Le relazioni internazionali, con la comparsa di nuovi attori, hanno contribuito a mutare anche il concetto di sicurezza che, per la sua portata, non può rimanere relegato nell’ambito militare. Anche la strategia marittima non è immune ai cambiamenti e richiede degli aggiornamenti che, tenuto conto delle esperienze, valorizzino sia il know how attuale sia una capacità analitica in grado di fornire ipotesi efficacemente predittive a medio e lungo termine.
Il potere marittimo, concetto diventato di natura più geopolitica che strategica, dispone di mezzi sì tradizionali ma attualmente indirizzati verso scopi mirati essenzialmente alla protezione delle SLOC1 dalle minacce asimmetriche, favorite dai passaggi obbligati cui è interessato il traffico mercantile per circa il 90% di prodotti industriali e commodities.
Alcuni osservatori hanno affermato che la fine della Guerra Fredda ha condotto ad un’era post navale da considerarsi come non più caratterizzata da aspetti blue, oceanici, ma brown, costieri; in realtà le talassocrazie, in quanto tali, utilizzano ancora le loro Marine militari quali strumenti di politica estera; l’ambasciatore americano a Mosca, Huntsman, imbarcato sulla CVN Lincoln (foto apertura) in navigazione nel Mediterraneo, ha avuto modo di lanciare un preciso messaggio ai competitor russi semplicemente affermando che “…quando hai 200mila tonnellate di diplomazia che incrociano nel Mediterraneo – cosa che io chiamo diplomazia, o diplomazia operativa avanzata – non serve dire niente altro, hai tutta la fiducia in te stesso per sederti e cercare di trovare soluzioni per i problemi che ci hanno diviso per tanti, tanti anni”; due gruppi americani da battaglia a poca distanza dalla Libia, sono stati un messaggio in chiaro anche per Haftar, al-Sarraj, l’Egitto, la Francia ed anche per il nostro Paese, delegato dall’amministrazione Trump alla gestione di una situazione sfuggita al controllo.
Concettualmente la Marina è dunque non solo espressione di politica estera, ma anche di politica e di proiezione di potenza di uno Stato: la difficoltà sta nel comprenderne l’essenza sapendola poi declinare a vantaggio della Nazione, aspetto questo di difficilissima attuazione, proprio per l’intrinseca natura politica dell’esercizio della forza. La prosperità generale, vincolata al libero uso degli spazi marittimi resi sicuri dalla presenza attiva delle Marine, richiede inevitabilmente un maggiore impegno di risorse e di capacità navali per poter essere garantita.
Isole potenti e vulnerabili
Il problema si pone nei termini di come dovrebbe essere strutturata una Marina militare, quale espressione di esercizio politico in senso lato. Negli USA, almeno per i prossimi 30 anni, il centro di gravità navale rimarrà attestato sui gruppi da battaglia di portaerei ed altri gruppi di proiezione costituiti da unità d’attacco ed anfibie.
La Navy, spina dorsale della capacità strategica oltre orizzonte, e che si basa sui quattro temi classici di deterrenza, sea Control, power Projection e sicurezza marittima può vantare esperienza operativa e know-how tecnico senza rivali sia per la logistica che per l’operatività di una flotta basata sulle portaerei, una competenza strategica fondamentale nell’instabile contesto del XXI secolo dove, anche in ambito NATO, non si è potuto che apprezzare la ricostituzione della 2 Flotta Atlantica che, come le altre, può garantire un ombrello transoceanico con una superiorità informativa di portata globale. In tale contesto, il ruolo in passato proprio delle corazzate, ora è interpretato dalle portaerei, le Unità Navali capaci di proiettare potenza a grandi distanze; del resto a Taranto già nel novembre del 1940 abbiamo sperimentato direttamente la letalità del mezzo aeronavale inglese, divenuto poi l’icona del deterrente potere militare USA.
