A differenza dall’approccio statunitense, dove la U.S. Navy ha sempre definito il proprio ruolo e strategia, la Marina sovietica e russa sono state considerate per lunghi anni come subordinate alla strategia militare generale del paese, dominata dalle forze terrestri. In tale ottica, solo la componente subacquea aveva un ruolo strategico, anche se inquadrato in un’ottica squisitamente continentale (leggi articolo “La strategia navale russa”).
Da qualche anno, invece, la componente navale russa sembra aver assunto una veste diversa, meno condizionata dalle componenti di terra. Una trasformazione concettuale che è ben evidente nell’ultima versione della strategia marittima russa, che in 55 pagine sostituisce il documento del 2015. In tale nuova visione, presentata a luglio 2022 (a guerra in corso), viene evidenziato come "…la moderna Federazione Russa non può esistere senza una forte flotta…" e vengono delineati gli obiettivi per rendere la Russia una potenza marittima a livello globale, tenendo conto dei significativi cambiamenti geopolitici intervenuti negli ultimi anni, sia in ambito regionale che internazionale. In merito, per effetto della percezione russa circa i pericoli cui dovrebbe far fronte (leggi articolo “La percezione russa delle minacce alla propria esistenza”) ma anche a causa del progressivo grave deterioramento dei rapporti di Mosca con i paesi occidentali, viene prefigurato un mondo con una significativa crescita del livello di conflittualità e indica nel mare lo scacchiere dove verrà giocata la partita per la definizione dei prossimi equilibri mondiali.
La base ideologica del nuovo documento è rappresentata dalla convinzione che la Russia sia circondata da nemici che cercano di violarne la sovranità, con la pressione militare o con la diffusione di idee estremiste. Vengono, infatti, menzionate un’ampia gamma di percepite minacce alla sicurezza nazionale, incluse le attività online, la ”occidentalizzazione della cultura”, l’imposizione di valori morali stranieri, sottolineandone l’impatto ritenuto distruttivo sulla società russa.
Presentando il documento a San Pietroburgo, davanti ai vertici della Voenno-Morskoi Flot (VMF), Putin ha rievocato lo zar Pietro il Grande, fondatore della città, e ha spiegato che vuole riportare la Russia a essere una potenza influente sui mari.
Va, comunque, sottolineato che il deterioramento dei rapporti internazionali con Mosca è dovuto da una parte al desiderio russo di recuperare un peso geopolitico globale, mentre dall’altra c’è la diffidenza generata dalla spregiudicatezza e dal cinismo con i quali Putin agisce con l’intento di riconquistare l’influenza perduta dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, evento vissuto dalla leadership russa come una grave sconfitta. Spregiudicatezza e cinismo che oggi molti paesi percepiscono come una grave minaccia alla loro integrità e libertà.
È per tale motivo che appare opportuno approfondire quello che dovrebbe essere l’approccio marittimo russo, un paese che ha un enorme arsenale nucleare e ha ancora una temibile flotta subacquea strategica.
Principali aree marittime e attività di interesse di Mosca
Il documento accresce in maniera significativa l’elenco degli interessi nazionali russi nel dominio marittimo, passando da otto a quattordici punti e suddividendo gli oceani in zone vitali, importanti e altre.
In tale ambito, la principale novità è rappresentata dalla classificazione come vitale dell’area artica, diventata una regione di competizione globale non solo economica ma anche militare. In merito, viene enfatizzata l’importanza del “passaggio a Nord-Est”, una rotta in futuro utilizzabile prevedibilmente tutto l’anno. Lunga circa diecimila chilometri, dal Mar di Barents porterà allo Stretto di Bering, sviluppandosi quasi interamente lungo la costa settentrionale della Federazione Russa e rappresentando la via principale di trasporto delle merci dal Pacifico verso la Russia. Si tratterebbe di una rotta notevolmente più breve di quella passante attraverso lo Stretto di Malacca, l’Oceano Indiano, Suez e il Mediterraneo ma che, al momento, rappresenta solo un concetto geografico che la Russia declina in termini di Northern Sea Route (NSR), via di comunicazione dai russi ritenuta “interna”, la cui valenza per l’economia mondiale è ancora in fase di valutazione.
