Giampiero Cannella
Ed. Historica 2021
pp. 159
Negli ultimi anni, soprattutto tra gli addetti ai lavori, si dibatte molto su quello che dovrebbe essere il ruolo delle nostre Forze Armate. Inutile nascondere il fatto che troppo spesso sono state viste, in primis dalla classe politica, come un qualcosa di necessario ma mal sopportato. Durante il Conte 1 abbiamo assistito a un ministro che partecipando a un talkshow si vantava di essere riuscito a tagliare dai fondi della Difesa mezzo milione di euro salvo poi, pochi mesi dopo, annunciare in una conferenza stampa, insieme all’allora ministro della Difesa, la spesa di oltre 7 miliardi in armamenti.
Lasciamo poi stare la dichiarazione di Giuseppi(e) Conte, quando era ancora presidente del consiglio dei ministri, in merito ai “5 fucili tolti all’Esercito”.
Il libro di Giampiero Cannella, giornalista e politico, ha il merito di “accendere una luce” sulle missioni dei nostri militari all’estero.
Operazioni che spesso vengono criticate, anche a ragion veduta, perché magari non se ne comprende il ritorno strategico (vedi ad esempio l’Afghanistan). Altre che invece dovrebbero essere al centro dei nostri interessi e invece vengono ignorate dalla Politica.
Nel lavoro di Cannella non solo vengono elencate tutte le missioni che vedono protagonisti i nostri soldati, ma viene delineato un quadro strategico verso cui sta andando il bacino del Mediterraneo e che l’Italia si ostina a ignorare.
Infatti, stanno sempre più prendendo piede potenze regionali, come la Turchia, l’Egitto e l’Algeria, grazie all’impiego delle proprie forze militari. In special modo i turchi, che perseguono una politica estera spregiudicata nonché un esercizio controllato della forza militare, si stano affermando come i principali attori nel Mediterraneo.
In parole povere la Politica italiana ha abbandonato ogni volontà di affermazione degli interessi strategici nazionali. Preferendo, invece, una sorta di soft power di dubbia efficacia. Al contempo, però, spendendo poco e male per il comparto Difesa.
Inutile quindi varare una pseudo portaerei, il Cavour, quando potremmo imbarcare pochissimi F-35B (al massimo 8/9 macchine). Per giunta in grado di decollare - grazie allo ski jump di 12° - solo con pochissimo carico bellico. Oppure far entrare in servizio sommergibili convenzionali allo stato dell’arte, come gli U-212 NFS, per poi armarli solo con siluri. I battelli classe Kilo algerini sono in grado di lanciare missili russi land-attack Kalibr, pur essendo tecnologicamente inferiori.
Come scrive giustamente Cannella, l’Italia dovrebbe guardare al Mediterraneo “Allargato”. Le operazioni antipirateria nel Golfo di Guinea e in quello di Aden ne testimoniano l’interesse. Tuttavia le nostre attività si limitano ad allontanare gli aggressori, sparando con armi di piccolo calibro, a decine di metri dal bersaglio mentre il web è pieno di video di unità americane, russe e di altre nazionalità che annichiliscono gli aggressori. Ma il concetto di Mediterraneo “Allargato” comprende anche la regione del Sahel. Forse il nostro interesse strategico è proprio in quella zona dell’Africa, al confine tra Niger e Libia dove passano i principali flussi di migranti. Da quest’anno una componente MEDEVAC (Role 1) fa parte della Task Force Takuba, una missione a guida francese – finalizzata al contrasto del jihadismo nella regione - che comprende assetti di forze speciali di alcuni paesi europei (Svezia, Estonia, Belgio, Grecia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Portogallo). Inizialmente anche Roma avrebbe dovuto fornire una sostanziosa componente speciale, ma i francesi hanno rifiutato chiedendoci solamente di fornire assetti ad ala rotante (probabilmente non volevano concederci autonomia operativa). Comunque le trattative sono ancora incorso, non è da escludere che nel prossimo futuro i militari italiani saranno fortemente impegnati contro le milizie jihadiste nel Sahel.
Tiziano Ciocchetti