Philip Haythornthwaie
Ed. LEG, Gorizia 2018
pagg. 118
Caratterizzata da un forte spirito di corpo, la fanteria britannica non avrebbe raggiunto risultati eccellenti se non fosse esistito un altro fattore importante a caratterizzarla, la tattica, oggetto di questo saggio, il cui autore è uno storico di fama internazionale, specializzato in storia militare.
"Nel periodo che precedette l’inizio delle guerre rivoluzionarie francesi, la fanteria britannica non aveva un sistema di addestramento uniforme, pertanto ogni ufficiale in comando manovrava il reggimento a modo suo." Era quindi difficile che le truppe di una brigata riuscissero a effettuare manovre coordinate.
Fu David Dundas, un ufficiale inglese, nato nel 1735, a pubblicare, nel 1788 un manuale, Principles of Military Movements, che aveva lo scopo di fornire un sistema di regole pratiche, e dove erano descritte le Diciotto Manovre che costituivano la sequenza da eseguire durante una parata.
La principale formazione tattica della fanteria era il battaglione, in quanto, anche se "un reggimento poteva comporsi di due o più battaglioni, era molto raro che due di essi, appartenenti allo stesso reggimento, servissero fianco a fianco."
Il battaglione, a sua volta, era costituito da 10 compagnie. "Il movimento delle truppe si basava su due tipi di formazione, la colonna e la linea, la prima delle quali era generalmente costituita dalle compagnie di un battaglione disposte una dietro l’altra." E se per gli spostamenti la manovra in colonna era quella ideale, perché garantiva la coesione e la regolarità del passo di marcia, "per il combattimento la formazione preferita era quella in linea, se non altro perché consentiva di aprire il fuoco con tutti i moschetti simultaneamente." E, poiché le truppe dispiegate in linea erano vulnerabili agli assalti della cavalleria, una valida difesa contro questi era il quadrato, dove tutti i ranghi guardavano verso l’esterno, con il primo o i primi due inginocchiati. Al centro di esso c’erano gli ufficiali, le bandiere e i musicanti e, al suo interno, potevano essere trascinati i feriti. Gli ordini, impartiti dal comandante di battaglione, venivano ripetuti da ogni ufficiale di compagnia.
Come ausilio, per la trasmissione degli ordini, potevano essere impiegati il tamburo o la cornetta. "Le bande musicali reggimentali potevano suonare per alzare il morale durante la marcia o addirittura in azione, ma non erano impiegate per trasmettere ordini."
Il moschetto a pietra focaia era l’arma in dotazione alle truppe. "Molte statistiche dell’epoca dimostravano l’imprecisione e la gittata limitata di quest’arma, derivanti sia dai suoi limiti tecnici, sia dall’incapacità del tiratore." La sua efficacia diminuiva in modo significativo con l’aumentare della distanza. "Il tiro di moschetteria poteva essere effettuato in modi differenti, o con una salva o con il cosiddetto fuoco di fila. Quest’ultimo comportava che ciascuna fila di due o tre uomini sparasse e poi ricaricasse mentre quella successiva faceva fuoco a sua volta."
I francesi, per l’attacco, utilizzavano la colonna, investendo, con questa, il nemico, ma dove, però, solo i primi ranghi erano in grado di sparare. A volte la colonna si disponeva in linea poco prima di ingaggiare il nemico, in modo da impiegare il maggior numero di moschetti. Gli inglesi, invece, si disponevano in linea. "A contrasto con l’animazione e il rumore che accompagnava un’avanzata francese, l’assoluto silenzio e l’immobilità della linea britannica erano profondamente inquietanti per gli attaccanti." E questo produceva un effetto psicologico importante sui francesi.
Altro fattore psicologico era la carica alla baionetta. "Le cariche venivano in genere lanciate solo contro un nemico già indebolito dal tiro dei moschetti e che spesso si sarebbe ritirato prima che le baionette gli arrivassero addosso. […] Gli uomini sanno, psicologicamente e fisiologicamente che essa bucherà la loro carne e ne farà uscire la vita, e perciò la evitano."
Il libro, infine, è impreziosito da tavole illustrate e commentate che permettono di visualizzare alcuni degli argomenti in esso riportati.
Gianlorenzo Capano