Prime lessons learned da Gaza

(di Germana Tappero Merlo)
19/01/24

I campi di battaglia si stanno spostando sempre più verso i centri abitati: lo hanno testimoniato la guerra in Ucraina, con i lunghi mesi di assedio di Mariupol, Bakhmut, Avdiivka e Kherson, e i combattimenti in Gaza City e a Khan Younis, in quest’ultima guerra destinata, pare – o almeno nelle parole di Netanyahu – a durare sino al 2025.

I due conflitti sono esempi di tipi marcatamente diversi di guerre moderne: in Ucraina è in gran parte un conflitto convenzionale tra Stati che infuriano su migliaia di chilometri di territorio conteso, e l'altro, è uno scontro non convenzionale tra un gruppo terroristico e un esercito regolare che combatte in un'area urbana angusta e densamente popolata. Tuttavia, i due conflitti hanno in comune  le battaglie per il controllo dei centri abitati, confermando la tendenza dei contendenti, già evidente in Siria e Iraq nel passato decennio, e ancora in atto in alcune aree, a sfidarsi su larga scala in una guerra urbana, con un trend che ora sembra essere in aumento, con l’inevitabile conseguenza di imporre revisioni anche al modus operandi militare occidentale. Ciò in conseguenza di alcuni elementi evidenti che vanno a comporre scenari completamente nuovi riguardo alla sicurezza nazionale di numerose entità statali e, di conseguenza, anche alla stabilità internazionale. E l’Italia, per il posto che occupa in Europa e nel Mediterraneo, non può ritenersi esclusa.

Fonti delle Nazioni Unite affermano che nel 2050 il 68% della popolazione mondiale risiederà in metropoli1: e data la crescente instabilità internazionale, il proliferare di soggetti armati non statali (NSAG), foraggiati da piccole-medie potenze, e considerando anche l’economicità di parecchi sistemi d’arma, parimenti efficaci e letali rispetto ad equipaggiamenti pesanti ma costosi a disposizione delle forze armate regolari, fonti militari occidentali parlano sempre più dell’urgenza per le proprie forze di difesa a padroneggiare, con nuove tattiche e materiali, quelle che chiamano MOUT, ossia operazioni militari su terreni urbanizzati.

Le stesse forze statunitensi hanno l’esperienza, acquisita negli ultimi decenni, a combattere anche NSAG in centri urbani (Fallujah e Ramadi - foto) o a sostenere le forze locali che hanno contrastato lo Stato islamico (Mosul e Raqqa). Tuttavia, non hanno affrontato – almeno negli ultimi decenni - il tipo di sfide che le forze di difesa israeliane (IDF) stanno incontrando ora in aree urbane come Gaza e Khan Younis. Forse, proprio da quanto sta avvenendo nella Striscia, è possibile già delineare alcune lessons learned per queste nuove sfide MOUT che paiono essere probabili in un futuro molto prossimo.

Inizialmente, ed è noto, le difficoltà maggiori per l’IDF sono state dovute al continuo lancio di razzi e alla presenza dei tunnel2, sfide che hanno condotto le forze di Gerusalemme non solo a fare buon uso delle lezioni apprese dai conflitti precedenti (come quello del 2014)3 ma anche a rivedere con urgenza tattiche operative, con relativa introduzione di armi innovative e modifiche ai veicoli in dotazione, sino a modificare l’impiego4 e la struttura delle proprie unità militari5, come l’ampliamento dell’ operatività alle unità speciali antiterrorismo (Lotar) e la presenza, per una stima del 40% dei combattenti, di donne soldato (in particolare, l’Unità Caracal). Insomma, una guerra contro Hamas, un nemico NSAG, che fa del terrorismo la sua tattica dominante ma che opera militarmente ed esclusivamente da un habitat fortemente abitato e che ha avviato, con gli attacchi del 7 ottobre, la più grande operazione kamikaze per il proprio popolo palestinese. Da qui le sfide belliche per lo Tsahal (Forze Armate dello Stato d'Israele, ndr) per impieghi operativi oggetto di studi futuri in previsione di una proliferazione di quel tipo di ambiente bellico.

