Nelle ultime settimane del 2022, il consolidamento della linea difensiva russa “stratificata” ad est del fiume Dnepr e le trincee scavate nel Donbass, sembravano confermare l’utilità per Mosca di arrivare ad un rallentamento delle operazioni militari in Ucraina. Eppure, “rallentamento” non equivale a “stasi”, anzi, la necessità di movimento e di azione volta ad aggiustamenti tattici e, ove possibile, anche ad invertire l’iniziativa strategica, è ben presente. Parimenti, rallentare le operazioni non equivale affatto alla volontà politica di avviare trattative con Kiev ed è ben più probabile che ai russi serva tempo per iniziare a sfruttare gli effetti benefici – veri o solo presunti lo potrà dire il campo di battaglia – della mobilitazione parziale e quindi della maggiore disponibilità di truppe e risorse; benefici ad oggi non ancora calcolabili in quanto, ma si era detto già in ambienti militari russi all’epoca dell’annuncio di mobilitazione di Putin, i provvedimenti per l’aumento organico delle truppe non avrebbero portato a sostanziali cambiamenti prima di sei-sette mesi.
La stessa strategia del generale Surovikin (che resta quella da seguire nonostante al comando sia subentrato dall’11 gennaio Gerasimov), basata sulla pressione in profondità contro le infrastrutture e le catene logistiche ucraine, può avere risultati di un certo tipo solo se poi si potrà disporre di forze dall’alta capacità manovriera e ben armate che, ad oggi, la Russia non è in grado di schierare.
A tal proposito si sottolinea la scelta di non gettare nella mischia immediatamente i riservisti e le truppe neo-mobilitate che necessitano ancora di addestramento e di aggiornamento, preferendo affidarsi ad unità più esperte nei settori chiave, come la presenza massiccia dei mercenari della Wagner a Soledar (secondo i servizi segreti britannici, i combattenti della società di Evgenij Prigožin costituiscono il 10% delle forze totali impiegate dai russi in Ucraina) indica.
L’offensiva russa attualmente in corso lungo la linea Berestove-Klishchiivka, con epicentro Bakhmut, nel Donbass, evidenzia l’importanza di quel fronte nel quale si gioca la vera partita della guerra, nonostante in alcuni momenti, specie nella fase immediatamente successiva alla grande controffensiva ucraina dell’estate scorsa, fosse apparso ai più come uno scenario di secondaria importanza rispetto all’ampia fascia del Dnepr e del litorale sud-occidentale.
Nella battaglia attorno a Bakhmut sembra riprodursi lo stesso schema degli scontri per la conquista di Sievierodonetsk e Lysychansk, con i russi che hanno prima circondato e poi attaccato in profondità al centro delle città e gli ucraini che hanno optato per una difesa ad oltranza, scatenando nei fatti una materialslacht, con l’obiettivo di fungere da “incudine”, attirare più forze nemiche possibili in uno scenario ristretto ed impedire lo sfondamento immediato di un’ampia porzione della linea del fronte.
Lo schieramento difensivo ucraino fa perno su Kramatorsk e la conquista di Bakhmut da parte russa scatenerebbe, con molta probabilità, una nuova “crisi tattica” per le forze di Kiev. Allo stato attuale è difficile immaginare quanto in avanti possano spingersi i russi, anche alla luce delle considerazioni sopra esposte circa la loro reale capacità di portare avanti un’offensiva su grande scala, ma allo stesso tempo, il rischio di crisi del sistema difensivo nel Donbass, spiega la resistenza “fino all’ultimo uomo” degli ucraini.
Una strategia di rallentamento delle operazioni in attesa di tempi migliori, che non “trascina” con sé una tattica attendista, ma impone quasi attivismo, è la riprova che anche tutte le retoriche e le vecchie analisi basate sul mito del “Generale Inverno” sono state definitivamente sorpassate dalla guerra tra Russia ed Ucraina. Non esiste più la “pausa operativa” ed entrambe le parti sono, in vari settori, all’offensiva.
Per assurdo che possa sembrare, chi non ha l’iniziativa sul campo è obbligato a non cristallizzare il fronte e questo spiega perché le truppe russe abbiano scatenato un’offensiva nel Donbass in questa fase.
Da inizio dicembre il presidente Vladimir Putin ha iniziato a parlare pubblicamente dei preparativi in atto per una guerra di lunga durata, riflettendo anche sugli errori strategici e tattici che la Russia ha finora commesso nella conduzione delle operazioni in Ucraina.
Putin ha individuato quattro priorità: il miglioramento del processo di mobilitazione, la rivitalizzazione del sistema produttivo del complesso industriale-militare, il rafforzamento dei controlli statali sui media e l’aumento dei poteri in capo al Ministero della Difesa. Resta da vedere quanto di questo programma politico-militare complesso voluto dal Cremlino possa essere effettivamente messo in pratica nei prossimi mesi.
Nel frattempo il martello russo colpisce con violenza nel Donbass sperando nella “crisi tattica” ucraina o, quantomeno, nell’impossibilità di reazione da parte di Kiev.
Foto: MoD Fed. Russa / MoD UK