Il seguente articolo si propone di analizzare in via generale alcuni tra gli elementi più significativi che caratterizzano il fenomeno del terrorismo islamico con particolare riferimento alle dinamiche legate al sedicente "Stato Islamico".
Tale analisi viene condotta al fine di individuare come le forme nuove della conflittualità richiedano un mutamento nelle risposte che consentano di fronteggiare in modo efficace la minaccia del terrorismo transnazionale.
I recenti attacchi terroristici di Parigi, Copenaghen e di Tunisi, la perdurante presenza dello “Stato islamico” e la centralità assunta dai mezzi di comunicazione di massa e dei social media pongono con urgenza la necessità di comprendere la minaccia costituita dal terrorismo di matrice jihadista.
Un mutamento di scala
Un primo elemento di analisi è costituito dalla sovrapposizione di diverse scale geografiche in cui opera il fenomeno del terrorismo jihadista.
Scala locale e struttura reticolare: il sedicente IS opera in una dimensione “reticolare” costruendo a livello locale gruppi terroristici affiliati come nel caso della Nigeria e delle Libia. Questo livello reticolare si sviluppa, inoltre, su di una direttrice scalare di tipo globale attraverso le reti di contatto con soggetti simpatizzanti ovvero militanti delle organizzazioni di tipo terroristico.
Scala regionale: Nella fase attuale l’intero Medio oriente è caratterizzato da una transizione complessa nelle sue dinamiche che stanno disarticolando l’intero assetto geopolitico precedente. Crisi dei regimi previgenti e radicalizzazione religiosa costituiscono due delle componenti decisive per la comprensione del contesto Mediorientale: con la crisi della forma Stato abbinata all’uso della religione in funzione ideologica, si è insinuata nel fragile contesto mediorientale, una minaccia tale da destabilizzare - anche in relazione agli enormi problemi dell’area sotto il profilo economico e sociale legati in particolare all'assenza di sviluppo economico, al collasso di Stati caratterizzati da conflitti etnici e/o da contrapposizioni di tipo religioso, da lotte politiche degeneranti in guerre civili - l’intera area attraverso la costruzione di una organizzazione che ambisce a formare una entità statual-religiosa che costituisce una minaccia a livello regionale, europeo e globale nel cuore del Medio Oriente.
Scala europea: La posizione geografica dell’Europa la pone al centro delle minacce alla sicurezza: sia per quanto attiene le potenziali minacce alla sicurezza connesse alla prossimità geografica del Medio Oriente sia per quanto concerne le possibili minacce “interne” costituite da propri cittadini o soggetti emigrati aderenti – in una dinamica la cui analisi richiederebbe il coinvolgimento della sociologia, dell’antropologia e della storia sociale - direttamente ovvero indirettamente a gruppi terroristici.
Scala mondiale: La minaccia costituita dal terrorismo opera su un livello che coinvolge l’intero pianeta. L’attacco dell’11 settembre 2001, ha reso manifesta uno sviluppo nelle forme della conflittualità contemporanea che non tiene conto di alcun limite: geografico, giuridico ovvero negli strumenti utilizzati per lo svolgimento delle operazioni terroristiche.
Le scale suddette operano sia singolarmente che in modo transcalare determinando un legame costante tra conflitti di tipo locale e globale.
Asimmetria e nuove tecnologie
E’ evidente che ci troviamo dinnanzi ad un conflitto di tipo “asimmetrico” in cui l’avversario adotta tecniche e modalità operative riconducibili non solo a schemi di tipo tradizionale ma anche alla guerra insurrezionale anzi, proprio la non-convenzionalità costituisce la cifra maggiore del terrorismo odierno. A detta asimmetria sulle tecniche del conflitto armato si combina, come l’esempio dell’IS dimostra, l’uso intensivo delle tecnologie informatiche applicate soprattutto al campo della comunicazione e dei social media. E’ questo un elemento da sottolineare per la comprensione del mutamento in atto, in cui vi è la combinazione tra forme insurrezionali di guerra e l’uso di tecnologie moderne finalizzate alla propaganda, alla comunicazione “globale”, ed al reclutamento (anche questo su scala transnazionale). L’uso dei social media mostra la dimensione reticolare e globale delle minacce alla sicurezza. L’azione di proselitismo condotta via web funziona come “esca” che tende a coinvolgere singoli soggetti -“c.d. lupi solitari”- che a seguito di indottrinamento ovvero per emulazione, potrebbero condurre azioni di tipo terroristico nei loro paesi ovvero aggregarsi al sedicente IS.