La visione russa è sostanzialmente quella del Grande Nord come proprio spazio vitale, nel cui ambito ogni transito sarebbe sottoposto a preventiva notifica. Quest’obbligo dovrebbe riguardare anche le navi da guerra e le navi in servizio governativo e ciò ha già fatto sollevare numerosi e motivati rilievi, in quanto tale obbligo non rispetta le prerogative di immunità sovrana di cui godono tali navi.
La Russia esprime, quindi, una visione territorialistica dei propri mari adiacenti, volendo complessivamente esercitare piena giurisdizione su un’area molto più vasta della Zona Economica Esclusiva (ZEE). (leggi articolo “Zona economica Esclusiva e potere marittimo”)
In merito all’area del Pacifico, il nuovo documento russo riconosce come priorità un avvicinamento economico e infrastrutturale all'Estremo Oriente, lo sviluppo di più articolati legami economici con l'estero e l’estensione del potenziale di trasporto e della logistica nazionale. Viene anche menzionata l'importanza di garantire la presenza navale della VMF nella regione Asia-Pacifico, compresa la formazione di centri logistici sul territorio di Stati stranieri, nonché lo sviluppo di infrastrutture per la costruzione navale nazionale in Estremo Oriente, anche per la realizzazione di moderne portaerei e droni navali. Per Mosca il Pacifico rappresenta, quindi, un’area di estremo interesse, in continua crescita.
Nell’Oceano Indiano è stato notevolmente ampliato l'elenco dei paesi il cui sviluppo delle relazioni con la Russia è riconosciuto come una priorità della politica marittima nazionale nella regione. Oltre all'India, il cui status è stato aggiornato da "legami amichevoli" a "partenariato strategico", l'elenco include Iran, Iraq e Arabia Saudita. Viene, inoltre, sottolineata la necessità di mantenere la presenza navale della Russia nel Golfo Persico.
In Antartico Mosca sottolinea la necessità di mantenere pari condizioni per la cooperazione internazionale e di impedire la militarizzazione della regione. Viene anche ricordato l'importante ruolo della presenza permanente e attiva della Russia come membro del sistema del Trattato sull'Antartide e la necessità di sviluppare stazioni e basi sul campo da parte della spedizione antartica russa.
Relativamente all’area atlantica, il documento enfatizza la contrapposizione con la NATO, percepita come una inaccettabile minaccia sempre più vicina ai confini della Federazione. Per quanto attiene alle acque di diretto interesse del nostro paese, Mosca elenca il Mar Mediterraneo come importante per la salvaguardia degli interessi marittimi nazionali, sia strategici che economici (la relativa sezione è stata ampliata rispetto alla versione del 2015), unitamente al Mar Nero, al Mar d’Azov e al Mar Baltico.
Per quanto riguarda il Mar Nero, la Russia prevede l’espansione della flotta la cui nave ammiraglia, l’incrociatore lanciamissili Moskva, prima unità della classe “Slava” (in russo “Gloria”), è stata affondata il 14 aprile 2022 da due missili lanciati dall’Ucraina. (leggi articolo “Implicazioni militari e geopolitiche dell’affondamento dell’incrociatore russo Moskva”)
Per quanto attiene alle principali attività che permettano di essere più efficacemente presenti nelle aree di interesse strategico, particolare enfasi viene data alla crescita della cantieristica, che sarà oggetto di attenzioni speciali e sviluppata “…indipendentemente dalla situazione esterna…”, allo scopo di migliorare le capacità navali nazionali, con particolare riferimento a portaerei e droni navali. Viene, inoltre, citato anche l’impegno a creare un migliore sistema per la preparazione professionale e il supporto al personale del comparto marittimo. Una nuova sezione prevede, infine, lo svolgimento di attività di cooperazione marittima internazionale, con particolare enfasi per le attività dell’International Maritime Organization (IMO) e per lo svolgimento di attività di diplomazia navale, attraverso esercitazioni congiunte e soste regolari in porti stranieri.
Le debolezze della nuova strategia marittima globale russa
Nonostante le importanti aspettative, la nuova strategia marittima russa presenta delle debolezze giuridiche, concettuali e strutturali.
Prima di tutto le velleitarie rivendicazioni russe sull’Artico non trovano supporto a causa dall’imperfetta delimitazione di quelle aree marittime internazionali, che lasciano molto spazio a interpretazioni. Ciò non permette alla Russia di sostenere con i necessari strumenti giuridici le sue pretese e consente agli altri paesi artici (il Consiglio Artico è composto da Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Svezia)i di opporre solide resistenze.
