La Shanghai Cooperation Organization, l’altro BRICS?

(di Enrico Magnani)
05/07/23

Mentre molta attenzione si concentra sul BRICS e il suo futuro, poco si parla e si ragiona sulla Shanghai Cooperation Organization (SCO), che resta più in ombra, forse volutamente. Anche in questo ambito si registrano sempre più le dinamiche divergenti della comunità internazionale.

La adesione a pieno titolo dell’Iran ha segnato il vertice dei capi di stato e di governo degli stati aderenti alla SCO (presieduto per la prima volta dall’India anche se in format a distanza), il 3 e il 4 luglio con il motto SECURE (spiegando il concetto SECURE, il primo ministro indiano Narenda Modi ha definito la "S" per la sicurezza dei cittadini, "E" per lo sviluppo economico, "C" per la connettività nella regione, "U" per l'unità, "R" per il rispetto della sovranità e dell'integrità e "E" per la protezione dell'ambiente), ma non ha visto il salto da osservatore da aderente a pieno titolo, come da taluni previsto, dell’Arabia Saudita e, fatto ancora più stupefacente, della Bielorussia.

Questo allargamento accresce la difficile sfida di migliorare la credibilità dell’organizzazione nel disinnescare i conflitti e i disaccordi che affliggono diversi dei suoi partner e presentarsi come una alternativa alle architetture, considerate prossime all’Occidente, del G-7 e G-20 (anche se molti degli stati aderenti a questa ultima intesa sono allo stesso tempo parte della SCO, a cominciare proprio da Cina e Russia).

Mentre la SCO, sotto la crescente pressione cinese, vorrebbe essere più presente e visibile, la mancanza di coesione al suo interno può rappresentare un serio handicap e rallentare l’influenza di Pechino sugli affari del mondo. I problemi non sono pochi, a cominciare dalla Russia che sembra impantanata in situazioni che, ove non chiare (la vicenda Wagner), restano difficili (lo stallo militare in Ucraina).

Mentre tutti sono preoccupati per l'instabilità afgana, la relazione sino-indiana continua lentamente a disgregarsi, la relazione indo-pakistana rimane fredda, la relazione saudita-iraniana pur se migliorata, rimane in sospeso, la relazione tagiko-kirghiza è muta, altre distonie sono presenti in forma più o meno velata e solo l'asse sino-russo sembra apparire un elemento positivo e stabile, pur con tutte le sue ambiguità.

Come nasce la SCO?

La SCO nasce come uno dei diversi tentativi di sistematizzare e tenere sotto controllo l’implosione (o esplosione) sovietica, inizialmente come Shanghai Five, istituito il 26 aprile 1996 su iniziativa cinese che temeva le irrisolte tensioni tra le nuove repubbliche emerse dalla dissoluzione dell’URSS. Il Trattato sull'approfondimento della fiducia militare nelle regioni di confine viene firmato a Shanghai dai capi di stato di Cina, Kazakhstan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan. Da allora, tutto il progetto resta saldamente in mano cinese, nonostante l’ampliamento e inclusione di partners importanti.

Il meccanismo di riduzione delle minacce si approfondisce il 24 aprile 1997, quando gli stessi paesi firmano il Trattato sulla riduzione delle forze militari nelle regioni di confine in un incontro a Mosca. Il 20 maggio 1997 il presidente russo Boris Eltsin e il presidente cinese Jiang Zemin hanno firmato una dichiarazione su un "mondo multipolare", marcando l’inizio di un confronto che oggi è sotto gli occhi di tutti.

La SCO pone particolare attenzione alla sicurezza regionale, alla lotta al terrorismo nella regione, al separatismo etnico e all'estremismo religioso e nei successivi vertici (Almaty, Kazakistan nel 1998, Biškek, Kirghizistan nel 1999, e Dushanbe, Tagikistan nel 2000) gli aderenti dichiarano di opporsi all'intervento negli affari interni da parte di altri paesi e sostenere gli sforzi reciproci per salvaguardare l'indipendenza nazionale, la sovranità, l'integrità territoriale e la stabilità sociale dei cinque paesi e affrontare le minacce alla sicurezza.

