Salvatore Moschella
Ed. Titani, Roma 2021
pagg.183
L’autore, esperto di storia napoleonica e già ufficiale superiore medico dell’esercito, ha realizzato, nel Museo di Storia Militare di Catanzaro, l’ala napoleonica e risorgimentale e la sala dedicata alla Battaglia di Maida, battaglia oggetto di questo suo saggio che nasce dal voler descrivere il plastico (alle cui immagini, riportate in appendice - dove tutti i soldati e le loro uniformi, descritti minuziosamente nel libro, vengono rappresentati con dovizia di particolari - numerosi sono i richiami che vengono fatti durante il racconto) rappresentativo di una fase della battaglia stessa e conservato nell’apposita sala.
Dopo aver spiegato l’organizzazione e le tattiche di combattimento dei due eserciti, quello francese e quello britannico, che la mattina del 4 luglio 1806 si affrontarono nella piana di Maida, l’autore illustra sia le motivazioni che portarono a questo scontro che, successivamente, le fasi dello scontro stesso. "Nel Natale 1805, Napoleone, vittorioso di Austerlitz, appena firmata la pace di Presburgo, intraprese la detronizzazione dei Borbone di Napoli, i quali avevano avuto l’impudenza e l’imprudenza di siglare un accordo di alleanza militare con due potenze della terza Coalizione antifrancese (Gran Bretagna e Russia), nel medesimo momento in cui il ministro plenipotenziario di Ferdinando IV firmava a Parigi un patto di neutralità con la Francia e di non intervento nel conflitto in corso."
Da una parte quindi i francesi, che, con l’invasione del regno di Napoli,oltre a punire il tradimento dei Borbone, avrebbero consolidato "la posizione francese nello scacchiere mediterraneo sempre più dominato dalla marina britannica,con il fine ultimo di occupare la Sicilia per impedirne l’uso ai britannici", da cui deriva la necessità di occupare militarmente la Calabria, in modo tale da poter concentrare a Reggio la forza militare per occupare l’isola; dall’altra gli inglesi con il compito di difendere i Borboni e la Sicilia e di effettuare "eventuali limitate operazioni militari offensive contro le forze francesi presenti nel sud dell’Italia per contrastarne il concentramento a Reggio. Finalmente, nel giugno 1806, si presentarono le più favorevoli circostanze per organizzare un’operazione navale anfibia in Calabria con alte probabilità di successo. Il piano delle operazioni militari che stava per concretarsi fu chiamato in codice Descend on Calabria."
Le operazioni di sbarco delle truppe inglesi iniziarono - dopo che un convoglio inglese formato dalla Fregata Apollo, da due corvette e da più di venti vascelli da trasporto gettò le ancore nel golfo di Sant’Eufemia – la notte tra il 30 giugno e il 1° luglio 1806, su una spiaggia calabrese, presso Maida, paese in provincia di Catanzaro. 5800 soldati francesi, al comando del generale Reynier, si scontrarono con 5350 soldati britannici, al comando del generale Stuart. Fu la prima battaglia combattuta tra francesi e inglesi sul suolo continentale europeo e rappresentò sia la prima sconfitta della Grande Armée che "l’unica vittoria, anche se postuma, della terza Coalizione antifrancese."
La battaglia di Maida, o l’affaire de Saint Euphèmie, come fu chiamata dai francesi, per sminuirne l’importanza, dimostrò "al mondo intero, per la prima volta, che le armate napoleoniche non erano imbattibili." Fu qui che gli inglesi adottarono la famosa sottile linea rossa, vale a dire "lo snellimento dello schieramento lineare della fanteria da tre a due ranghi", soluzione che si dimostrò vincente "sull’azione tattica risolutiva all’arma bianca tanto cara ai francesi" che, dalla sera della disfatta, dovettero affrontare un nuovo tipo di guerra, non convenzionale, contro la popolazione calabrese e alla quale le truppe regolari non erano preparate. "La disfatta di Maida segnò l’iniziale declino del progetto planetario napoleonico; l’Imperatore ne avvertì il segno premonitore, tanto da scrivere al fratello Giuseppe in una lettera del 23 luglio 1806 appena informato della sconfitta subita a Maida: Gli errori commessi in Calabria mi costeranno tanto."
Gianlorenzo Capano