Mosca giudica poi come mosse aggressive i tentativi di aggiornamento della Convenzione di Montreaux sul regime degli Stretti e teme che questa possa essere rivista in senso restrittivo, cosa che causerebbe ulteriori problemi alla propria capacità di trasferimento delle navi militari dal Mar Nero al Mediterraneo. Già oggi Ankara, ancorché abbastanza “tenera” nei confronti di Mosca, in seguito alle vicende ucraine ha bloccato il passaggio di qualunque nave militare russa attraverso Dardanelli e Bosforo.
C’è poi la questione della consistenza numerica e dell’efficienza delle unità navali. Gli affondamenti del Moskva e successivamente di altre significative unità russeii, che hanno suscitato molto clamore mediatico, hanno evidenziato una serie di problematiche in merito all’efficienza e alla capacità operativa della VMF.
A causa della drastica riduzione quantitativa derivante dai tagli di bilancio, all’indomani della disgregazione dell’Unione Sovietica, la VMF è stata probabilmente la Forza Armata che ha subito le maggiori penalizzazioni sotto il profilo della capacità operativa. Con la perdita di personale, la perdita di infrastrutture di produzione e di manutenzione e la perdita di basi, la flotta d’altura russa è rimasta per lungo tempo inutilizzata, tant’è che sembrava ormai solo l’ombra di quella che fu la Marina Sovietica. Solo i sottomarini strategici hanno beneficiato, nel tempo, di importanti investimenti per il rinnovo della componente.
Come risultato, le unità di superficie oggi presentano realtà contrastanti, con le corvette come unità più nuove e moderne. Le maggiori unità d’altura, infatti, si trovano in una situazione abbastanza delicata perché, nonostante sia rimasto inalterato il loro complessivo potenziale bellico, sono composte prevalentemente da unità obsolete, rimaste sostanzialmente all’epoca sovietica. In tale ambito, l'Аdmiral Kuznecov, l’unica unità portaerei formalmente ancora in servizio, è affetta da pesanti problemi tecnici e si limita a qualche breve uscita in mare a scopo propagandistico. Al momento, per esempio, si trova in cantiere a Mourmansk dal maggio 2022. Solo alcune unità maggiori hanno beneficiato di ammodernamento, mentre le rimanenti hanno un equipaggiamento elettronico per buona parte superato o sono state decimate per le ricorrenti avarie. In sostanza, le fregate ASW classe “Udaloy” rappresentano il nocciolo duro della flotta d’altura.
Ciò chiama in causa gli arsenali e i cantieri navali nazionali. La costruzione navale russa oggi più che mai sta attraversando grossi problemi nella realizzazione in tempi ragionevoli di unità di superficie di un certo tonnellaggio, in parte per motivi esogeni (le turbine a gas venivano costruite in Ucraina dalla Zorya Mashproekt di Mykolaiv, nel sud del paese, risultata imprendibile dalle truppe russe) ma anche per motivi endogeni, vista l’elevata corruzione endemica e la gestione fallimentare di alcuni cantieri navali importanti.
In merito, il documento russo riconosce che la disponibilità di moderne infrastrutture, indipendenti da interessi esterni, è una delle principali condizioni per garantire la sicurezza nazionale e lo sviluppo sostenibile della popolazione della Federazione Russa. Dato che in epoca sovietica, il più grande cantiere navale era situato in Ucraina, a Mikolaiv, oggi si pone il problema di dove costruire una idonea struttura che possa garantire la realizzazione di navi adeguate al livello di ambizione russo. Tanto per chiarire i termini del problema, Mikolaiv è il luogo dove è stato costruito il Moskva, ammiraglia della flotta del Mar Nero fino al momento dell’affondamento. Oltre a identificare la località dove costruire l’infrastruttura, prima di cominciare a costruire le navi si dovranno costruire adeguati bacini di carenaggio, ecc… Tutte operazioni che richiedono tempo e molti investimenti. A ciò si aggiungono le intuibili difficoltà derivanti dalle sanzioni internazionali, che rendono ancora più acuti i problemi nella costruzione/manutenzione delle navi.