Nel 2001, con il vertice di Shanghai l’architettura ha iniziato il suo processo di evoluzione e ampliamento con l’adesione dell’Uzbekistan e viene resa pubblica la Dichiarazione dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che elogiava il ruolo svolto finora dal meccanismo Shanghai Five e mirava a trasformarlo in una entità a pieno titolo. Nel giugno 2002, i sei capi degli stati si incontravano a San Pietroburgo dove firmavano la Carta della SCO, che includeva scopi, i principi, le strutture e le forme di funzionamento dell'organizzazione1.

Il 2005, al vertice di Astana, in Kazakistan, si assiste alla iniziale presenza di India, Iran, Mongolia e Pakistan, facendo uscire la SCO dall’ambito cinese ed ex sovietico. Da allora la SCO si è sviluppata rapidamente, istituendo una serie di organi permanenti e iniziative ad hoc nei settori delle questioni economiche e di sicurezza, trasporti, energia e telecomunicazioni e teneva riunioni periodiche di sicurezza, militari, difesa, affari esteri, economia, cultura, banche e altri funzionari dei suoi stati membri.

Nel luglio 2015 a Ufa, in Russia, la SCO ha deciso di ammettere India e Pakistan come partecipanti a pieno titolo (hanno completato la adesione a pieno titolo nell’estate 2017)2.

La SCO ha seguito il cursus honorum di tutte le organizzazioni internazionali, istituendo architetture e meccanismi interni3 e stabilendo relazioni con le Nazioni Unite nel 2004 (dove è osservatore nell'Assemblea Generale), la Comunità degli Stati Indipendenti e ASEAN (2005), Collective Security Treaty Organization (CSTO) e OCSE (2007). La struttura antiterrorismo regionale (RATS) della SCO ha stabilito relazioni con il Centro africano per lo studio e la ricerca sul terrorismo (ACSRT) dell'Unione Africana (UA) nel 2018.

Negli ultimi anni, le attività dell'organizzazione si sono ampliate fino a includere una maggiore cooperazione militare, condivisione di informazioni e antiterrorismo, anche se i leader degli stati aderenti hanno ripetutamente affermato che la SCO non è un'alleanza militare. Tuttavia, tra gli stati aderenti vengono regolarmente condotte esercitazioni militari per promuovere la cooperazione e il coordinamento contro il terrorismo e altre minacce esterne e per mantenere la pace e la stabilità regionali.

Le prime esercitazioni militari congiunte della SCO hanno avuto luogo nel 2003 per poi diventare occasioni di manovre tenute ogni anno, le ‘Peace Mission’4. Nel quadro del progressivo ampliamento della SCO, nel corso del Summit del 2023, la presidenza indiana ha istituito cinque nuovi pilastri e aree di interesse della cooperazione: startup e innovazione, medicina tradizionale, inclusione digitale, responsabilizzazione dei giovani e patrimonio buddista condiviso.

Su iniziativa dell'India sono stati inoltre attivati due nuovi meccanismi: Gruppo di lavoro speciale su startup e innovazione e Gruppo di lavoro di esperti sulla medicina tradizionale.

Un insieme di problemi

Analogamente ai BRICS, ma in maniera più determinata, la Cina attraverso la SCO, aspira a rafforzare il suo ruolo e l'influenza mondiale attraverso una rete di architetture; ma come detto questo obiettivo continua ad essere appesantito da una mancanza di credibilità in quanto non è in grado di stemperare le tensioni interne che, come suaccennato, colpiscono alcuni dei suoi partner (e tali problematiche affliggono anche le relazioni intra BRICS). Questo è molto evidente nel caso della SCO. A merito va segnalata l'importanza dell'ingresso saudita, anche se non in forma completa, indubbiamente un altro successo diplomatico di Xi Jinping, un ulteriore motivo di soddisfazione dopo aver mediato nella firma di un accordo tra Riyadh e Teheran per la ripresa delle relazioni diplomatiche dopo sette anni di interruzione. I sauditi entrano nella SCO come partner del dialogo, primo passo verso la piena partecipazione.

