Il XXI secolo sarà ricordato, per le battute iniziali, per le epidemie; portatori sani di terrori ancestrali che hanno riportato alla ribalta nuovi monatti e anacronistici richiami ad una spiritualità insofferente della modernità occidentale, oltre a quella indotta dai virus si è dovuto assistere all’ondata devastante di un’altra forma di contagio, certamente non addebitabile ad alcuna volontà ultraterrena, ma agevolata dai pragmatismi di un impero ancora celeste e mai così di mezzo.
Gli oppioidi sono i vettori dell'epidemia di overdose più letale che abbia mai flagellato gli USA, e rappresentano la causa di 84.000 dei 110.000 decessi del 2022, un sestuplo in più delle overdose dal 2000. Gli oppioidi uccidono più delle armi da fuoco, degli incidenti stradali, degli omicidi, di varie forme oncologiche.
Fasi dell’evoluzione: introduzione e marketing pervasivo di OxyContin ed altri oppioidi prescrivibili che hanno triplicato i decessi negli anni 2000; interventi legislativi che, bloccando la crescita oppioide hanno incrementato quella dell’eroina con l’impennata di overdose ed il contestuale arrivo del fentanyl, oppioide sintetico 50 volte più potente dell'eroina, suo perfetto sostituto economico e adulterante.
Le overdose di fentanyl sono la principale causa di decesso per la popolazione americana compresa tra i 19 ed i 49 anni, il 90% di tutte le overdose da oppioidi. Il fentanyl ha cambiato la geografia del mercato degli stupefacenti con un movimento avvolgente, partito dagli Appalachi per spostarsi dal sud ovest verso Midwest e Nordest. Le informazioni circa il contrabbando sono poche, e la DEA1 punta al ruolo della malavita messicana; nulla però muta la natura della relazione tra importazioni e overdose, con sequestri di fentanyl di spedizioni europee e latino-americane di notevole pervasività2.
Che l’industria farmaceutica cinese sia politicamente potente per ciò che concerne le esportazioni di prodotti chimici di base e precursori, con una produzione di oltre 2.000 articoli per oltre 2 milioni di tonnellate3, non è un mistero: più di 100 miliardi di USD, pari ad un terzo del valore della paritetica americana.
Molti produttori operano nell’ombra, nascondendo la mela del fentanyl tra le altre indistinguibili migliaia di mele avvelenate; a fronte dell’offensiva diplomatica statunitense, ecco la vendita cinese di precursori chimici di fentanyl e metanfetamina ai cartelli messicani.
Il fentanyl è come l’acqua: una strada la trova. Non a caso, tra il ’90 ed il 2015 Pechino produce metanfetamine sia per il consumo interno, sia per l’export australiano e per quello asiatico orientale, tanto che dopo le sprezzanti prese di posizione iniziali, da Zhongnanhai4 giunge l’assenso alla cooperazione sino-australiana con attività bilaterali che però non hanno arrestato la produzione di metanfetamina verso sud est asiatico e Messico, punto nodale dei contrabbandi.
Finora l’applicazione cinese delle normative anti fentanyl è stata fumosa e mai diretta frontalmente contro le aziende venditrici di precursori; l’epidemia di oppioidi dunque non fa che aumentare gli attriti, anche perché qualsiasi possibile azione a contrasto viene subordinata allo stato dei rapporti geostrategici in atto.
Sotto quest’ottica, va rimarcato come il ruolo geopolitico cinese rimanga condizionato allo sviluppo economico che, se da un lato viene sostenuto oleograficamente dalle spire del Drago, dall’altro apre le porte ad una profonda vulnerabilità che sta spaccando l’impianto economico basato sull’ossimoro marxista capitalista contagiato dal virus della criminalità organizzata delle Triadi5.
A ben vedere di contraddizioni ce ne sono diverse, tutte però da interpretare sotto la lampada contestualizzante del potere comunista in versione imperiale; nel 1949 il maoismo ha bandito l’oppio, tuttavia diversi anni di riforme economiche hanno aperto le porte dell’ortodossia del PCC alla silente controrivoluzione provocata dalle allucinazioni indotte da diversi stupefacenti.
L’espansione dei gruppi criminali si ricollega alla serie delle riforme economiche volte a consentire il passaggio da una economia centralizzata ad una di stampo occidentale che ha creato, nelle campagne, sacche di povertà. Mobilità, cambiamenti sociali ed economici hanno dunque permesso l’incremento di produzione ed abuso di droghe all’interno; anche Pechino ha dovuto quindi saggiare la piaga della tossicodipendenza secondo il paradigma numerico imposto dalle dimensioni imperiali: milioni di persone da rieducare e con la certezza di aumenti esponenziali dei numeri di soggetti politicamente fragili6 e non annoverabili solo tra gli strati sociali più poveri7.