Vi è anche una ulteriore carenza strutturale che ostacola il raggiungimento degli obiettivi elencati nel documento e che la Russia sta cercando di colmare. Si tratta della scarsa disponibilità di basi navali in grado di supportare le operazioni della VMF in acque distanti dai propri confini (per esempio l’area del Pacifico). In tale ambito, l’obiettivo perseguito negli ultimi anni da Mosca di creare un potente triumvirato mondiale con Pechino e Nuova Delhi appare abbastanza velleitario, stante la forte e permanente ostilità esistente tra i due paesi asiatici. Tutto ciò mina l’intenzione di Putin di costruire dei nuovi equilibri marittimi comuni con i due paesi più popolosi del mondo, in un’area che vede costantemente crescere la sua importanza commerciale. Con l’eccezione del Mediterraneo, quindi, la Marina russa al momento non conta su una significativa rete fuori area di supporto logistico alle proprie unità.
Nonostante il lungo confine marittimo, inoltre, al momento la Russia non ha la possibilità di accesso diretto e continuativo agli oceani aperti, facoltà indispensabile per mantenere viva la sua economia. Mosca ha, infatti, pochissimi porti impiegabili in maniera permanente, dato che i porti nordici e del nord-est sono ancora utilizzabili solo per una parte dell’anno. È questo il motivo per il quale è tanto attiva nelle “acque calde” del Mar Nero e del Mediterraneo, come dimostrato dalla seppur breve dislocazione in Mediterraneo del gruppo navale al seguito del Varyag, lo scorso anno. Ciò rende il nostro uno dei principali bacini di confronto.
Considerazioni sul Mediterraneo
La Russia attuale è un paese europeo che ha storici interessi nell’area euromediterranea, tanto più dopo l’occupazione della Crimea, da Mosca considerata trampolino per l’espansione verso i bacini del Mediterraneo, del Mar Rosso e del Golfo Persico. Come detto, il Mediterraneo è il teatro dove la Marina russa ha il maggiore supporto logistico per le proprie attività. Alla disponibilità della base navale di Tartus (Siria) la Russia può, infatti, contare anche sulla limitata disponibilità di un certo numero di altri porti ospitali lungo le coste meridionali del bacino, come Alessandria d’Egitto e Algeri. A questi si aggiungono poi i porti mediterranei sui quali si stanno concentrando gli investimenti cinesi che, se verranno mantenuti i dichiarati vincoli di amicizia, potrebbero eventualmente essere messi a disposizione delle navi militari russe.
Per non parlare dei porti della Cirenaica, punta di diamante della penetrazione russa nel Mediterraneo centrale, a poche miglia dalle nostre coste e dalle basi aeronavali di Sigonella, Augusta e Catania. In tale quadro va letto l’attuale sforzo diplomatico russo per il raggiungimento di un accordo con il generale Haftar per la definizione delle modalità di utilizzazione del porto libico di Tobruk da parte delle navi militari russe.
Al momento, la consistenza complessiva russa nelle acque mediterranee non richiede altri grandi porti sul tipo di Tartus, ma la crescente influenza che i russi vanno assumendo nell’area libica e l’importanza che Mosca assegna al mantenimento di quella posizione (anche in un’ottica di penetrazione nel continente africano) fa comprendere come la finalizzazione di un accordo per la base navale di Tobruk rappresenti un obiettivo strategico, soprattutto se letto in chiave di eventuali futuri ampliamenti delle infrastrutture portuali e aeroportuali militari proprio di Tobruk, ma anche di Derna, Sirte e al-Ğufra, che potrebbero assumere in futuro la stessa importanza di Tartus. Ciò permetterebbe a Mosca di utilizzare un secondo grande porto in Mediterraneo, che rappresenterebbe un avamposto della flotta russa alle porte meridionali dell’Europa e, in particolare, dell’Italia.
Non è un caso, quindi, che nel nuovo documento russo venga posta particolare enfasi alla collaborazione con la Siria, che permette la continua espansione della presenza della VMF nel bacino, dove vuole più che mai ribadire la sua presenza e la volontà di recitarvi una parte da protagonista a tutto tondo, giacché gli appetiti di Mosca si spalmano lungo tutta la costa meridionale del “Mare Nostrum”. Un approccio che non è una novità assoluta ma che, con la nuova strategia marittima russa, ha ricevuto una importante accelerazione.