Oggi, la SCO rappresenta uno scenario non trascurabile. È la più grande organizzazione regionale del mondo, con un territorio totale di oltre 34 milioni di km2 (di cui il 50% è russo) - oltre il 60% eurasiatico - e la sua popolazione di oltre 3 miliardi, che rappresenta quasi la metà di quella mondiale. Pertanto, c'è molto in gioco. In totale, la "famiglia allargata" della SCO comprende 21 paesi e copre tre continenti (Asia, Europa e Africa), con un PIL totale dei nove membri permanenti pari a circa 20 trilioni di dollari, di cui tre quarti attribuibili alla Cina.

La presenza di attori con interessi non solo “divergenti” ma anche “contrapposti” appare essere una caratteristica saliente della SCO e può condizionare l'efficacia del raggruppamento. Ora, l'inclusione della Arabia Saudita potrebbe aggiunge un ulteriore elemento di incertezza, a causa delle aspirazioni di Riyadh di sottrarsi al legame statunitense, percepito come non più pienamente rispondente al suo progetto politico nazionale (bisogna vedere come Riyadh gestirà le sue relazioni con Washington, in considerazione che il suo immenso arsenale militare, quasi tutto di origine statunitense, potrebbe diventare un ammasso di ferraglia in tempi brevi senza pezzi di ricambio e personale tecnico…).

La comune adesione alla medesima organizzazione, in questo caso la SCO, ad esempio, non favorisce la distensione tra i suoi aderenti5. Cina e India, sono l’esempio maggiore: infatti i due giganti asiatici sono in aperto contrasto lungo il conteso confine himalayano da quasi tre anni e per il controllo delle acque dell’Oceano Indiano e l’influenza sui suoi stati rivieraschi. Lo stesso si può dire delle continue tensioni tra New Delhi e Islamabad sul Kashmir. Lo scambio di diplomatici tra Iran e Arabia Saudita, come l’adesione del primo e l’avvicinamento della seconda alla SCO, non può essere pensato come una fine ipso facto della loro rivalità regionale: nella migliore delle ipotesi, diventerà "più prevedibile" (e più controllabile?), visto che le ambizioni egemoniche di Riyadh e Teheran nel Medio Oriente e altrove tenderanno a mostrare la loro irreconciliabilità.

L’avvicinamento tra Pechino e Riyadh, marcato da uno sviluppo senza precedenti nella storia delle due nazioni, è rafforzato da una importante accelerazione di legami economici, come testimoniato dalla recente decisione di costruire un polo siderurgico, ultimo tassello di una catena di accordi di importanza strategica. In un clima di crescente collaborazione, i sauditi hanno recentemente annunciato la firma di un accordo con un'azienda cinese per la produzione di acciaio, che va ad aggiungersi a contratti e partecipazioni di importanti aziende del settore, tra cui il colosso petrolifero saudita Aramco6.

In attesa di come potranno evolvere nell'immediato i rapporti tra Riyadh e Teheran, su un altro fronte complesso che coinvolge direttamente i due aderenti di maggior importanza della SCO, India e Cina, con gravi tensioni sulla frontiera himalayana7.

Questi si aggiungono a numerosi altri problemi, quali la rivalità strategica per il controllo dell’Oceano Indiano e l’influenza sugli stati rivieraschi della regione (Indonesia, Myanmar/Burma, Sri Lanka), inoltre, a completare lo squilibrio nel rapporto, radicalmente a favore della Cina, esiste lo squilibrio commerciale; infatti dei 135 miliardi di dollari di scambi nel 2022, il deficit dell'India è di 100 miliardi.

