Israel Joshua Singer
Ed. Adelphi
pp. 276
In questi tempi in cui la Russia è tornata ad essere al centro del mondo e della storia è intrigante leggere le pagine che scrisse esattamente un secolo fa Israel Joshua Singer nel momento in cui fu inviato dal quotidiano newyorkese Forverts (il giornale fondato da una cinquantina di yiddish socialisti nell’aprile del 1897 – oggi Jewish Daily Forward) a realizzare un reportage che lo vedrà impegnato per mesi.
L’anno è il 1926 ma in realtà, si tratta della seconda volta che Israel Joshua Singer si reca in Russia: infatti, nel 1918 da Kiev andò fino a Mosca, alla ricerca del senso della rivoluzione bolscevica, un’esperienza che lo deluse profondamente. Il 1926 è, quindi, un ritorno in una terra ove era già stato e tutto ciò che trasse da questo secondo viaggio fu poi da lui raccolto e pubblicato nel 1928 con il titolo La nuova Russia.
Nel far questo genere di pellegrinaggio Israel Joshua Singer è stato in compagnia di altri: come scrive Francesco M. Cataluccio nella nota a conclusione del volume “diversi intellettuali ebrei occidentali andarono a visitare e a scoprire il mondo ebraico delle regioni orientali della Polonia, dell’Ucraina e della Biolorussia” (p. 270). Un solo nome tra i tanti: Joseph Roth, di cui è pubblicato in italiano Viaggio in Russia (Adelphi, 1981). Ma è opinione diffusa che solo Singer abbia resocontato in modo del tutto sincero e diretto ciò che vedeva e che sperimentava, pur essendo il sentimento di delusione comune a Roth e anche a un altro viaggiatore, Walter Benjamin.
Il paradiso socialista è esistito solo nelle narrazioni parziali, abbellite o distorte dalla propaganda locale, mentre l’ebraicità incontrata in quelle terre appariva molto, molto distante da quella dell’Europa centrale, segnatamente la Germania.
“Durante i miei viaggi in treno, i passeggeri hanno cercato spesso di indovinare la mia professione. Alcuni mi hanno preso per un agente di commercio, altri per un venditore di burro, altri per un mercante di pelli conciate. A Bobrujsk mi scambiarono per un guardaboschi” (p. 107).
Leggendo queste pagine si vive la curiosità di Singer nel parlare, dialogare e scoprire la realtà che gli era intorno: “ancora una volta, vecchio e nuovo camminano a braccetto” (p. 24).
Curiosità, volontà di capire “l’eterna antipatia tra i sazi e gli affamati” (p. 78), tendenza a domandare – spesso anche con domande apparentemente semplici emergono elementi di grande spessore – e mantenimento del proprio pensiero e di un atteggiamento libero da pregiudizi. Cosa facilitata essendo, questa del 1926, la sua seconda visita in Russia, che si pone ad alcuni anni di distanza dall’inaugurazione della Novaja Ekonomičeskaja Politika, la Nuova Politica Economica – NEP, inaugurata da Lenin nel 1921.
Osservatore acuto, anche delle più piccole cose come i nomi delle strade ribattezzate Lenin, Stalin, Karl Marx e via Rivoluzionaria, attraversa “città anonime e tristi, un paesaggio di ciminiere di fabbriche, muri in pietra, fumi maleodoranti” (p. 121), soffermandosi a dialogare con gli osti e ristoratori che hanno come clientela russi, polacchi, tedeschi, bulgari, moldavi, greci, armeni, georgiani, siriaci, tatari, lituani, cechi, estoni, zingari e, naturalmente, ebrei.
Nelle città “la gente vive ammassata, su ogni porta è incollato un foglio con dei numeri che indicano quante volte bisogna suonare per ogni singolo inquilino” (p. 128).
Odessa e la Crimea emergono da queste pagine di viaggio come fantasmi mentre Singer si ferma a parlare prima con un giudice e poi con uno psicologo (a cui sono dedicati due capitoli, mentre un terzo capitolo è drasticamente intitolato Uomini), rimanendo colpito dall’efficienza e dalla vita delle comuni dei pionieri. Ma “lo puoi incontrare ovunque – in treno, al ristorante, in un negozio. Il suo cappotto è sempre un po’ liso, le scarpe lustre ma consumate, il colletto lindo ma stretto, un berrettuccio proletario sulla testa, che però non sta lì in modo naturale…” (p. 201): è l’uomo impoverito, di cui si narra nel capitolo 33.
Così, dopo aver reso omaggio a Lenin – “adesso l’icona, l’immagine sacra della nuova Russia contemporanea, è Vladimir Lenin” (p. 220), aver visitato Kiev, una città su cui Singer trova difficile scrivere anche per i ricordi che si affollano nella sua testa, ed essersi spinto fino alla città di Berdičev, ecco finalmente il rientro, “finalmente Stolbtsy, il posto di frontiera – una frontiera che non separa semplicemente due paesi, ma due mondi” (p. 255).
“La conclusione amaramente lucida di I. J. Singer, dopo il suo secondo e ultimo viaggio nella Russia dei soviet, è che del comunismo di guerra non pare esser rimasta traccia” (Cataluccio, p. 276).
Israel Joshua Singer (Yisroel Yehoshua Zinger) è nato a Biłgoraj il 30 novembre 1893 ed è scomparso a New York il 10 febbraio 1944.
Fratello maggiore di Isaac Bashevis Singer (premio Nobel per la letteratura nel 1978, di cui Adelphi ha tradotto numerosi testi), ha vissuto in Polonia (Varsavia) e in Unione Sovietica ed è emigrato nel 1934 negli Stati Uniti.
Israel Joshua Singer è stato un prolifico scrittore polacco, autore di romanzi e di racconti in yiddish, ritenuto messo in ombra dalla fama del fratello e riscoperto di recente in Francia e poi in Italia per merito di un suo romanzo pubblicato nel 2013 La famiglia Karnowski (Adelphi, ora in tredicesima edizione). Secondo di quattro figli, ebbe con il padre un rapporto assai difficile e maturò ben presto una propria, personale visione del mondo, fuggendo da casa per non dover diventare rabbino: dall’ortodossia ebraica sviluppò un animo illuminista, critico verso la lingua madre (yiddish), e sostenne la Rivoluzione Bolscevica per poi allontanarsene deluso e amareggiato.
Il libro La nuova Russia è a cura di Elisabetta Zevi, tradotto da Marina Morpurgo, e con una nota conclusiva a firma di Francesco M. Cataluccio dal titolo Uno scettico nel paese dei soviet.
Andrea Castiello d’Antonio