Investire in Cina? Decisamente un cattivo affare di questi tempi. Lo dice la geopolitica…

(di David Rossi)
20/08/21

I giganti della tecnologia cinese hanno fatto un passo falso: hanno praticato o tollerato troppo a lungo e con grande scorno del governo e dell’opinione pubblica di quel Paese frodi online, furto di dati e raccolte di informazioni sensibili a danno di milioni di persone. Ma soprattutto sono cresciuti troppo, finendo per fare ombra e rendersi troppo indipendenti da quella leadership del partito che li aveva lanciati nel loro successo.

La nuova legge sulla privacy, che dovrebbe essere approvata dal principale organo legislativo cinese questa settimana, supera di gran lunga la più rigida normativa al mondo per la protezione della privacy online, il regolamento generale sulla protezione dei dati in Europa. Ma “a differenza dei governi europei, che a loro volta affrontano una maggiore pressione pubblica sulla raccolta dei dati, si prevede che Pechino manterrà un ampio accesso ai dati ai sensi della nuova legge sulla protezione delle informazioni personali”1. Insomma, i dati dei Cinesi saranno inaccessibili a tutti, mentre Xi Jinping e la sua banda non troveranno ostacoli nel sapere tutto di tutti nel loro impero.

Al di là di un semplice espediente per consentire ancora di più al “grande fratello” di Pechino di mettere il naso ancora di più nella vita dei propri sudditi, si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma per la Cina comunista, che aveva visto centinaia di mandarini miliardari crescere all’ombra del partito: l’aver bloccato l’IPO multimiliardaria di Alibaba lo scorso novembre, fino al punto di aver fatto temere il mondo per l’incolumità fisica del suo fondatore Jack Ma, è stata solo la prima mossa.

Lo scorso 11 agosto un rapporto del partito comunista ha annunciato che il governo redigerà nuove leggi sulla sicurezza nazionale, l'innovazione tecnologica, i monopoli e l'istruzione, nonché nelle aree che coinvolgono gli stranieri. Come se non bastasse, i dirigenti comunisti hanno decretato che, allo scopo di prevenire e risolvere i conflitti sociali, i funzionari avranno mano libera per "stroncare i conflitti sul nascere", dal momento che "il governo di uno stato di diritto deve seguire la guida del partito”2.

Esperti e aziende avvertono che la turbolenza non mostra segni di allentamento mentre il governo cinese lancia un nuovo quadro legale per il modo in cui le aziende raccolgono e utilizzano i dati”3"Per le aziende tecnologiche cinesi, l'era della raccolta e dell'utilizzo dei dati gratuiti in Cina - 'liberamente' - senza consenso, 'senza responsabilità' - senza responsabilità e 'gratuitamente' è finita", afferma Winston Ma, ex responsabile per il Nord America del fondo sovrano cinese “Aziende come Alibaba, Tencent e ByteDance dovranno ripensare ai loro modelli di business”.

La storia cambia anche per gli investitori stranieri, dato che, secondo la nota del partito della scorsa settimana a cui abbiamo già fatto riferimento, “nuove leggi sulla sicurezza nazionale, l'innovazione tecnologica, i monopoli e l'istruzione, nonché nelle aree che coinvolgono gli stranieri” metteranno tutto sotto il controllo di Pechino. Ma c’è da scommettere che gli investitori italiani nella Repubblica popolare saranno gli ultimi ad accorgersene…

Perché la Cina comunista fa tutto questo? Secondo Mark Mobius, esperto di business nel gigante asiatico, “il loro obiettivo è diventare più grandi degli Stati Uniti”. Nel perseguire interessi geopolitici globali, a Pechino non hanno problemi con l’opinione pubblica interna: ritengono, infatti, che, come sostenuto dall’AD di Baidu, il Google cinese, che i cittadini della Repubblica popolare in molte situazioni sono disposti a "scambiare la privacy per comodità, sicurezza o efficienza". Contenti loro…

Di certo, né in Europa né tanto meno negli Stati Uniti possiamo ignorare il problema, anche perché le lotte di potere e soprattutto le riorganizzazioni delle multinazionali high-tech cinesi potrebbero impattare sul risparmio privato e, in definitiva, sul nostro stile di vita.

Negli ultimi mesi le multinazionali cinesi quotate a New York, Londra, Francoforte o Milano hanno bruciato migliaia di miliardi: da novembre Alibaba quasi 370 miliardi di dollari (pari al 44% della capitalizzazione), NIO e le sue auto elettriche made-in-China quasi il 40%, Tencent quasi tre quarti del valore in appena cinque mesi, New Oriental e TAP addirittura il 90 e il 95% della loro capitalizzazione fra febbraio e agosto. Guardate bene che NON sono soldi persi direttamente dalle aziende, che anzi negli ultimi mesi hanno presentato bilanci in ordine e annunciato guadagni record, ma dagli investitori, privati e istituzionali, che negli ultimi anni avevano messo i loro risparmi e i loro capitali in imprese ritenute solide. E che tali sono: dette aziende sono state messe nel mirino dalla leadership della Repubblica popolare e come tali sono immediatamente diventate investimenti ad alto rischio per gli stranieri.

Non che la quotazione all’estero sia cosa gradita nella Cina comunista: “all'inizio di luglio, il governo cinese ha affermato che avrebbe aumentato la supervisione su tutte le società cinesi quotate offshore e rafforzato le regole per i flussi di dati transfrontalieri. Questo cambiamento dovrebbe riguardare non solo le aziende già quotate in doppia quota, ma anche quelle che prevedono di debuttare negli Stati Uniti nei prossimi mesi”4. Non è un caso che gli hedge fund sono dati in fuga dai titoli del Dragone.

Il sospetto, non dichiarato ma reale, è che dopo il coronavirus, Pechino ci stia per far pagare anche il conto delle proprie aziende in urto col potere centrale e del proprio desiderio di controllo sulle grandi aziende.

L’impatto delle nuove politiche di Xi Jinping sull’economia occidentale (e sull’Italia in particolare) si preannuncia forte anche verso le aziende premium che vendono nel Regno di Mezzo: è di pochi giorni fa l’annuncio di un "ragionevole aggiustamento dei redditi eccessivi" e l’incoraggiamento a gruppi e le imprese benestanti “a dare di più alla società”5 che sono stati interpretati dagli esperti come tagli sulle spese di lusso. Non a caso le azioni di Moncler, LVMH e Hermes sono crollate di quasi un decimo nelle ultime 72 ore: le spese di lusso di cose sono costituite quasi esclusivamente dall’import di prodotti italiani, francesi ecc. Per chi non lo sapesse, la Cina vale due miliardi al mese per le nostre aziende più importanti e per le piccole imprese ad alto valore aggiunto.

Insomma, pare proprio che dopo la pandemia, la Cina ci stia preparando un’altra amara sorpresa…

1 https://www.wsj.com/articles/china-set-to-pass-one-of-the-worlds-stricte...

2 https://finance.yahoo.com/news/china-draft-laws-areas-including-03394811...

3 https://www.ft.com/content/1282e529-ee65-4a8d-9190-c7d1eb70b8d5

4 https://finance.yahoo.com/news/20-chinese-companies-listed-nyse-14475845...

5 https://jingdaily.com/china-curb-excessive-income-luxury/

Foto: Xinhua / web