Ma il tema delle frontiere è il nervo scoperto delle relazioni indo-cinesi. La decisione adottata da Pechino lo scorso aprile di cambiare nome ad alcune enclaves nella parte di territorio sotto il suo controllo ha nuovamente inasprito i rapporti bilaterali. Cina e India hanno dispute aperte su alcuni territori nell'area himalayana, dove hanno 3.488 chilometri di confine non delimitato. La zona di confine, nota come linea di controllo effettivo, è stata fonte di tensione sin dal conflitto sino-indiano del 1962.

Nel 2020 è esplosa nella regione frontaliera del Ladakh la crisi maggiore tra i due Paesi degli ultimi decenni. L'incidente ha provocato la morte di una trentina di soldati indiani e cinesi in brutali combattimenti corpo a corpo, e ha provocato un notevole aumento delle forze di entrambi gli Stati nell'area. Preoccupato per l'ammontare di risorse che la Cina ha dispiegato, il governo del primo ministro indiano Narendra Modi ha assegnato miliardi di dollari in ambiziosi progetti di infrastrutture per aumentare la presenza civile e rafforzare la sua presenza militare. Ma la Cina non sembra interessata ad estremizzare le sue relazioni con l’India, in una ripetizione del modello funzionale delle relazioni russo-turche, la collaborazione competitiva.

Un meeting preparatorio

Come è prassi nella vita delle organizzazioni internazionali, a precedere il summit di luglio, nel mese di maggio, nella città indiana di Goa, si è tenuta la riunione dei ministri degli esteri8, ma l'incontro di Goa è stato preceduto dalla visita in India di Li Shangfu, nuovo ministro della Difesa cinese. È stata la prima visita in India di un ministro di questo portafoglio (e peso) altri gravi scontri nella valle di Galwan nel giugno 2020. A margine della riunione dei ministri della Difesa della SCO, Li ha incontrato il suo omologo indiano Rajnah Singh. Dopo gli scontri di Galwan, le tensioni non si erano del tutto placate. Il 9 dicembre 2022 scorso sono stati registrati nuove scaramucce sul confine himalayano, anche se in un altro settore9.

Secondo i cinesi, la situazione era stabile e vi erano segnali per il miglioramento delle relazioni bilaterali. Ma l'ottimismo cinese è stato nettamente smentito dall’India che pone come precondizione della questione dei confini per poi avviare la normalizzazione dei rapporti bilaterali. Queste contraddizioni si spiegano con la profonda sfiducia dell’India e con la decisione di aderire effettivamente (ne era parte, ma senza svolgervi attività, sin dalla attivazione di questo foro, nel 2007) al QUAD (Quadrilateral Security Dialogue, alleanza che riunisce anche USA, Australia e Giappone), il cui obiettivo è di migliorare la cooperazione tra gli aderenti con l’obiettivo di fermare l'espansione dell'influenza cinese nel Indopacifico.

Ma la lista delle tensioni all’interno della SCO è lunga e tocca temi e aree di grande importanza; ad esempio quella tra India e Pakistan a proposito del Kashmir è in essere dalla spartizione dell’ex Impero Britannico, si tratta anche in questo caso di due stati dotati armi nucleari e grandi potenzialità militari (in realtà la bilancia sembra essere a favore dell’India, visto che il Pakistan sembra essere sconvolto da crisi politiche istituzionali a ripetizione e sempre più gravi).

Su questo fronte, la visita del ministro pakistano Bilawal Bhutto Zardari a Goa è stata la prima di un alto funzionario di quel Paese in quasi un decennio, il che ha suscitato qualche aspettativa sulla portata dell'incontro. Già nel 2015 il vertice SCO tenutosi in Russia ha portato India e Pakistan a riprendere i colloqui bilaterali. Nel suo discorso, il ministro degli esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar ha sottolineato la necessità di porre fine al terrorismo transfrontaliero, un chiaro appello al Pakistan, che l'India accusa di armare e addestrare i ribelli che lottano per l'indipendenza del Kashmir controllato dall'India o per la sua integrazione nel Pakistan, accusa che Islamabad rigetta. India e Pakistan non hanno tenuto colloqui bilaterali a margine dell'incontro.

