Inermi

(di Paolo Palumbo)
01/08/16

Lo Stato Islamico è stato fedele alle sue promesse trasformando il mese del Ramadan in un susseguirsi di terribili attentati che hanno sconvolto il mondo intero. Se dal punto di vista militare le forze dell’ISIS stanno concedendo terreno alle forze irachene e siriane, l’arma del terrorismo si conferma il metodo migliore per conseguire vittorie ben più importanti che non una città o una postazione vicina a Mosul. Brian Michael Jenkins ha paragonato il terrorismo ad un “teatro” e mai come in questo momento gli attori principali stanno dando prova di grande recitazione, lasciando il pubblico attonito, privo di ogni volontà. Pochi giorni fa l’Italia ha pianto i suoi morti in Bangladesh, facendolo a modo suo, sterile da ogni reazione sul piano politico, ma con un’offensiva mediatica morbosa, al limite del tollerabile, portando in piazza vita, morte e miracoli delle vittime senza dare alcuna risposta concreta.

Attacchi suicidi o azioni militari?

In primo luogo occorre fare delle distinzioni utili a non cadere in errori comuni a molta carta stampata o telegiornali. Episodi come quello di Dacca, o quello più recente di Nizza non sono da enumerarsi tra gli attacchi suicidi. Un attacco perpetrato da uno shaihd, infatti, presuppone la morte dell’attentatore, non per mano degli altri, ma per sua stessa volontà. L’attentato all’aeroporto di Bruxelles del marzo scorso è un attacco suicida poiché i terroristi, dopo aver seminato il panico con le armi leggere, hanno innescato la loro cintura di morte facendosi deflagrare. Lo stesso dicasi per le esplosioni avvenute davanti allo Stade de France nel novembre del 2015 le quali, per fortuna, causarono la morte degli attentatori coinvolgendo soltanto un innocente; molto più drammatico fu l’episodio del teatro Bataclan anche in quella circostanza i terroristi agirono combinando il fuoco delle mitragliatrici ai giubbotti imbottiti di esplosivo.

A Dacca i quattro jihadisti dello Stato Islamico non erano legati ad alcuna carica detonante e la loro irruzione nel ristorante aveva tutte le caratteristiche di un assalto militare: sebbene avessero con se alcune granate, usarono soprattutto armi automatiche e non ultimi attrezzi da taglio per infierire su tutti coloro che non sapevano recitare i passi del Corano. Tutti e quattro sapevano che le loro probabilità di sopravvivere ad uno scontro a fuoco con la polizia erano basse, ciò nondimeno erano consapevoli di avere almeno una possibilità di fuggire o, nella peggiore delle ipotesi, rimanere feriti ed essere catturati.

Anche il fatto drammatico di Nizza non è da considerarsi un attacco suicida poiché il tunisino che guidava il camion poteva essere fermato o ucciso sul colpo ben prima che iniziasse la sua folle corsa assassina. Questo non è avvenuto e disgraziatamente si sono viste le conseguenze: lo jihadista è deceduto crivellato dai colpi della Police Nationale, portandosi con se oltre 84 vittime tra cui numerosi bambini e oltre 200 feriti.

Il trait-d’union che collega i diversi attentati è appunto la rivendicazione del sedicente Stato Islamico il quale può contare sull’appoggio di un’arma micidiale nascosta in ogni città dove risiedano giovani musulmani - non necessariamente emarginati - dotati di una connessione internet. L’impianto del terrore – come afferma Franco Iacch – viene interamente elaborato in rete: il percorso di fede è oramai diventato una questione di password e download che permettono l’accesso alle istruzione su come costruire una bomba o procurarsi l’arma adatta per ogni tipo di obiettivo.

I terroristi di Parigi, Bruxelles, Dacca e Nizza hanno in comune il fatto di aver agito autonomamente, come cellule più o meno collegate con la base centrale dello Stato Islamico il quale ha subito rivendicato la paternità di tutti gli attentati.