Dimensione statuale e territoriale
Uno dei fattori che caratterizza maggiormente l’attuale fase di conflitto in Medio Oriente è sicuramente dato dal “collasso” o “fallimento” delle realtà statuali come la Libia, dalla disaggregazione dell’Iraq, dalla conflittualità in Siria che hanno favorito le condizioni sociali e di potere affinché emergesse l’IS quale gruppo terroristico di matrice islamista che vorrebbe divenire “Stato”. Ad oggi non si è in grado di determinare se l’IS sia in grado di assurgere alla dimensione statuale - che richiede l’organizzazione delle funzioni tipiche esercitate da uno Stato (difesa, controllo delle risorse e della popolazione) - tuttavia, ciò che rileva è come l’idea di “califfato” combinata con la fede religiosa e la volontà di instaurare un sistema politico-sociale autonomo, costituisca un elemento nuovo rispetto alle modalità operative di gruppi terroristi analoghi. Questa novità ha conseguenze geopolitiche evidenti. In primo luogo determinerebbe il rischio di insinuare in un’area critica un’entità con delle risorse economiche e finanziarie autonome, un proprio territorio, che costituirebbe - e costituisce - un pericolo per la sicurezze regionale e globale in quanto la geopolitica perseguita da una entità statuale di tipo terroristico sarebbe di tipo universale – ossia finalizzata all’espansione mondiale del sedicente califfato - costituendo in definitiva, una minaccia di tipo globale. La prima conseguenza della eventuale formazione di uno Stato Islamico sarebbe quella di ridefinire l’intero assetto della regione aprendo ulteriori scenari di conflitto in altre aree di crisi (divenendo un potenziale sovvenzionatore di gruppi radicali di matrice islamica “affiliati”) ovvero approfondendo crisi già in atto in Medio Oriente ed in altre aree come la Nigeria e la Cecenia. Questo aspetto della statualità pone una ulteriore questione che concerne la dinamica sociale del conflitto. Per dinamica sociale del conflitto si intende un ampliamento dello spettro dello scontro con le organizzazioni terroristiche che coinvolge anche aspetti istituzionali e sociali: è anche sul terreno della edificazione degli assetti sociali e del coinvolgimento delle popolazioni locali moderate che si dispiega il conflitto con le organizzazioni di tipo terroristico.
Dimensione culturale
Infine è da sottolineare la natura “trasversale” del conflitto: esso investe la cultura, le organizzazioni sociali, i media, il web, la propaganda, l’economia le visioni ideologiche e religiose.
Preso atto che il terrorismo di matrice jihadista opera quale attore che fonda sulla dimensione religiosa la propria azione e la propaganda, è evidente come la conoscenza storica e culturale del contesto mediorientale costituisca un fattore di importanza strategica per fornire una risposta di medio-lungo periodo all’attuale crisi in Medio oriente.
La comprensione e conoscenza dello specifico contesto locale è un fattore imprescindibile per operare in contesti culturali differenti. Le competenze dell’antropologia culturale, della sociologia, della comunicazione e della storia sono gli strumenti che devono accompagnare la pianificazione delle politiche di sicurezza. E’ dalla consapevolezza del contesto culturale in cui concretamente opera un attore che è possibile comprendere ed elaborare delle strategie efficaci di risposta che coinvolgono sia azioni convenzionali che azioni legate alla dinamica istituzionale, alla costruzione del consenso e che, nel loro insieme, operano quali elementi insostituibili delle politiche di sicurezza. L’aspetto culturale del conflitto in corso opera su due fronti interconnessi: quale necessario elemento di conoscenza del “campo” in cui si va ad operare, e consente una adeguata impostazione delle politiche a livello locale. Dall’analisi generale dei summenzionati elementi viene confermata la natura “multidimensionale” e “molecolare” della sfida posta in essere dal terrorismo transnazionale che richiede l’implementazione di politiche di sicurezza adeguate.