Una domanda che si ripete in eterno, il senso della vita. Perché l'uomo viene al mondo? Un momento così breve in confronto all'eternità.
Non so se sia meglio che l'uomo non conosca il proprio destino. Meglio, perché così può chiedersi: qual è il senso della vita?
Davanti a me ho i versi del nostro conterraneo Fëdor Tyutchev, poeta e diplomatico: “L'unità non si può ottenere solo con il sangue e con il ferro. Solo l'amore può indicare la via e mostrare ciò che durerà più a lungo”.
Sono convinto che con il sangue non si costruisce un mondo sicuro ma con la concordia, sì.
Noi, gli uomini, politici, filosofi, attori, lavoratori, contadini, appartenenti a tutte le religioni, dobbiamo essere uniti. Solo se siamo uniti, tutto si risolverà.
(Mikhail Sergeyevich Gorbachëv, ultimo leader dell'Unione Sovietica, 2 marzo 1931 – 30 agosto 2022)
Non tutti sanno che, tra le molte curiosità nel passato di Mikhail Sergeyevich Gorbachëv ci fu anche una breve parentesi cinematografica quando, nel 1993, recitò un piccolo cameo di se stesso nel bellissimo film “In weiter Ferne, so nah!”, uscito in Italia con il titolo di “Così lontano così vicino”, a sua volta continuazione dell'ancora più magistrale “Der Himmel über Berlin” (“Il cielo sopra Berlino” in lingua italiana) entrambi girati dal maestro Ernst Wilhelm "Wim" Wenders.
È proprio con le parole da lui pronunciate in questa sua piccolissima parte cinematografica che ho voluto iniziare la presente analisi perché Gorbachëv è stato un uomo che allo stesso tempo ha fatto la Storia e del quale la Storia si è presa gioco.
La sua parabola terrena rappresenta un monito importantissimo per noi analisti geopolitici ammonendoci sul fatto che: “non necessariamente la Storia premia gli uomini buoni, ed anzi, nel ring delle relazioni internazionali, a risultare paganti non sono l'onestà e l'empatia, ma la scaltrezza e la capacità di osare”. Ed è proprio questo pensiero che racchiude in poche linee l'essenza del “personaggio Gorbachëv” a livello geopolitico; un uomo che è osannato in Occidente per aver contribuito in maniera determinante alla fine della Guerra Fredda ma che allo stesso tempo è odiatissimo in Russia (ed anche in buona parte dello spazio ex-sovietico) per aver in qualche modo facilitato la disintegrazione dell'Unione Sovietica ed aver posto le basi per trent'anni di instabilità, crisi economiche e guerre che continuano tutt'ora (basti guardare alla presente Guerra Russo-Ucraina). Ecco dunque che questa breve analisi non ripercorrerà la vita e le gesta di Gorbachëv in toto ma si focalizzerà su un aspetto in particolare, quello più importante: il suo lascito per quanto attiene alle scelte di politica estera e le conseguenze di tali scelte.
Salito al potere nel 1985, dopo la morte del suo fragile e malato predecessore Konstantin Ustinovich Chernenko, alla “tenera” età di 54 anni Gorbachëv era il leader più giovane che l'URSS avesse mai avuto. Conscio che il sistema che lo aveva portato al potere stava ormai andando in pezzi, egli si imbarcò in una serie di riforme dichiaratamente ambiziose che nei suoi piani avrebbero dovuto ristrutturare il paese, renderlo più competitivo ed economicamente sostenibile, rivitalizzare il sistema comunista ed introdurre elementi di democrazia nel processo decisionale.
Nell'ambito della politica estera, Gorbachëv tentò di inaugurare una politica di disarmo globale e coesistenza pacifica tra gli Stati Uniti ed i loro alleati occidentali da un lato e l'Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia dall'altro. Eppure, le forze della Storia si erano messe in moto e, al tempo, le leadership dei paesi “socialisti fratelli” erano ormai ampiamente screditate agli occhi delle loro popolazioni mentre tra i due lati della Cortina di Ferro e del Muro di Berlino cresceva il mai sopito desiderio di riunificazione del popolo tedesco.