Lupi solitari e Branchi di lupi

L’azione di individui o gruppi isolati influenzati dallo Stato Islamico o da al-Qaeda, ma non direttamente connessi alle organizzazioni, è diventato il fenomeno più comune e pericoloso che ha colpito l’Europa e il resto del mondo dopo l’attentato delle Torri Gemelle. Il rafforzamento di questo tipo di terrorismo “per delega” si è auto generato dalla frammentazione di al-Qaeda avvenuta dopo il 9/11 ed ora sembra essere diventata l’arma principale usata dall’ISIS1. Tutto quindi è riconducibile ad una manifesta difficoltà militare del mondo radicale islamista che non riesce a sostenere le pressioni militari messe in atto dalla coalizione.

Malgrado lo Stato Islamico stia regredendo dal punto di vista geografico, nulla ha intaccato la sua forza ideologica che, come per i Foreign Fighter, è un male facilmente esportabile e a rapida diffusione. Secondo l’analisi di Marc Sageman, immediatamente dopo l’attentato suicida di New York e l’avvio di Enduring Freedom, gli attentati organizzati e guidati direttamente da al-Qaeda Core (il nucleo direttivo di bin-Laden) furono appena il 20% contro un 54% realizzato da organizzazioni o individui che si ispiravano ad essa. Con la nascita dello Stato Islamico il fenomeno si è duplicato ed in certi casi ha assunto anche un andamento competitivo che testimonia il perverso confronto tra la vecchia frangia islamista (al-Qaeda) e una nuova generazione di jihadisti (ISIL poi ISIS). A dire il vero in questo campo lo Stato Islamico ha paventato una superiorità abbastanza netta rispetto al-Qaeda. L’utilizzo della propaganda on-line e dei “social network” è sempre stato un punto di forza dello Stato Islamico il quale riesce a mantenere i contatti con le diverse cellule dormienti fornendo, inoltre, una banca dati straordinaria per chi volesse avviarsi verso il percorso della “guerra santa”. Gli investigatori che hanno smantellato la cellula islamista a Rio de Janeiro, pronta a funestare le Olimpiadi, hanno verificato che il giuramento dei terroristi all’ISIS era avvenuto tramite procedura on-line.

Gli attentatori di Bruxelles o Parigi sono stati definiti “Lupi solitari” per il loro modo di agire autonomo. Gli studi di Raffaello Pantucci sulle azioni dei Lone Wolves parlano di tattiche causali e miste: “essi preferiscono sempre le bombe, gruppi o individui tendono anche ad usare coltelli, pistole o anche altre forme più semplici di armi”2. La loro attivazione è imprevedibile, non rispondono a nessuna ritualità, sono improvvisi e letali, ciò nondimeno gli ultimi eventi hanno dimostrato uno straordinario rapporto causa/effetto che presuppone una pianificazione tutt’altro che inattesa. Ma la cosa più importante è il collegamento che queste cellule apparentemente solitarie hanno con i mandanti, residenti in altri luoghi. Anche in questo caso Pantucci ritaglia ancora meglio il loro profilo incasellandoli nella categoria dei Lone Wolfes Pack, il branco di lupi3. I Lone Wolves e i Lone Wolves Pack islamisti hanno solo l’apparenza di essere isolati, ma a livello operativo hanno contatti con altri estremisti, all’interno e all’esterno del paese in cui agiscono. La loro radicalizzazione è indipendente, anche se in molti casi i martiri hanno beneficiato di viaggi di formazione in Pakistan, Afghanistan o Siria. Il processo di indottrinamento è dunque un meccanismo complesso e non dobbiamo pensare a campagne di reclutamento atte a irretire giovani nelle moschee, l’avvicinamento avviene spesso al di fuori di esse, tra parenti o piccoli gruppi di amici4. Questa comunanza di intenti prende forma appunto nel cosiddetto “Branco di Lupi” dove non solo un individuo, bensì un gruppo di persone viene trascinato nel percorso di radicalizzazione. I potenziali attentatori agiscono frammischiati alla comunità, lavorando silenziosamente e setacciando con attenzione gli obiettivi da colpire. Marc Sageman li definisce la “terza ondata”, riferendosi a coloro che si radicalizzano spontaneamente e hanno la facoltà di autofinanziarsi5. Gli attentati compiuti sul suolo europeo sono stati tutti a basso costo, ma la cosa più grave – fa notare Sageman – è che molti jihadisti hanno investito il denaro ricevuto dalla pubblica assistenza del paese che li ospita in quanto disoccupati o rifugiati.