Il Pakistan ha un rapporto stretto e complesso con la Cina. Subito dopo l'incontro di Goa, il ministro degli esteri cinese Qin Gang ha incontrato il presidente del Pakistan, Arif Alvi, il quale ha assicurato al responsabile della diplomazia di Pechino che, a causa di diversi incidenti mortali e di una diffusa ostilità popolare, verrà promossa la sicurezza di tutti i cittadini cinesi che lavorano a progetti multimiliardari in Pakistan. Islamabad, che è in gravi difficoltà finanziarie, ha dovuto accettare in cambio di fondi, il CPEC (China-Pakistan Economic Corridor), un asse infrastrutturale e di sviluppo che dal Sinkiang deve arrivare all’Oceano Indiano ed è una componente della BRI (Bel and Road Initiative). Islamabad, vista la rilevanza per sua sicurezza nazionale e delle priorità del suo maggiore finanziatore (Pechino), ha promosso un incontro trilaterale con il responsabile degli affari esteri del governo dei talebani Amir Khan Muttaq10, il quale, accompagnato da una delegazione di alto livello ha avuto il permesso di lasciare il paese nonostante le sanzioni. Nell’incontro si è discusso di diversi temi. Pechino è interessata alle vaste risorse minerarie non sfruttate che si trovano lungo il loro confine condiviso, lungo pochi chilometri, mentre Islamabad è diffidente nei confronti degli enormi rischi per la sicurezza lungo il loro confine comune molto più lungo e per i contatti tra i talebani afghani e le milizie talebane pakistane.

L'Afghanistan sta attualmente affrontando una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, con circa la metà dei suoi 38 milioni di persone che affrontano l'insicurezza alimentare e circa 3 milioni di bambini a rischio di malnutrizione, secondo quanto affermate dalle agenzie umanitarie internazionali. L'incontro trilaterale che ha fatto seguito all'incontro di Goa ha significato la realizzazione della convinzione tra i suoi membri che nessun futuro economico regionale è possibile senza garantire la stabilità dell'Afghanistan (ovviamente anche al meeting di Goa, il tema dell’Afghanistan è stato discusso in quanto Kabul, seppur in una situazione particolare, conserva lo statuto di osservatore all’interno della SCO).

D'altra parte, vi sono attriti interni tra i paesi dell'Asia centrale le cui radici affondano nel disegno dei confini, retaggio dell'eredità sovietica. Il 15 e 16 settembre 2022, al culmine della conferenza SCO, quasi un centinaio di persone sono state uccise in un violento incidente di frontiera che ha comportato l'uso di veicoli corazzati e fuoco di artiglieria, tra il Tagikistan e il Kirghizistan, entrambi alleati di Mosca. Confinanti con lo Xinjiang cinese e ospitando basi militari russe nei loro territori, i due stati condividono un confine comune di oltre 900 km, spesso conteso – negli ultimi vent'anni si sono verificati più di 200 incidenti armati. Solo nel 2021 si è registrato un numero senza precedenti di scontri tra le due parti, che hanno causato la morte di oltre 50 persone e fatto temere che il conflitto potesse allargarsi.

Queste tensioni si registrano nel quadro della lotta silenziosa (sinora) che si svolge per conquistare l’influenza e/o mantenerla da parte di Cina, Russia, Turchia e Iran. Prova di queste fragilità è stata l’insurrezione del gennaio 2022 in Kazakhstan, accesasi da ragioni apparentemente minori11, ma che ha portato al vertice del paese una dirigenza che sembra assai tiepida con Mosca e che ha dovuto, volente o nolente, accogliere le migliaia di giovani russi renitenti alla leva di massa dichiarata dopo l’inizio delle operazioni Ucraina. Ma anche qui la Cina ha di fronte Mosca, che ha l’ambizione di assorbire all’interno della EAEU tutte le ex repubbliche sovietiche12.