Ora, è importante notare che i paesi del cosiddetto Patto di Varsavia erano noti nell'abecedario della diplomazia mondiale del periodo anche con il nome di “Impero Europeo dell'Unione Sovietica” perché, seppur non formalmente parte integrante del grande stato, ne formavano in ogni caso una sorta di “frontiera militare” con l'Occidente per cui rappresentavano una sorta di “estensione fisica” dell'URSS stessa. Ciò valeva in particolar modo per la cosiddetta Repubblica Democratica Tedesca, nota ai più con il nome di “Germania Est”, che proprio di questo “impero” costituiva l'elemento più “pregiato”. È necessario altresì ricordare che l'esistenza di tale “impero” era stata la naturale conseguenza della vittoriosa conclusione della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale l'URSS aveva sofferto immani distruzioni e la morte di un numero variabile di morti compreso tra i 27 ed i 40 milioni (le cifre restano discordi e probabilmente la reale entità dell'ecatombe non la conosceremo mai).
Nello scenario strategico dell'immediato Dopoguerra, e per tutta la cosiddetta “Guerra Fredda”, la traumatica esperienza della Seconda Guerra Mondiale fece sì che sia la leadership politica che quella militare del Cremlino adottassero il doppio mantra della “priorità ai militari” (cioè che il paese avrebbe costruito un sistema solido ed inattaccabile che gli avrebbe garantito di trovarsi sempre in una posizione di forza contro gli eventuali nemici anche se tale politica fosse andata a detrimento degli standard di vita della popolazione civile sovietica) e della “difesa degli spazi di sicurezza”, ossia il mantenimento di un cordone di stati satelliti che avrebbero contribuito a difendere e rendere più sicure le frontiere esterne dell'Unione Sovietica così che, nel caso di una nuova guerra che la coinvolgesse in Occidente, l'Unione Sovietica avrebbe avuto a disposizione una “zona di cuscinetto” nella quale impegnare le forze nemiche risparmiando così il territorio nazionale dalle devastazioni di una nuova invasione come già troppe volte era capitato nel corso della Storia (invasioni polacco-lituane del XV e XVI secolo, invasione svedese all'epoca della Grande Guerra del Nord del 1700-1721, invasione napoleonica del 1812, invasione da parte degli Imperi Centrali nel corso della Prima Guerra Mondiale, intervento degli Alleati nel corso della Guerra Civile Russa ed invasione delle potenze dell'Asse nel corso della Seconda Guerra Mondiale).
Al di là della comprensibilissima ostilità ideologica che si può provare per il Comunismo, anche il critico più virulento non può fare a meno di notare che se c'è una cosa che questo elenco di disastri geopolitico-militari deve insegnare è che un paese non può MAI e poi MAI permettersi di sottovalutare le problematiche relative alla sua sicurezza nazionale, la quale non deve mai venire data per scontata né affidata “al buon cuore delle potenze straniere” e che l'impostazione strategica decisa a quel tempo dai vertici dell'Unione Sovietica fosse assolutamente comprensibile, razionale e persino “legittima” alla luce sia delle esperienze pregresse che al suo ritrovato rango di grande potenza.
(Piccola parentesi, questa è una regola che vale anche per l'Italia, la quale ha da troppo tempo abiurato al suo “dovere geopolitico” di esercitare la sua legittima influenza nel Mar Mediterraneo, chiusa parentesi).
Ora, una prima, macroscopica conseguenza delle politiche di Gorbachëv, (ma anche del suo successore Eltsin, primo presidente della nuova Federazione Russa) fu quella di spingere l'Unione Sovietica a rinunciare tout court all'impero europeo che si era faticosamente guadagnata pagandolo con il sangue del suo popolo. Non solo, gli eventi del 1989-1991 (caduta del Muro di Berlino, riunificazione della Germania, fine dei regimi comunisti nell'Europa orientale, scioglimento del Patto di Varsavia e disintegrazione della stessa URSS) finirono de facto per azzerare secoli di evoluzione territoriale e conquiste geopolitiche della Russia, tanto che nel 1992 i confini della moderna Federazione Russa erano grosso modo comparabili a quelli che la Russia aveva nel 1672, l'anno dell'ascesa al potere dello zar Pietro il Grande (320 anni prima!). Certamente, adottando un'ottica meno severa nei confronti del defunto ex-leader sovietico si può obiettare che tali trasformazioni fossero semplicemente “inevitabili” e che in ogni caso il progetto di lungo periodo dell'inquilino del Cremlino fosse quello di favorire l'avvicinamento dell'Unione Sovietica all'Occidente facendo affidamento su tutta una serie di garanzie che i leader occidentali gli avevano fatto (per esempio la spinosa questione dell'allargamento ad est dell'Alleanza Atlantica). E proprio qui sta il nodo gordiano dell'intera vicenda ed il principale “capo d'imputazione” mosso a Gorbachëv da Vladimir Vladimirovich Putin, l'attuale presidente della Russia, che “buono” non lo è di certo ma ha dimostrato un'infinità di volte di non essere affatto uno stupido o uno sprovveduto, e che potremmo in qualche modo parafrasare così: “in un mondo di leader spietati e rapaci, Gorbachëv ha commesso l'inaudita leggerezza di fidarsi della parola data e delle chiacchiere verbali quando in realtà l'unica cosa che conta (quando e se mai veramente conta!) è il pezzo di carta su cui viene redatto il trattato”.