La replica a questo tipo di terrorismo è impegnativa nonché onerosa, dato il coinvolgimento di diversi settori della pubblica sicurezza, ma anche dell’economia e del sociale. È un grande puzzle dove i pezzi sono molto piccoli e quasi sempre uno risulta mancante. Il lavoro svolto dall’Intelligence è basilare anche perché l’unico modo efficace per scongiurare questi attacchi è prevenirli alla radice, impedendo ai terroristi di raggiungere il loro obiettivo. Sappiamo, infatti, che i “Lupi solitari” svolgono la loro azione preparatoria all’interno di un contesto sociale riconoscibile: e sono assiduamente coinvolti in attività che possono essere rintracciate, seguite e osservate sul nascere, all’interno dei loro gruppi di pressione6.

Il contrasto alla radicalizzazione è oggetto di dibattito, tuttavia visti i recenti avvenimenti appare chiaro che gli Stati europei abbiano ormai le armi spuntate ed esaurito le idee. Sebbene diversi stati dell’Unione investano a profusione fondi su programmi di integrazione e recupero di aree degradate, la provenienza “indigena” dei terroristi conferma che tutto ciò non è sufficiente.

Nel frattempo la Jihad vince e non solo per merito della sua imprevedibilità, ma anche grazie ad un giornalismo morboso, attento a cogliere ogni attimo delle tragedie, duplicandone l’effetto mediatico. La continua messa in onda di immagini di morte catturate dal telefonino, la danza macabra delle persone in fuga o ancora la trasmissione della tragedia familiare di tutte le vittime coinvolte si trasforma in un regalo apprezzabile allo jihadismo globale. Esiste senz'altro un sacrosanto diritto ad informare ed essere informati, ma quello a cui assistiamo è un insensato spot della paura, un esplicito invito a non sentirsi più sicuri da nessuna parte. Ecco, dunque, come la televisione e il cattivo giornalismo contribuiscano in modo attivo alla realizzazione di quel palcoscenico sul quale i terroristi cercano fama, gloria e applausi. Quanto è successo a Monaco pochi giorni fa è l’esempio di come i mass-media alimentino il panico e possano influire negativamente addirittura sull’operato delle forze di sicurezza. Un messaggio su Facebook, seguito immediatamente da un post su Twitter hanno, di fatto, obbligato la polizia tedesca ad adottare misure d’emergenza straordinarie salvo poi fronteggiare uno squilibrato diciottenne frustrato dal bullismo. Anche questa è certamente una vittoria per i terroristi, assenti dalla scena del delitto, ma ben radicati nella mente di tutti.

1 M. Sageman, Confronting al-Qaeda: Understanding the Threat in Afghanistan, in “Prespectives on Terrorism”,Vol. 3, Issue 4, Dicembre 2009.

2 R.Pantucci, C.Ellis, L. Chaplais, Lone-Actor Terrorism, Countering Lone-Actor Terrorism Series n. 1, RUSI, Dicembre 2015, p. 14.

3 R. Pantucci, A Typology of Lone Wolfes: Preliminary Analysis of Lone Islamist Terrorists, in “Developments in Radicalisationand Political Violence, Marzo, 2011.

4 L.Vidino, Radicalization, Linkage and Diversity. Current Trends in Terrorism in Europe, in “Occasional Paper”, RAND Corporation, Santa Monica CA, 2011, p. 7.

5 M. Sageman, Leaderless Jihad. Terror Networks in the Twenty-First Century, Philadelphia, 2008, p. 140.

6 Lone-Actor Terrorism, op. cit., p. 15.