Nonostante il recente viaggio del presidente Draghi in Libia, la Turchia continua ad essere l’alleato principale del nuovo governo (provvisorio?) di Tripoli.
Nel novembre 2019, dopo aver firmato un memorandum d'intesa con l’allora premier al-Sarraj sullo sfruttamento delle ZEE libica, la Turchia ha inviato a Tripoli armi, consiglieri militari e soprattutto combattenti “siriani”, reclutati da gruppi ribelli filo-turchi che avevano combattuto nella guerra civile. Questo ha permesso alle milizie filo-GNA di prendere l'iniziativa contro l'ANL di Haftar, che avevano messo sotto assedio la capitale. Successivamente il fronte si è stabilizzato sulla linea di al-Jufrah.
Le trattative diplomatiche – messe in piedi per impedire ai miliziani appoggiati da Ankara di entrare in Cirenaica e avvicinarsi quindi troppo al confine egiziano – hanno portato a un cessate il fuoco, firmato nell'ottobre 2020. Tuttavia, la tregua, non ha portato alla partenza dei foreign fighters, come prevedeva l'accordo. Poi, sotto l'egida delle Nazioni Unite, è stato avviato un processo di transizione politica in Tripolitania che ha permesso la formazione di un governo unico, guidato da Abdelhamid Dbeibeh (il GNA e le autorità di Tobruk sono finalmente svanite).
Ora si tratta di organizzare le elezioni entro il dicembre 2021, ma non è scontato che debbano avvenire.
Da quando il governo Dbeibeh è entrato in carica a marzo, diversi paesi, come Egitto, Malta e Francia, hanno annunciato l’intenzione di riaprire le loro ambasciate.
La capitale libica, infatti, non ha mai smesso di accogliere ministri e funzionari degli esteri. Il 25 marzo i capi della diplomazia francese, tedesca e italiana si sono recati a Tripoli per incontrare le nuove autorità e manifestare il loro sostegno al processo politico in atto. Anche il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha compiuto il viaggio per dimostrare il sostegno dell'Unione al nuovo governo. Poi il 6 aprile si sono recati lì anche i primi ministri greco e italiano, Kyriakos Mitsotakis e Mario Draghi.
Per il capo dell'esecutivo greco, la questione da affrontare con il nuovo governo verteva sul memorandum d'intesa sui confini marittimi firmato da Ankara e dall'ex GNA nel novembre 2019. “Questo nuovo passo nelle nostre relazioni consentirà di correggere e cancellare gli errori fatto durante la fase precedente”, ha dichiarato il premier Mitsotakis, chiedendo “la cancellazione di documenti illegali presentati come accordi tra Stati quando non hanno alcun valore giuridico”.
Nello spazio di mare che separa la Turchia dalla Libia, infatti, ci sono le acque territoriali greche e cipriote le quali nasconderebbero importanti giacimenti di gas naturale e dove sarà costruito il gasdotto EastMed, che coinvolgerà Grecia, Repubblica di Cipro, Israele e l’Italia. Da qui la messa in discussione giuridica del memorandum d'intesa in questione, su cui Ankara si basa per giustificare le sue perforazioni nel Mediterraneo orientale, sulla base del fatto che "viola i diritti sovrani di Stati terzi" e che "non è conforme con la legge del mare".
In risposta a Mitsotakis, il premier libico Dbeibeh ha dichiarato di comprendere "l'importanza di qualsiasi accordo che possa portare soluzioni adeguate preservando i diritti di Libia, Grecia e Turchia". Ha inoltre aggiunto: "Siamo pronti a istituire commissioni congiunte con la Grecia per riprendere le discussioni sulla delimitazione dei confini marittimi e per definire la zona economica esclusiva per ogni paese tra Creta e Libia".
Meno di una settimana dopo queste dichiarazioni, Dbeibeh - vicino ai circoli economici turchi - si è recato ad Ankara, a capo di un'imponente delegazione, per incontrare il presidente turco.
"Per quanto riguarda gli accordi firmati tra i nostri paesi, in particolare quello relativo alle delimitazioni marittime, ribadiamo che essi si basano su basi giuridicamente valide e servono gli interessi dei nostri due paesi", ha dichiarato il premier libico Dbeibeh, a fianco del presidente Erdoğan. "Oggi abbiamo rinnovato la nostra determinazione" su questo accordo, ha confermato quest'ultimo.
"Vogliamo rafforzare la nostra solidarietà e la nostra cooperazione […] Sosterremo il governo di unità nazionale nello stesso modo in cui abbiamo sostenuto il precedente governo legittimo a Tripoli", ha ulteriormente assicurato Erdogan. Ciò significa che il sostegno militare di Ankara non cesserà visto che un accordo su questo argomento era stato firmato anche con il GNA nel novembre 2019. Inoltre, lo scorso dicembre, il parlamento turco ha prorogato di 18 mesi l'autorizzazione a dispiegare soldati turchi in Libia.
A quanto pare, il legame tra Tripoli e Ankara appare sempre più saldo, nonostante un cambio di premier. Anzi, se al-Sarraj appariva “costretto” ad accogliere gli aiuti turchi per poter contrastare l’aggressione delle milizie di Haftar (anche a causa dell’assurda inerzia europea e italiana), il nuovo premier libico sembrerebbe assolutamente in linea con la politica turca, ben disposto a trasformare il territorio della Tripolitania in una colonia di Ankara.
Foto: presidenza del consiglio dei ministri / GNU / Anadolu Agency