Un insidioso rivale, più dell’Iran, delle ambizioni cinesi che cercano di estrinsecarsi in Asia Centrale attraverso lo SCO, è la Turchia, la quale da anni attraverso l’OTS (Organization of Turkic States)13 lavora per ampliare la sua influenza. Anche se dettata da forti ragioni interne, la Turchia di Erdogan e, nonostante seri problemi economici, sembra determinata a tenere testa alle pressioni cinesi14.

Un angolo di pace, forse

Apparentemente, l’asse russo-cinese si distacca dalla lista di problemi suaccennati, anche se percezioni, visioni e interpretazioni a proposito della SCO divergono. E in occasione del summit a presidenza indiana, nel suo messaggio di indirizzo, Putin non ha mancato di enfatizzare la presenza e l’integrazione della Russia nel sistema internazionale e la solidità delle relazioni con gli altri aderenti alla SCO e confermato i suoi obiettivi in Ucraina. Per la Russia, la SCO rimane uno dei pochi gruppi internazionali a cui può ancora partecipare comodamente con altri aderenti senza problemi.

In occasione della riunione di Goa, Pechino e Mosca avevano concordato di sviluppare ulteriormente le relazioni bilaterali, anche se questo sembra diventare un karma rituale, e di fare della SCO una piattaforma per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Si sono inoltre impegnati a migliorare la comunicazione e il coordinamento con altri Stati membri della SCO e a mantenere la solidarietà e la cooperazione15, completare il processo per l'ingresso di Iran e Bielorussia (quest’ultimo non concretizzatosi), accelerare il completamento del segretariato della SCO e delle istituzioni antiterrorismo regionali. Sempre a Goa, Qin Gang e Sergueï Lavrov hanno criticato la capacità delle istituzioni globali di risolvere i problemi geopolitici, inclusa la pandemia di COVID-19, affermando che la loro organizzazione avrebbe fatto di più per affrontare e vincere tali sfide. Ma non sembra facile.

Al vertice della SCO del 2022 (15-16 Settembre, Samarcanda), che aveva l’obiettivo di solidarizzare con la Russia, si è registrata una certa dissonanza tra le posizioni di Cina e India. New Dehli, nonostante la sua dipendenza dal petrolio e dal flusso di armamenti russo, appare a disagio con un conflitto che coinvolge un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU sul suolo europeo; questo mentre Uzbekistan e Kazakhstan hanno espresso qualche differenziazione la dura linea antiamericana di Cina, Russia e Iran16.

La Russia e la Cina hanno fondato la SCO con l’obiettivo ultimo (quello immediato della Cina che ha aveva originato l’iniziativa è stato suaccennato) di costituire un contrappeso alla rete delle alleanze statunitensi nell'Asia orientale fino all'Oceano Indiano, cercando di ridurre quello che vedono come il dominio delle istituzioni e delle alleanze globali sotto l’egida di Washington e dell'Occidente in generale (con G-7, G-20, OCSE, OSCE, IMF, Banca Mondiale, UE e NATO). La Cina accusa Washington di cercare di contenere la sua ascesa economica e militare.

Un futuro difficile

La Cina mira a un potenziamento e un allargamento della SCO, anche se, ad esempio, l’ingresso a pieno titolo di aderenti come la Turchia, peggiorerebbe le sue mire in Asia centrale, ma ha di fronte la poca coesione dei (e tra i) suoi membri e i loro squilibri. Infatti, come nei BRICS, è la predominanza della Cina, che crea squilibri politici, oltre che strutturali. Infatti la Cina è dieci volte più popolosa della Russia e dieci volte più ricca; il suo PIL, nonostante un vistoso rallentamento, è ancora sei volte quello dell'India e tre volte quello degli altri otto membri messi insieme.

Per il vertice di New Delhi la Cina spera di compensare le evidenti difficoltà e i modesti risultati nel Pacifico occidentale, nonostante le grandi speranze, sinora concretizzatesi solo con la presenza di una missione di assistenza di polizia nelle isole Salomone. I paesi del sud-est asiatico non vogliono un conflitto tra Pechino e Washington, ma non vogliono nemmeno l'egemonia cinese, e accettano il ruolo di bilanciamento fornito dagli Stati Uniti e tranne alcune vistose eccezioni, Laos e Cambogia, l’ASEAN si mostra fredda alla pressione politica ed economica cinese.

