richiamare all’attenzione sia che a Istanbul si terrà a breve una fiera commerciale per le industrie della difesa e dell’aerospazio alla quale parteciperanno l’AD delle industre della difesa turco ed il ministro degli esteri ucraino Andrii Sybiha, sia che il settore della difesa rappresenta l’80% dei ricavi dell’export nazionale. Attaccare la TAI sembra dunque voler affermare una precisa volontà di attaccare lo Stato attraverso uno dei suoi simboli più prestigiosi.

Come sempre, in attesa di poter valutare elementi più certi e probanti, se mai sarà possibile come la vicenda Ergenekon ha insegnato, sul banco degli imputati è già stato tradotto il PKK, con il Kurdistan tra Iraq e Siria immediato destinatario di un’immancabile rappresaglia aerea su 32 obiettivi, Kurdistan quale soggetto politico che tuttavia non dovrebbe far dimenticare come in passato Stato Islamico e militanti dell’estrema sinistra, abbiano compiuto azioni ugualmente significative. Erdogan, anche in questo frangente, ha puntato a stigmatizzare l’esistenza di un asse del male contro cui la Turchia si trova a dover combattere, rimanendo comunque in attesa dell’esito elettorale americano ed occhieggiando magari al GOP.

Mai come in questi ultimi anni, assi, corridoi e trasversalità hanno caratterizzato la politica estera e securitaria del M.O. In linea di massima per ogni attentato andrebbe rimarcata la necessità di comprendere quali possano essere gli intenti effettivi perseguiti, alla luce della delicatissima situazione istituzionale e soprattutto economica di Ankara.

Al netto della passerella offerta dai BRICS, sul tappeto rimangono le questioni economiche e finanziarie per le quali si fa sempre più urgente la necessità di prese di posizione sostenute da certe e consistenti entrate di cassa. Gli atti celebrativi dell’auspicato nuovo ordine, ancorché nobilitati dalla presenza del segretario generale delle NU, rimangono di fatto impalpabile apparenza laddove non sostenuti da supporti finanziari che, al momento, sembrano essere elementi di una sofferenza diffusa a livello globale e poco funzionale alle proiezioni di potenza.

Foto: Cremlino / brics-russia2024.ru