Il continuo lancio di razzi da Gaza verso Israele, con l’immancabile scudo garantito da Iron Dome, ha imposto all’IDF l’introduzione di nuovi strumenti operativi più performanti, come il mortaio Iron Sting (foto seguente), in dotazione all’unità Maglan, utilizzato per colpire i lanciarazzi di Hamas ubicati in Gaza City, appunto. Sono apparsi anche i missili a spalla ebraici di ultima generazione, Holit e Yated, dal nome di due kibbutzim colpiti nei massacri di ottobre. Questi missili, dall’autonomia più lunga e del 50% più grandi rispetto ai predecessori, sono stati progettati per combattere proprio nelle aree dense e pesantemente edificate6.

Per i combattimenti sul terreno, oltre alla dotazione ai soldati di occhiali per la visione tridimensionale Ido per le operazioni nei tunnel o in situazione di scarsa visibilità come l’alba e il tramonto, sui loro fucili d'assalto sono stati adottati i mirini con sistema elettro-ottico SMASH Fire Control System (FCS), della società Smartshooter (Israele) più leggeri dei loro predecessori e in grado di identificare un nemico in frazioni di secondo, bloccando l’immagine dei bersagli e quadruplicandone, di conseguenza, le possibilità della loro eliminazione. È stata anche impiegata a Gaza la IWI (Israeli Weapon Industry) Negev NG7 (7.62x51mm Nato)7, una mitragliatrice che offre una penetrazione di muri e macerie superiore a quelle in dotazione in precedenza.

La guerra ad oltranza al comando del terrore e alle reti sotterranee di Hamas (il cui utilizzo come bunker di rifugio per i propri civili è da sempre tassativamente interdetto) ha imposto svolte anche nel dominio aereo, sebbene in ambiente urbano altamente popolato e, proprio per questo, sempre preceduto dall’appello israeliano ai civili palestinesi per uno sgombero preventivo. Le unità di caccia Adir della IAF (140 Squadron, Golden Eagle, e Squadron 116, Southern Lions) sono state dotate esternamente di dumb bombs del sistema Joint Direct Attack Munition (JDAM) - Israele è il primo Paese al mondo ad impiegarle operativamente - garantendo ai propri velivoli una dotazione di diversi tipi di bombe, per più attacchi in meno voli, mostrando quindi una flessibilità e una maggiore adattabilità al fine di combinare differenti sortite in un’unica missione.

Questa guerra ad Hamas ha portato anche a rivoluzioni operative nei domini del mare (primo utilizzo di navi Saar 6)8 e del cielo. A difendere Israele gli attacchi dal cielo, in particolare quelli provenienti dal Mar Rosso per opera degli Houthi, oltre ad Iron Dome e il sistema terra-aria Patriot fornito dagli Stati Uniti, l’ IDF ha impiegato il sistema di difesa a lungo raggio Arrow(Hetz)3 (Usa e Israele) 9, entrato così nel suo primo uso operativo. Ciò è avvenuto dopo il successo dell’impiego di Arrow 2, a inizio novembre, che ha segnato probabilmente (secondo fonti israeliane) il primo caso in assoluto di combattimento al di fuori dell’atmosfera terrestre10 : entrambi gli Arros sono stati progettati, infatti, come sistemi avanzati di difesa aerea per intercettare missili balistici nello spazio. Ad Iron Dome, Patriot, Arrow si è unito il più modesto sistema di intercettazione aerea a medio e lungo raggio David's Sling israeliano, in una storica collaborazione, per la prima volta, a quattro sistemi in contemporanea.