Il Giappone continua ad armarsi in chiave anti-cinese. Tokyo ha anche confermato che limiterà l'esportazione di apparecchiature per la produzione di microchip, una misura in linea con le richieste degli Stati Uniti per frenare il progresso tecnologico cinese, e la Corea del Sud si sta muovendo nella stessa direzione. La spesa militare in Asia orientale aumenta mentre il Giappone chiede l’apertura di un ufficio regionale della NATO17. La Corea del Sud è disillusa sulla volontà e/o capacità di Pechino di frenare le agitazioni missilistico-nucleari di PyongYang.

Il 13 marzo scorso Stati Uniti, Australia e Regno Unito hanno rivelato i dettagli di AUKUS, il patto militare firmato nel settembre 2021 per dotare Canberra di sottomarini a propulsione nucleare18.

Nel quadro delle relazioni con l’Occidente, la Cina registra crescenti difficoltà anche nella gestione del rapporto con l'UE, che sebbene con aperture tattiche franco-tedesche, appare determinata ad uscire dal cappio delle forniture di tecnologie e materiali strategici provenienti dalla nazione asiatica.

Il ‘Global South’ resta l'area di interesse dell'azione diplomatica, di influenza, economica e militare cinese, nel tentativo di contrastare le iniziative degli Stati Uniti e dei suoi alleati per contenere l'assalto al potere mondiale da parte di Pechino.

1 http://www.gsdrc.org/docs/open/regional-organisations/sco,%202001,%20establishing%20declaration.pdf

2 La Mongolia ha lo statuto di osservatore dal 2004, l’Iran dal 2005, l’Afghanistan dal 2012; la Bielorussia è partner del dialogo dal 2010, una sala d’attesa di tipo diverso, e diviene osservatore dal 2015; a questa categoria hanno via via aderito lo Sri Lanka (2010), Turchia (2013), Cambogia (2015), Armenia, Azerbaigian, Nepal (2016), Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, UAE, Maldive, Myanmar, e Egitto (2022). Inoltre, nel 2011 il Vietnam esprimeva l’interesse per diventare osservatore, anche se non formalizzato; nel 2012 il Bangladesh domandava di diventare osservatore. Nel 2015 la Siria ha richiesto di diventare partner del dialogo; nel 2016 Israele ha fatto lo stesso; nel 2019 è il turno dell’Iraq; nel 2023 l’Algeria richiede di diventare osservatore, mentre il Turkmenistan, sebbene auto dichiaratosi stato neutrale, partecipa ai summit della SCO come invitato.

3 (consiglio dei capi di stato, consiglio dei primi ministri, consigli di ministri [esteri, interni, finanze, ecc.], segretariato [basato a Pechino], organismi ad hoc, lingue di lavoro [russo e cinese])

4 Il 4 giugno 2014, nella capitale tagika Dushanbe, è stata avanzata l'idea di fondere la SCO con la Collective Security Treaty Organization, ma l’idea non ha avuto seguito per l’opposizione russa. Ora, in preparazione del summit dei BRICS di agosto, si è tornato a parlare della fusione tra SCO, CSTO ed EAEU (Unione Economica dell’Eurasia). Ancora una volta si sono registrate le perplessità di Mosca, che con EAEU e CSTO tenta di legare a sé, con pallide copie del COMECON e Patto di Varsavia, le ex repubbliche sovietiche. Inoltre, sulla scia dell'invasione russa dell'Ucraina nel 2022, molti membri della SCO, CSTO ed EAEU hanno preso le distanze dalla cooperazione militare ed economica con la Russia.