Le coltivazioni di papavero si estendono nelle zone più impervie dello Yunnan, del Guizhou e del Guangxi, cui si sommano le coltivazioni di efedra, pianta da cui si ricava l’efedrina necessaria alla produzione di amfetamine, con la Cina che rappresenta il punto di transito per l’eroina destinata ai mercati dell’Australia, dell’Europa occidentale e dell’America settentrionale8.
A fronte delle decisioni assunte da Pechino per contrastare produzione, spaccio e consumi, le stime ufficiali dei consumatori, di età compresa tra 18 e 65 anni, hanno portato il numero di tossicodipendenti, secondo dati non ufficiali ma più realistici data la demografia cinese, che superano i 12 milioni9.
Gli americani, sensibili al richiamo delle prossime elezioni presidenziali, nel tentativo di arginare l'epidemia oppioide, si sono mossi contro aziende e dirigenti cinesi accusati di esportare il necessario per produrre il fentanyl, in larga parte sintetizzato in Messico; è indubbio che la Cina10 abbia contenuto la sua cooperazione per effetto del mancato appoggio americano alla riduzione dei dazi, senza contare che anche l’attuale amministrazione dem non ha ammorbidito la linea verso Pechino. È evidente come ora ambedue i Paesi abbiano bisogno del reciproco supporto, visto che la querelle ha investito anche il Messico ed il suo presidente Lopez Obrador, più Venezuela e Bolivia, insensibili agli obblighi in tema di contrasto agli stupefacenti.
Per Biden la crisi del fentanyl si è trasformata in un’arma politica che, aumentando di valenza con il numero dei decessi, in qualche modo avvicina il GOP ("Grand Old Party" - il partito repubblicano, ndr) ai Dem.
Interessanti, trasversalmente, due aspetti: la nuova Global AI Governance Initiative, che ribadisce l’apparente opposizione cinese all’uso della tecnologia dell’Intelligenza Artificiale generativa a scopi manipolativi delle società civili, possibile strumento di disinformazione e propaganda proiettabile sulle prossime consultazioni elettorali americane; una visione speculare e contraria delle guerre dell’oppio che, tra il 1839 ed il 1860 videro il contrasto tra l’Impero cinese Qing ed il Regno Unito, che aveva aperto il mercato cinese all’oppio proveniente dall’India britannica. Da rammentare qui il continuo richiamo di Xi agli eventi del secolo dell’umiliazione ed al revanscismo nazionalista. Non è nemmeno un mistero come la Cina stia rafforzando la sua influenza nei confronti europei, grazie agli investimenti operati in infrastrutture critiche come il 5G e nell’espansione delle reti di trasporto11. Del resto il soft power cinese è politicamente centralizzato e differente da quello americano, sviluppato comunque più liberamente.
Quel che è certo è che Pechino ha ben chiari gli insegnamenti di Joseph Nye dove l’immagine del paese, legata alla sinosfera, riveste un ruolo fondamentale in una realtà globalizzata e dove l’infosfera è sempre disponibile, dove l’immagine di un governo forte è più pagante di quella di un sistema di governance liberale di minor presa. Del resto siamo in un Paese dove cultura e storia esaltano la centralità di un’informazione che azzera le distanze ed influenza le scelte, un Paese che non a caso ha fatto dell’asimmetria una dottrina.
Abbiamo fatto cenno a necessità reciproche; se alla fine delle fini Parigi val bene una Messa, allora aspetti strategici, economici e politici ben sono valsi l’incontro tra Biden e Xi nell’ambito del vertice dell’Asia Pacific Cooperation, dove, ça va sans dire, si è diffusa l’impalpabile nuvola del fentanyl accompagnata dall’ombra delle centinaia di migliaia di morti americani; eppure la guerra alla droga era ed è un argomento delicato per l'amministrazione Dem, visto che Biden prima ha fatto muro alle obiezioni mosse per il sostegno all’irrogazione di pene severe per i reati da stupefacenti, salvo poi confermare l’appoggio ad una parziale depenalizzazione della marijuana.
Se è vero che la Cina sembra disposta a regolamentare le esportazioni dei precursori, va comunque rammentato che analoghe e vane promesse furono fatte anche a Obama e Trump, espressioni di parti politiche ancora distanti sul come proteggere il confine meridionale USA.
Inutile nascondere le difficoltà: Biden è alle prese con sondaggi poco tranquillizzanti, mentre Xi cerca la formula magica per rilanciare l’economia. Se è difficile che la diplomazia possa mutare qualcosa nell’immediato, è pur vero che anche solo una parvenza di controllo non potrebbe che giovare ad entrambi i presidenti, purché i patti vengano rispettati e non compaiano repentinamente altri palloni meteo o nuovi controlli sulle esportazioni di un’economia in anossia, visto che, peraltro, nessuno dei due paesi può permettersi né ambasce economiche né il sopravvento politico dei falchi. Un campanello d'allarme è per esempio l’annuncio che informa della diminuzione in Cina degli investimenti diretti esteri, ovvero che per l’ennesima volta le aziende hanno ritirato denaro, e che un numero significativo di altissimi funzionari sono stati ultimamente licenziati, tra cui il ministro degli Esteri, il ministro della Difesa, diversi comandanti dell'EPL.