Questo ragionamento ha perfettamente senso alla luce degli eventi che hanno interessato l'Europa orientale dagli anni '90 ad oggi ed ascoltando le parole (molto spesso a sproposito) pronunciate da varie figure che si alternano sugli schermi delle nostre TV. Quando individui come il generale Vincenzo Camporini oppure i politologi fratelli Mauro ed Andrea Gilli o altri ancora dicono tranquillamente sui teleschermi, senza pensare minimamente alle conseguenze, frasi quali: “L'espansione della NATO ad est è un mito e la Russia sapeva benissimo cosa sarebbe successo” loro stanno essenzialmente dicendo, tradotto per i non addetti ai lavori: “l'Occidente ha vinto la Guerra Fredda quindi aveva e ha tutti i diritti di umiliare la Russia ed espandersi fino alle sue frontiere ed al Cremlino devono state zitti e muti, e chi se ne frega della Storia della Russia, adesso comandiamo noi e imporremo ai russi le condizioni che vogliamo, che a loro piaccia o non piaccia”. Questo è in estrema e brutale sintesi ciò che una “élite” superficiale e bambinesca pensa delle relazioni internazionali e dei rapporti tra paesi.
Purtroppo per lui, e qui è impossibile non dare ragione ai suoi più virulenti detrattori in patria, Gorbachëv è stato troppo naive da credere che i rapporti interpersonali che egli aveva forgiato con una serie di figure apicali della politica occidentale avrebbero potuto fungere da assicurazione esterna sia per il suo potere personale che per l'integrità del suo paese con il risultato che la Storia, quella vera, ha finito per prendersi gioco sia di lui che della sue buone intenzioni.
Per concludere, non esiste a mio avviso modo migliore per riassumere il lascito più propriamente geopolitico di un uomo sostanzialmente onesto ma che non è riuscito a guardare gli eventi in prospettiva, se non quello di dare la parola ad una delle tante voci dalla Russia profonda che così ha commentato la dipartita del vecchio leader riportandola prima nell'originale inglese e poi traducendola in italiano:
He agreed to accept that “help” from the U.S. to detroy our country. If it was done in a different way, that would have been a completely different story. He put in poverty millions, created cradles of hate, further conflicts among post-soviet countries. I am sure he has a special pot in Hell. Not all humans deserve sympathy. From a position of kid of Perestroika and total collapse it generated, I can say that we had to migrate from Almaty to Moscow, because kazakhs started to discriminate against us. We faced a lot of hardships in our new place during the 90s. My dad was working as a prosecutor and I didn't see him because of his work and mum was afraid that he could be shot. So I have no sympathy for this old f****t. He knew what he was doing and was greedy. Why his family doesn't live in Russia?
Ha accettato “quell'aiuto” dagli Stati Uniti per distruggere il nostro paese. Se le cose fossero state fatte in un'altra maniera sarebbe stata tutta un'altra storia. Ha ridotto milioni in povertà, creato culle d'odio, e causato altri conflitti tra gli stati ex-sovietici. Sono sicura che gli è stato riservato un posto speciale all'Inferno. Non tutti gli esseri umani meritano simpatia. Da una posizione di figlia della Perestroika e del collasso totale che ha causato, posso dire che noi siamo stati costretti a migrare da Almaty a Mosca, perché i kazaki hanno iniziato a discriminarci. Abbiamo patito molto nella nostra nuova dimora negli anni '90. Mio padre lavorava come pubblico ministero e io non potevo vederlo a causa del suo lavoro e perché la mamma era spaventata dal fatto che gli avrebbero potuto sparare. Quindi non ho alcuna simpatia per quel vecchio c******e. Sapeva ciò che stava facendo ed è stato avido. Perché la sua famiglia non vive in Russia?
Ciao Gorby. Sono sicuro che, nonostante ciò che dicono i tuoi detrattori, eri un uomo onesto e forse anche buono. Ma, geopoliticamente parlando, hai fallito in pieno. E questa è l'amara verità.
Foto: Bob Galbraith