Tuttavia, i nuovi conflitti stanno mostrando come sia cambiato il significato di superiorità aerea quando a confrontarsi sono forze sia convenzionali regolari (Ucraina - foto) che queste ultime contro NSGA (Gaza). La stessa aggressione di Hamas del 7 ottobre ha incluso attacchi multipli da parte di droni relativamente economici, contro obiettivi aerei e navali altamente tecnologici, molti dei quali sono risultati efficaci, nonostante l'indiscussa dominanza convenzionale dell'aria da parte di Israele. Entrambi i conflitti, quindi, suggeriscono che la vera superiorità aerea non può più essere raggiunta solo costruendo una flotta multimiliardaria e high-tech per sconfiggere le capacità avversarie. Anche perché ci saranno ancora più droni di quelli attuali a sorvolare i futuri campi di battaglia, data la loro economicità e, di conseguenza, l’ampia disponibilità per qualsiasi Stato di piccola e media potenza o NSAG che desideri comprarli.

Si tratta della mercificazione (commodification) della tecnologia militare: da altamente sviluppata e costosa a merce acquistata e venduta quotidianamente a buon mercato. Infatti, rimanendo in Gaza, ma alcuni studi lo hanno verificato anche in Ucraina11, i costi delle armi in dotazione ai NSGA come Hamas risultano accessibili e ridicoli rispetto a quanto gli viene opposto: un missile Qassam di Hamas (con combustibile a base di zucchero e fertilizzanti) costa dai 300 agli 800 dollari a fronte dei 50mila dollari di ogni intercettatore Tamil dell’Iron Dome (una singola batteria costa 100milioni di dollari); i carri israeliani Merkava 4M costano 3,5 milioni di dollari per unità ed è nota la loro vulnerabilità in ambienti urbani, anche solo ai missili artigianali al-Yassin 105 di Hamas12 che, si stima, costino 200 dollari l’uno. Lo stesso rigore economicista lo si può utilizzare per i droni, argomento cruciale, al momento, soprattutto per l’Ucraina (il russo Zala Lancet costa 35mila dollari a fronte degli 11 milioni di dollari di un carro Leopard II) o per i missili degli Houthi (2mila dollari ciascuno a fronte di un sistema di contrasto della Marina US da 2 milioni di dollari).

Insomma, le nuove guerre come in Ucraina e quella in Gaza, qui solo in parte esaminata, stanno evidenziando tendenze operative ambientali (zone urbane altamente abitate) e strumentali (armi efficaci ed economiche) totalmente nuove, con la presenza dominante di soggetti fortemente determinati ideologicamente (Russia e Hamas) e facilmente sponsorizzabili, come avviene per numerosi NSAG nel mondo, nella fattispecie, Hamas e Houthi, ma anche Hezbollah, qui non analizzato ma antagonista molto impegnativo per Israele. Ciò dovrebbe indurre a urgenti riflessioni sulla natura delle nuove minacce, sull’efficacia della deterrenza altamente tecnologica dei sistemi di difesa statali convenzionali (con eventuale revisione circa la destinazione dei ricchi budget militari occidentali) e l’emergenza circa l’elaborazione di nuove tattiche operative, al pari un tempo per quelle counterinsurgencies in Afghanistan e Iraq - ma si spera con meno polemiche dottrinali interne e più convinzione, visti i risultati - a fronte di un proliferare, in tutti i domini anche nuovi (ipogeo), di armamento sovrabbondante e a buon mercato nei numerosi scenari di grave crisi che caratterizzano aree geografiche strategiche, come anche il solo Medio Oriente e l’Ucraina, per restare in prossimità del nostro territorio nazionale.

4 Sono state utilizzate per la prima volta a Gaza, la Brigata di fanteria Kfir, la 5a Divisione di Riserva, l’Unità 888 Refaim.

5 Dato l’enorme richiamo di riservisti, l’IDF ha istituito una nuova Brigata, la Hashomer 855 a protezione degli insediamenti al confine con Gaza.

8 Prima ancora di entrare nella Striscia, ad ottobre, la Marina israeliana ha utilizzato per la prima volta le proprie navi Saar 6 (INS Oz, INS Magen) per attaccare le coste di Gaza, colpendo infrastrutture di Hamas, quali depositi di armi e posti di comando navali del gruppo terroristico, per poi essere impiegate nel Mar Rosso a difesa di Eilat dagli attacchi Houthi. https://www.jpost.com/israel-news/defense-news/article-768665