L'associazione terroristica di matrice fondamentalista islamica (ISIS) sta eseguendo un massiccio programma di reclutamento che si propone all'avanguardia diffondendo notizie delle sue presunte vittorie e delle sue efferatezze attraverso i social media e Internet.
L'elemento psicologico che si può ravvisare in tali procedimenti è quello della ricerca di fare leva sul senso del dovere religioso delle potenziali reclute che, il più spesso delle volte si rappresentano come soggetti che non posseggono una profonda conoscenza dell'Islam: individui credenti e praticanti, non capaci di possedere un senso critico sul proprio Credo, possono infatti venire attratti da un sistema semplice in black and white, un noi contro loro, convinzione che, storicamente inculcata dalla maggior parte delle scuole coraniche, domina oggi tra i giovani.
Le nuove leve vengono sedotte da visuali avventurose che vengono prospettate come una possibilità di sfuggita alle frustrazioni della vita occidentale. Dai report d'intelligence traspare come gli adolescenti e le donne - più facilmente impressionabili - siano le vere prede ad essere attratte dai "cattivi ragazzi" jihadisti che vantano delle loro sanguinarie gesta. Avanti a questo problema le azioni dei governi mirano ad interrompere il flusso di manovalanza al terrorismo e per questo assistiamo al recente lavoro di cattura di affiliati a cellule islamiche.
Le ragioni che spingono questi soggetti ad abbracciare l'estremismo violento trovano spesso contezza nella povertà e nell'oppressione. I dati raccolti dalle dichiarazioni biografiche rese da questi soggetti evasi nel Medioriente suggeriscono una serie di motivazioni verso tali atti: alienazione, crisi personali, insoddisfazioni legate alla propria vita spirituale o mere crisi adolescenziali.
Secondo le stime di intelligence circa ventimila combattenti di altri Paesi si sono uniti alla lotta in Siria ed in Iraq. La maggior parte si ritiene membro dell'ISIS e costituiscono gran parte della forza dell'associazione. Le provenienze sono varie: sia, per la maggioranza, da altri Paesi arabi, che, circa il 15%, da parte di zone occidentali, in particolare dall'Europa. Il primo ministro francese ha recentemente riferito che - dai dati a sua disposizione - il numero totale degli europei che migreranno in Medioriente per la causa terroristica potrebbe salire a diecimila entro la fine dell'anno.
Il grosso distinguo rispetto agli altri gruppi jihadisti è quello che ISIS pubblicizza la sua violenza in modo tale da farla apparire quasi totalmente illimitata. Tutto ciò è fine all'attrazione di soggetti che non solo non vengono urtati dalle immagini grafiche di esecuzioni di massa, decapitazioni, crocifissioni e incendi, anzi sono attratti dalla possibilità di partecipare a tali atrocità.
La strategia posta in essere è quella di creare una popolazione pericolosa di soggetti spietati che non trovano una collocazione pacifica nella vita quotidiana, una minaccia terroristica che deve sopravvivere anche all'eventuale distruzione dell'ISIS. In tale caso potremmo assistere alle operazioni di individui volontari che pongono in essere missioni suicida, eventi nello stile dei fatti di Londra del 2005 per poter fomentare il caos nella popolazione civile ovvero eventi di stile inferiore come quello di irruzione in locali mirati, come per gli eventi più recenti di Parigi ed Ottawa. Un attacco in stile 11 settembre - destinato ad altre aree rispetto quella statunitense - appare oggi improbabile visto l'attuale grado di vigilanza delle aree considerate a rischio.
Di questi soggetti alcuni migrano in Afghanistan, dove ISIS ha una fonte florida, altri nel Caucaso, una linea di fronte ancora incerta con la Russia, o in Libia, dove si è trovato un terreno fertile di nuovi alleati.
Ad oggi la sconfitta di ISIS potrebbe trasformarsi in uno scenario di massacro: i sunniti potrebbero infatti reagire con un massiccio attacco all'Occidente che potrebbe essere visto come il conquistatore, si potrebbe ovvero generare un moto di vendetta. Questa è la ragione per cui l'attacco alla minaccia terroristica in forma indiscriminata sarebbe un assurdo, questa la ratio che deve spingere a continuare sulla linea della mappatura dei soggetti considerabili a rischio finalizzata alla loro cattura e inertizzazione. Solo successivamente sarà possibile debellare alla fonte la minaccia terroristica.
La capacità dei combattenti islamici di porre in essere operazioni terroristiche su vasta scala può essere limitata, ma le loro intenzioni non sono. La prospettiva della capacità di azioni violente è una forte attrazione per un gruppo terroristico e l'ISIS ha stabilito un suo cardine nella brutalità ed efferatezza delle azioni.