Negli ultimi anni, infatti, era già andata aumentando la presenza della VMF nel Mediterraneo, come implicazione diretta della progressiva diminuzione della presenza navale statunitense. Iniziato sotto l’Amministrazione Obama, infatti, il ripiegamento americano si è fatto più intenso con il presidente Trump, giustificando tale riassetto delle flotte con l’esigenza di assicurare una maggiore presenza americana sul teatro Indo-Pacifico, per fronteggiare la crescente minaccia rappresentata da un’arrembante Cina e da un’insidiosa Corea del Nord. Questo riposizionamento strategico ha, però, causato un progressivo aumento dell’instabilità nel Mediterraneo, in quanto si sono aperti ampi spazi di manovra per le Marine più intraprendenti e ciniche, che hanno iniziato ad assumere una postura estremamente assertiva.
La Russia, quindi, non ha fatto altro che cogliere l’occasione per rientrare su questo scacchiere fondamentale, anticipando la formalizzazione della nuova postura marittima di Mosca, dove le crisi siriana e libica hanno fornito ulteriori motivi di espansione e l’opportunità di tornare a recitare una parte importante in Mediterraneo, proponendosi nuovamente come soggetto geopolitico influente e determinante nell’area mediterranea, e non solo. In tal senso va letta la rinnovata presenza navale russa in Siria. Con il suo intervento molto determinato, infatti, la Russia ha voluto inviare un chiaro segnale al mondo di voler nuovamente calcare il palcoscenico internazionale come attore essenziale per la soluzione delle principali questioni planetarie. In sostanza, la progressiva crescita della presenza navale russa in Siria rappresenta il mezzo con il quale sta mettendo in atto la sua strategia marittima nel fu “Mare Nostrum”.
Parallelamente, Mosca sta consolidando la sua presenza in Mar Rosso, sulle coste del Sudan, con una nuova base navale con capienza di quattro unità di superficie e complessivamente personale per circa trecento unità. Si tratta in tutta evidenza di un ulteriore punto strategico dal quale Mosca potrebbe giocare un ruolo operativo nel Mediterraneo orientale, oltre che rappresentare un ponte con il Mar Rosso e il Golfo Persico.
Conclusioni
Come abbiamo visto, il nuovo documento prevede una postura prevalentemente assertiva e solo parzialmente difensiva nei confronti dell’Occidente. Certamente è tramontata l’epoca della collaborazione, a favore di un prepotente (il termine non è a caso) ritorno al nazionalismo più estremista. Secondo Mosca, i rapporti di forza continueranno a influenzare in maniera significativa le relazioni internazionali e su tale base ha intenzione di dimensionare adeguatamente il proprio strumento navale, sia militare che mercantile. Una visione sicuramente innovativa dato che, come detto, da sempre le Marine sovietica prima e russa poi, sono state subordinate a una visione continentale della strategia nazionale. Ciò non vuol dire che la Russia stia abbandonando la strategia difensiva dei bastioni, anzi. Riprende quel concetto assegnando ai bastioni anche un ruolo di proiezione di potenza verso le aree marittime globali.
Il documento lancia, quindi, una sfida all’Occidente per il controllo dei mari e degli oceani. L’intenzione di Putin è, infatti, rendere il “sistema” Russia capace di competere con i complessi portuali di altri Stati, a scopi sia economici sia militari.
La domanda che molti analisti si pongono è, quindi, se l’attuale VMF sia realmente in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati (e, quindi, se rappresenti una minaccia per l’Occidente) o se la nuova strategia marittima russa sia oltremodo ambiziosa e i suoi obiettivi siano solamente propositi velleitari.
In merito, va sottolineato che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Marina russa si è concentrata sulla componente subacquea, a svantaggio delle unità d’altura. Per tale motivo si ritiene che non sarà facile raggiungere nel breve termine i nuovi ambiziosi obiettivi prospettati nel documento, proprio perché oggi la VMF non è, come abbiamo visto, quantitativamente rilevante, essendo meno della metà di quello che era in epoca sovietica. Tuttavia, anche se le grandi unità d’altura sono abbastanza obsolete, la VMF appare ancora complessivamente temibile. In tale ambito, la presenza dei sottomarini strategici accresce significativamente il livello della minaccia complessiva. A ciò si aggiunge il fatto che, per compensare il deficit di piattaforme, Mosca sta puntando molto sullo sviluppo della tecnologia missilistica ipersonica. Tuttavia, stante l’attuale situazione economica e strategica, la nuova visione marittima appare oltremodo velleitaria laddove ipotizza la crescita della componente portaerei, indispensabili per una reale proiezione di potenza.