5 esempio di questo feticcio è la adesione alla NATO di Grecia e Turchia, arcirivali prima della loro adesione alla Alleanza, rimasti tali anche dopo

6 È utile ricordare che l’Arabia Saudita nel 2007, per dotarsi di uno strumento di deterrenza nei confronti dell’Iran, aveva acquisito dei missili a medio raggio di produzione cinese DF-21 (Dong Fen, vento dell’Est) del raggio di quasi 2.000 chilometri e in grado di portare sia testate convenzionali o nucleari, rinnovando un altro acquisto, risalente agli anni ’80, di missili DF-3, in entrambi casi con il pieno avallo di Washington https://foreignpolicy.com/2014/01/30/why-did-saudi-arabia-buy-chinese-missiles/

7 China announces ‘renaming’ of 11 places in Arunachal Pradesh, including one close to Itanagar https://www.thehindu.com/news/national/china-releases-third-set-of-chinese-names-to-assert-its-claim-over-arunachal-pradesh/article66695225.ece

8 La prassi delle riunioni dei ministri degli esteri è un passo importante e per nulla formale, essendo finalizzate alla preparazione delle agende dei summit di capo di stato e di governo per ridurre al massimo i tempi ed elementi di frizione e di facilitare il raggiungimento di intese, ad esempio si veda http://otca.org/en/wp-content/uploads/2021/01/Regulation-of-the-Meeting-of-Ministers-of-Foreign-Affairs.pdf

9 SCO: China defence minister in India amid border tensions», BBC, April 27, 2023 https://www.bbc.com/news/world-asia-india-65399808

10 Pakistan set to host trilateral dialogue with China, Afghanistan https://www.aljazeera.com/news/2023/5/6/pakistan-set-to-host-trilateral-dialogue-with-china-afghanistan

11 Do Kazakhstan’s protests signal an end to the Nazarbayev era? https://www.aljazeera.com/news/2022/1/11/qa-kazakh-activist-yevgeniy-zhovtis-on-mass-unrest

12 China Looks to Fill a Void in Central Asia https://www.usip.org/publications/2023/05/china-looks-fill-void-central-asia

13 L'OTS, precedentemente chiamato Consiglio turco o Consiglio di cooperazione degli Stati di lingua turca, è un'organizzazione intergovernativa che comprende Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Turchia e Uzbekistan. È un'organizzazione intergovernativa il cui obiettivo principale è promuovere una cooperazione globale tra gli stati di lingua turca. Proposto per la prima volta dal presidente kazako Nursultan Nazarbayev nel 2006, è stato fondato il 3 ottobre 2009 a Nakhichevan (una enclave azera tra Armenia e Iran). Durante l'ottavo vertice di Istanbul nel 2021, il Consiglio turco muta in Organizzazione degli Stati turchi. Il Segretariato Generale è a Istanbul. Ungheria, Cipro del Nord e Turkmenistan sono gli stati osservatori. Esiste l’assemblea parlamentare (sede a Baku), l’organizzazione della cultura (Ankara), l’organizzazione della cultura, l’accademia internazionale (Astana), fondazione per le tradizioni (Baku), centro per le civiltà nomadi (Biškek), consiglio economico (Istanbul)

14 Shapiro J., Ankara e Pechino si sfiorano, senza colpirsi, Domino, 5, 2023, pp.128-132

15 Chinese FM urges strategic independence, security cooperation at SCO meeting http://en.people.cn/n3/2023/0506/c90000-20014869.html

16 SCO Summit in Samarkand: Alliance Politics in the Eurasian Region https://www.swp-berlin.org/en/publication/sco-summit-in-samarkand-alliance-politics-in-the-eurasian-region

17. NATO to set up liaison office in Tokyo, beef up regional ties, Nikkei reports https://www.reuters.com/world/asia-pacific/nato-set-up-liaison-office-tokyo-strengthen-links-region-nikkei-2023-06-13/

18 Policy paper - Joint Leaders Statement on AUKUS: 13 March 2023 https://www.gov.uk/government/publications/joint-leaders-statement-on-aukus-13-march-2023/joint-leaders-statement-on-aukus-13-march-2023