Rammentando Reagan, che riuscì a compensare deterrenza e dialogo, va comunque detto che al di là dei facili ottimismi ci sono punti, come quelli riguardanti la navigazione nel Mar cinese meridionale o le esportazioni di microchip che non hanno progredito particolarmente: di fatto Xi non ha potuto intascare alcun accordo scritto e vincolante; oltre ad effetti diplomatico-politici, quale impatto effettivo potrà produrre l’entente sul fentanyl?
Al momento, quel che è certo, è che la cooperazione antidroga rimarrà una valida merce di scambio per un fenomeno innescato dagli USA, dove l’attuale amministrazione potrà – forse - sventolare un foglio alla Neville Chamberlain versione 1938, sperando non segua la stessa sorte.
In sintesi, punti di contatto sostanziali non ne sono stati trovati, visto che peraltro nessuno intende fornire alcuna agevolazione all’antagonista, specialmente ora che la Cina cerca un time out che le dia il respiro per trarsi in salvo dalle sabbie mobili di una crisi economica che smentisce l’assunto per cui l’Oriente è in ascesa e l’Occidente in declino.
L’incontro tra Biden e Xi, in ogni caso, dovrebbe essere interpretato con maggior levità, date le percezioni che il sistema politico pechinese trae dalle interazioni dirette tra leader, evidentemente impegnati, agli occhi dei partner, ad evitare attriti incontrollabili, a cominciare da Taiwan, stato non riconosciuto da Washington come indipendente eppure da armare, e dalle sue prossime elezioni di gennaio; oppure dal non riuscito containment del pivot to Asia di Obama, colpito insieme con l’Indo Pacific Economic Framework dalla fronda interna Dem, per cui difficilmente si potrà giungere ad intese commerciali complesse in prossimità delle elezioni.
Superfluo dire che questi episodi minano la credibilità statunitense, tanto da far concludere che la democrazia, in fondo, non è così allettante pur in presenza dell’assertività cinese refrattaria al rispetto di norme e diritto internazionale.
1 Drug Enforcement Administration
2 Stime più recenti indicano che moderare la relazione tra importazioni e overdose di fentanyl anche solo del 20% salverebbe circa 3.000-4.000 vite all’anno con un valore monetario aggiunto di circa 30-40 miliardi di USD.
3 La Cina, con oltre 5mila imprese componenti l’industria farmaceutica, è il più grande esportatore globale di ingredienti chimici di base e precursori per la produzione di metamfetamina e ketamina indirizzate ai Paesi produttori di droghe illecite nel sud est asiatico, poi destinate ad Australia, Nuova Zelanda, Messico, Europa (Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Olanda).
4 Sede del PCC adiacente alla Città proibita
5 Da non sottovalutare le operazioni della GdF che hanno evidenziato una stretta collaborazione di alcuni esponenti della comunità cinese di Bologna esperti nel riciclaggio con esponenti della ‘ndrangheta e narcos sudamericani.
6 Tra gli arresti di spessore, quello del figlio dell’attore Jackie Chan, nel 2009 nominato da Pechino ambasciatore contro la droga.
7 Il possesso di droga è punito con una sanzione di 280 euro e 15 giorni di detenzione in un centro di riabilitazione. Per la massa la disintossicazione forzata può durare fino a tre anni a cui possono aggiungersene altri tre. I tossicodipendenti non sono più considerati malati di mente.
8 In Cina il consumo di droghe sintetiche ha raggiunto livelli notevoli, a partire dalle quantità sequestrate, 20 tonnellate del 2000 alle 35 del 2020.
9 Il 69,5% di assuntori riguarda i disoccupati, cui va aggiunto il 17% di contadini, ed a seguire operai con il 5%, imprenditori con 3,5%, impiegati con il 3,3%. Nel ‘49 i tossicodipendenti erano circa 20 milioni contro i 680mila delle statistiche ufficiali del 2000. Oggi si parla di almeno 40 milioni di consumatori occasionali e 7 milioni di assuntori abituali.
10 La Cina è stata inclusa perché gli USA hanno modificato la legislazione aggiungendo i Paesi di origine delle sostanze chimiche necessarie alla produzione della droga.
11 Cainiao, società di Alibaba, ha accresciuto la sua presenza nell’UE espandendo le reti aeree e di autotrasporto, realizzando un hub in Belgio ed instaurando una partnership con la tedesca Dhl.
Foto: Xinhua