L’attuale documento è piuttosto chiaro sul fatto che l'Artico continuerà a essere una priorità assoluta, in vista di un suo futuro ruolo strategico ed economico, mentre per quanto riguarda gli interessi marittimi nazionali, Mosca mantiene una significativa attenzione sul Mar Mediterraneo e sul Mar Nero. La VMF, nonostante la guerra in corso in Ucraina, si è prontamente predisposta nella nuova postura, immediatamente percepita anche nel nostro bacino e tale che, come hanno riportato alcuni media presenti al Mare Global Forum di Genova (26 maggio 2023), ha portato l’ammiraglio Credendino, capo di stato maggiore della Marina, a sottolineare come le navi russe abbiano “…un atteggiamento provocatorio che non si era mai visto nel passato. ... Oggi sono molto aggressivi, con atteggiamenti ostili…".
Ad ogni modo, la recente crisi israelo-palestinese, se da un lato ha fatto leggermente abbassare l’attenzjone internazionale dalle vicende ucraine, dall’altro lato ha riportato gli USA nel bacino mediterraneo, con la presenza di due moderne portaerei statunitensi, Eisenhower e Ford, che incrociano nelle acque prospicenti Cipro con le rispettive unità di scorta. Si tratta di un forte segnale diretto a tutti gli attori della crisi mediorientale (ma anche verso Mosca) che Washington è presente in Mediterraneo, con tutto il peso della sua potenza navale e di quella degli alleati.
Alleati, assetti aeronavali della Marina Militare in prima linea (portaerei Cavour e Garibaldi con relative scorte), che stanno incrociando in forze nelle acque del Mediterraneo centrale, dove si sta svolgendo l’esercitazione Mare Aperto 2023-2.
Al di fuori del Mediterraneo allargato, l’area del Pacifico vedrà una presenza russa più marcata attorno alla penisola di Sachalin e nelle basi delle isole Curili (contese con il Giappone), mentre una più accentuata collaborazione con India, Iran, Iraq e Arabia Saudita dovrebbe permettere alle navi russe di essere presenti in Oceano Indiano e nel Golfo Persico, in contrapposizione agli USA e alleati.
Per essere presente in maniera così capillare la Russia dovrebbe, però, costruire molte navi militari e commerciali ed è per tale motivo che Putin sottolinea l’importanza di ristrutturare in profondità il sistema dell’industria navale e quello delle infrastrutture arsenalizie, in modo che possano efficacemente servire le esigenze delle flotte. Un obiettivo non facile da realizzare nel breve-medio termine, visti i gravi problemi economici, derivanti dagli onerosi impegni bellici e dalle conseguenti sanzioni internazionali, che obbligano a realizzare con il contagocce i programmi di ammodernamento, estremamente onerosi, e ad avere tempi molto lunghi per la costruzione di nuove unità di superficie.
A tutto ciò si aggiunge la vetustà e l’inadeguatezza delle esistenti installazioni portuali di manutenzione e la già citata corruzione endemica nel settore delle manutenzioni navali, che porta ad avere delle flotte d’altura obsolete, con efficienza limitata e non rimpiazzabili in tempi ragionevolmente brevi. Tutto ciò, sotto il profilo operativo, implica che il numero di unità d’altura efficienti è estremamente variabile nel tempo e, sotto una certa soglia, una efficiente permanenza in mare non può più essere garantita.
In tale ambito, la ricostituzione di una flotta credibile in Mar Nero richiederà molto tempo e moltissimo denaro. Al momento, infatti, non esiste alcuna libertà di navigazione né in quel bacino ristretto né nelle sue vie di collegamento con il Mediterraneo, vale a dire attraverso i Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo. Una situazione che permarrà presumibilmente fino a che perdurerà la guerra in Ucraina.
Per quanto attiene al Mediterraneo, la presenza russa in Cirenaica, a così poca distanza dalle nostre coste appare abbastanza preoccupante sia per via della postura aggressiva sia perché si tratta di un paese il cui armamento missilistico è in grado di minacciare il nostro territorio, e sia perché i russi sono potenzialmente molto pericolosi, in quanto in grado di esprimere una visione strategica di ampio respiro e di lungo termine. A ciò si aggiunge l’estremo attivismo dei russi nel fare accordi per l’impiego di basi lungo tutta la riva sud del bacino.
