Riccardo Lancioni
Ed. Chillemi
pagg. 112
La Guerra dello Yom Kippur fu un conflitto altamente tecnologico, in cui le Tzahal (le Forze Armate dello Stato d’Israele), almeno nella fase iniziale, furono costrette sulla difensiva, prese di sorpresa dall’offensiva congiunta egiziano-siriana nel Sinai a sud e sulle alture del Golan a nord (l’intero apparato di Intelligence israeliano era “distratto” dalla ricerca degli attentatori di Monaco).
Il lavoro di Riccardo Lancioni – ufficiale della Marina Militare e analista di Geopolitica – colma una lacuna durata quasi mezzo secolo. Infatti, “La Guerra per il Sinai”, è la prima opera letteraria, organica, sul conflitto arabo-israeliano del 1973 scritta da un autore italiano.
Lancioni parte dalla genesi del conflitto, ovvero la Guerra dei Sei Giorni combattuta nel giugno del 1967. In quell’occasione lo Stato d’Israele non aspettò l’attacco arabo ma lo prevenne colpendo per primo le basi aeree egiziane, distruggendo così, al suolo, centinaia di velivoli e impedendo ogni possibilità di reazione da parte delle forze di Nasser. Stessa sorte ebbero i siriani sul Golan, incapaci di arginare l’offensiva delle Tzahal, le quali potevano disporre di un corpo corazzato ben addestrato, di piani efficaci e, soprattutto, del completo dominio dei cieli.
La Guerra dei Sei Giorni terminò con la completa perdita della penisola del Sinai da parte dell’Egitto. Comincia la cosiddetta Guerra d’Attrito. Per proteggersi dal prossimo conflitto, praticamente sicuro dato il tenore delle dichiarazioni della Lega Araba, Israele comincia a edificare, nel Sinai, fortificazioni campali. “Il moderno Israele intendeva costruirsi con cemento, acciaio, filo spinato e mine la propria garanzia di incolumità”. Il piano elaborato dal vertice politico-militare dello Stato Ebraico (denominato Sela) “si basava sull’assunto che gli egiziani avrebbero intrapreso le azioni di attraversamento in prossimità delle loro arterie stradali principali”.
In pratica si trattava di una difesa statica, composta da piccole fortificazioni (Linea Bar Lev). Una strategia difensiva che già la Storia aveva dimostrato essere fallimentare. Le forze di prima linea israeliane avrebbero dovuto contenere l’avanzata egiziana, in attesa dell’arrivo dei riservisti che avrebbero sferrato il contrattacco. Con tale strategia si sarebbe privato le prime linee della possibilità di una reazione immediata, sottoponendole al serio pericolo di una manovra d’accerchiamento. Uno stato come quello israeliano, con pochissima profondità territoriale e circondato da nemici, non può certo limitarsi ad azioni di contenimento.
Di contro gli egiziani cominciarono a ricevere equipaggiamenti e istruttori dai sovietici. Anche l’organigramma delle Forze Armate in base alle esperienze belliche precedentemente avute. Alle varie Armi venne proibita ogni forma di iniziativa autonoma e dovettero accettare la completa subordinazione al nuovo Stato Maggiore Generale, creato sul modello sovietico. L’obiettivo era quello di poter operare in modo combinato e pluriarma.
Il 28 settembre 1970 muore il presidente Nasser, il “padre” dell’Egitto moderno. Gli succedette Sadat, per il nuovo leader del mondo arabo la guerra era solo lo strumento di un progetto più ampio mirato a coinvolgere le due superpotenze. Il suo piano era quello di attaccare al fine di generare una nuova crisi e arrivare a una soluzione favorevole senza annientare Israele. Rinunciò ad agire nel 1972 perché a guerra Indo-Pakistana gli avrebbe rubato i riflettori internazionali, tuttavia un anno in più di preparativi si rileveranno determinanti per il successo dell’offensiva nel Sinai. Nonostante le incertezze e gli errori iniziali gli israeliani seppero reagire (anche grazie alla fornitura di equipaggiamenti da parte degli americani) e ribaltare la situazione, tuttavia il successo strategico della Lega Araba fu innegabile.
La Guerra del Kippur ebbe un grande impatto sulla politica israeliana e sull’opinione pubblica, anche internazionale. Innanzi tutto sfatò il mito dell’invincibilità delle IDF e dei suoi servizi d’informazione, ma soprattutto fece capire alla classe dirigente del Paese che gli arabi potevano essere un nemico temibile e che poche migliaia di perdite tra i militari non possono essere tollerate, dato il basso numero demografico di Israele.
Tiziano Ciocchetti