I problemi di bilancio, tuttavia, nel tempo hanno contribuito a formare diverse linee di pensiero, orientate sia al potenziamento delle unità polivalenti portaelicotteri come le LHA classe Tarawa2 o le LHD classe Wasp da collocare negli hot spots globali, sia allo sviluppo della componente UAV/UCAV3, ambedue in grado di consentire contenimenti della spesa, ma con una contestuale riduzione della componente aeronavale. Le LHA potrebbero dunque essere votate ad una power projection in un contesto offensivo in zone caratterizzate da azioni asimmetriche, con missioni d’attacco di precisione ma su pochi target con una minaccia limitata, e con la possibilità di esprimere la massima capacità bellica anfibia. Il problema operativo, che mal si concilia con le ragioni contabili, pone dunque dei limiti in funzione degli obiettivi perseguiti: data l’attuale realtà sembra impossibile privarsi della funzione deterrente delle portaerei, come non sembra opportuno rinunciare ad imporre una superiorità aerea quanto mai necessaria sia all’implementazione delle operazioni di sbarco, sia all’interdizione profonda, operazioni ancora non sostenibili dagli attuali droni, privi sia della necessaria velocità sia dell’indispensabile carico bellico.
Le linee guida del SECNAV4 contengono tre termini che impongono la preservazione di una Marina quale espressione politica di potenza: forward, engaged, ready; disponendo in avanti le forze navali si intende usare il mare come spazio di manovra garantendosi liberi accessi, difendendo gli interessi americani ovunque, precludendo le vie marittime ai potenziali nemici, ed inibendone le capacità A2/AD5.
Il potere marittimo USA si fonda dunque su 11 portaerei a propulsione nucleare protette da gruppi navali costituiti da incrociatori lanciamissili, cacciatorpediniere, fregate e sommergibili d’attacco, uno spiegamento di forze giustificato dal valore delle navi e soprattutto dalla loro rilevanza strategica, ma che non ha impedito al sommergibile francese Saphir (foto) nel 2015, durante un’esercitazione, di mettere a segno il colpo che ha virtualmente affondato la Roosevelt (7 anni prima l'impresa era riuscita ad un sottomarino italiano... v.foto, ndd), ridotta ad una costosa isola vulnerabile. Il dibattito innescatosi non ha tuttavia lasciato alternative alle attuali necessità belliche americane soprattutto in chiave anti cinese, con una sorta di riedizione della dottrina Kennan in versione asiatica, e che hanno determinato il perfezionamento della Gerald Ford, ed il finanziamento di ulteriori allestimenti per oltre 81 miliardi di USD; il tutto, anche considerando il possibile impiego dei boomer, i sommergibili nucleari progettati per deterrere, resistere e reagire a qualsiasi attacco sul suolo nazionale, si risolve nella decisione di affidare tutto il proprio potere marittimo a 11 obiettivi potenzialmente esposti ad attacchi a sciame con munizionamento relativamente meno costoso.
Oceani poco Pacifici
Al momento la Cina sembra essere l’unica in grado di impensierire gli USA, benché la sua ascesa a potenza marittima non sia dettata da un desiderio di sfida per il dominio globale, quanto dalla necessità di tutelare gli interessi nazionali in teatri geopoliticamente instabili. Malgrado non si possa ancora parlare di chiara competizione tra le due marinerie, è indiscutibile che la crescita cinese negli ultimi venti anni sia stata sostanziale.
Per curare la perdurante mancanza di un conflitto, definita dal Quotidiano dell’EPL6 come la malattia della pace, il Dragone ha incrementato le esercitazioni nel Mar Cinese Meridionale, perfezionando la strategia di interdizione dello spazio e sviluppando la tecnica asimmetrica sia dello costituzione delle isole artificiali negli arcipelaghi Paracel e Spratly, sia del dispiegamento di droni. Lo sviluppo tardivo della componente aeronavale, che risiede essenzialmente nel fatto di non essere funzionale all’attuazione dell’A2/AD, non ha tuttavia fermato né gli allestimenti né il reclutamento e l’addestramento dei piloti per il nuovo caccia imbarcato J-15: dopo la Liaoning, di fabbricazione ucraina e con notevoli limitazioni tecniche, ha lasciato gli scali la Shandong che, pur non rappresentando un effettivo salto di qualità, ha tuttavia richiesto tempi relativamente limitati di costruzione, in linea con le più urgenti richieste del Partito, votato alla realizzazione degli obiettivi economici della Via della Seta. Quel che rileva è che, dal 2020, la Cina potrebbe (ottimisticamente) disporre di quattro portaerei, per puntare a schierarne dieci entro il 2049, anno indicato da Xi Jinping come quello del risorgimento della Nazione.