Come afferma l’ammiraglio Fabio Caffio, è quindi necessario “…riservare attenzione all’arena marittima del Mediterraneo e del Mar Nero, teatro della vecchia Guerra Fredda sul mare e ora scenario di un conflitto ibrido e asimmetrico che coinvolge anche i traffici marittimi commerciali…”.
Oggi Putin si trova in un cul de sac dal quale non sembra riuscire a trovare un’onorevole via d’uscita. Le implicazioni sociali, economiche e politiche di una guerra d’aggressione, sanguinosa e costosa potrebbero pesare per molto tempo sulla futura posizione contrattuale di Mosca. Egli non vorrebbe diventare il valletto di Xi Jinping ma i fatti ci dicono che l’alleanza non è più tra pari, con la Russia che sta assumendo obtorto collo la posizione di junior partner. Putin è ormai giunto a un punto tale che non può permettersi di cedere, se non avendo qualcosa da mostrare come trofeo. E ciò, se mal consigliato, potrebbe portarlo a considerare ulteriori opzioni aggressive, ritenute idonee a recuperare visibilità e prestigio.
La presenza di unità russe di superficie relativamente piccole ma potentemente armate, con missili in grado di colpire a grande distanza, e la spregiudicatezza con la quale Mosca si sta prepotentemente muovendo in Mediterraneo permette, infatti, ai russi di minacciare il territorio dell’Italia e della NATO, di consolidare le proprie alleanze nel bacino e di gettare le basi per una penetrazione strategica nel continente africano, ricco di risorse e materie prime.
Di conseguenza esiste la necessità di rinforzare il nostro strumento aeronavale complessivo, in modo da aumentare la nostra capacità di proiettare forze nel Mediterraneo allargato, principalmente attraverso unità aeree, di superficie e subacquee in grado di fronteggiare efficacemente la minaccia, qualunque essa sia, con idonee regole di ingaggio (date dalla politica) per tutelare adeguatamente gli interessi e il prestigio nazionale.
Non solo, sarà importante anche valutare con occhi nuovi il sistema nazionale di infrastrutture arsenalizie, che dovrà essere in grado di rispondere prontamente e, in una certa misura indipendentemente dal settore industriale, alle esigenze di una Marina Militare cui sarà richiesta una crescente presenza ed efficienza in mare.
Nell’attuale situazione di accesa concorrenza internazionale per lo sfruttamento delle risorse marine, sarà pertanto fondamentale avere occhi per vedere e orecchie per sentire, mantenendo una qualificata presenza navale nelle acque del Mediterraneo orientale e centrale, con navi che siano anche in grado di svolgere una efficace azione di deterrenza contro eventuali iniziative tese a comprimere la nostra libertà di uso del mare.
Per un’economia come quella italiana, basata sull’importazione di materie prime, sulla loro trasformazione e sull’esportazione dei prodotti lavorati, gli interessi nazionali non si tutelano solo davanti alle spiagge di casa ma soprattutto sui mari lontani dalla penisola, laddove è necessario per salvaguardare la libertà di navigazione lungo le rotte commerciali marittime di interesse o le linee subacquee di comunicazione e di approvvigionamento energetico, al fine di garantire il benessere e il prestigio della nazione.
Un concetto tutto sommato semplice, che la storia ha insegnato a tutti i paesi marittimi e che gli studiosi del settore conoscono bene. Sta ai nostri politici tradurre questi insegnamenti in azioni concrete.
i Dal 2013 l’Italia è presente nel Consiglio Artico in qualità di osservatore.
ii Con un attacco di missili SCALP/Storm Shadow, per esempio, il 13 settembre 2023 le Forze ucraine hanno duramente colpito la nave d’assalto anfibia Minsk (classe “Ropucha”) e il sottomarino convenzionale Rostov-on-Don (classe “Kilo”) mentre erano in porto a Sebastopopli. Sia per effetto delle esplosioni che dei successivi incendi a bordo, si ritiene che le due unità siano da considerare non più operative.
Foto: Ministry of Defence of the Russian Federation