Al di là dell’oleografia di regime, l’impatto del mezzo aeronavale potrebbe tuttavia avere una rilevanza minore di quanto ci si attenda, dato che le unità navali cinesi potrebbero trovarsi esposte alla potenza di fuoco sia dei mezzi USA sia di quelli dell’altra potenza risorgente, il Giappone che, impegnato in una complessa revisione costituzionale in cui le Forze Armate tornerebbero ad assumere ruoli diversi dagli attuali, ha impostato il progetto di trasformazione dei Caccia portaelicotteri Izumo in portaerei leggere.
Mentre il Regno Unito è impegnato in un oneroso refitting della pur nuovissima Queen Elizabeth, la Russia rimane il fanalino (marittimo) di coda, prossima a dismettere l’unica (ed obsoleta) unità porta aeromobili in servizio, la Kuznetsov, per forti carenze di bilancio che non sembrano permettere progetti concreti di particolare rilevanza, eccezion fatta per i missili ipersonici.
Senza se e senza ma?
Parlare oggi di portaerei e di aviazione imbarcata, significa ragionare su una delle forme più complete di power projection, insieme a quella missilistica anti-territorio ed a quella anfibia, ma sicuramente più costosa e riservata ad un club esclusivo. Se è vero che anche le piccole portaeromobili (Garibaldi o Cavour) possono operare fattivamente7, è altrettanto vero che solo le grandi portaerei convenzionali CTOL8, e non STOBAR9, sono quelle che possono fare la differenza. Un elemento che potrà influire fortemente, a favore anche delle Marine piccole, sarà offerto dall'immissione in servizio degli F-35, il cui vantaggio su tutti gli altri velivoli e nelle operazioni di power projection è, al momento, incommensurabile.
L’efficacia dell’azione dell’aviazione navale è tuttavia limitata dai progressi nella strategia A2/AD; attualmente la U.S. Navy si trova in una condizione svantaggiata, dato che il raggio operativo dei propri velivoli è tale o da costringere a rivedere migliorativamente le macchine a disposizione, o da obbligare le portaerei ad avvicinarsi alla costa, ovvero alla bolla protettiva A2/AD, sfidando la minaccia dei missili ipersonici cinesi che, prossimi all’entrata in servizio, volano ad una velocità compresa tra i 5.000 ed i 25.000 km orari e che, insieme agli UCAV, possono ridefinire compiti e missioni dell'accoppiata nave-aeromobile; a ciò va aggiunto l’aspetto connesso agli aerorifornitori in numero più significativo e soprattutto da difendere.
Che l’aviazione navale sia importante è fuori di dubbio, ma che debba essere accettata senza se e senza ma può essere oggetto di discussione, portando il focus su come sia cambiata nel tempo e su come potrà mutare in futuro, soprattutto accettando il principio per cui il suo sviluppo debba necessariamente essere correlato ad un progresso anche negli altri settori operativi.
Il problema torna dunque a farsi politico e di lunga scadenza, specie in funzione del significato attribuibile ad un mezzo come l’F-35 che porta a rimanere in un’orbita statunitense, e che costituisce spesso il campanilistico, ottuso, autolesionista e reiterato oggetto del contendere tra Forze Armate.
1 Sea Lines Of Communications
2 Landing Helicopter Assault/Landing Helicopter Dock: navi portaelicotteri con possibilità di imbarcare velivoli a decollo ed atterraggio verticali e dotate anche di un bacino allagabile per i mezzi da sbarco dell’USMC, interessate all’ambito delle operazioni anfibie
3 Unmanned aerial vehicle/Unmanned combat aerial vehicle
4 Secretary of the Navy
5 anti-access/area denial
6 Esercito Popolare di Liberazione
7 Vd. la partecipazione italiana ad Enduring Freedom o alla guerra di Libia, quando l'aviazione navale svolse il 50% delle missioni aeree italiane
8 Atterraggio e decollo convenzionali