Antonio Padellaro
Ed. Paper First, Roma 2019
pagg.89
L’autore, già direttore de Il Fatto quotidiano, è un giornalista che non ha bisogno di presentazione. Egli ci racconta di un fatto, anzi di un gesto, accaduto tra il 1978 e il 1979. Il 1978 è stato l’anno dei tre papi, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II; è stato l’anno del rapimento e dell’uccisione, da parte delle Brigate Rosse, dopo 55 giorni di prigionia, di Aldo Moro; è stato l’anno in cui si contarono numerosi attentati delle BR. Solo nel mese di luglio ce ne furono più di trenta.
“Erano gli schifosissimi anni ’70, quando era ritenuto normale uscire e vedere sangue sui marciapiedi”, come ha affermato Pietrangelo Buttafuoco durante la presentazione di questo saggio, in una libreria di Roma. E fu in quel periodo che due protagonisti del mondo politico di allora decisero di incontrarsi per quattro o sei volte.
Si tratta di Giorgio Almirante e di Enrico Berlinguer; segretario del Movimento Sociale Italiano il primo; segretario del Partito Comunista Italiano il secondo. C’erano altri due uomini che sapevano di questi incontri: Massimo Magliaro, che all’epoca era portavoce di Almirante e capo ufficio stampa del MSI e Antonio Tatò, che ricopriva lo stesso incarico nel PCI.
Ad essere ancora in vita è solo Massimo Magliaro che, nel 1998, accennò di questi incontri ad un giornalista di Repubblica, Sebastiano Messina, il quale, nel marzo dello stesso anno, pubblicò un articolo dal titolo ”Almirante e Berlinguer, quegli incontri segreti”, che non ebbe una grande risonanza e fu presto dimenticato. “Magliaro è persona attendibile ma è rimasto l’unico testimone oculare vivente. In teoria (molto in teoria) potrebbe essersi inventato tutto.”
Il luogo prescelto per gli incontri, che avvenivano di venerdì pomeriggio, era una stanza all’ultimo piano di palazzo Montecitorio. Quello che è importante sottolineare è il gesto dell’appuntamento, più volte ripetuto, di due uomini che non sono stati “soltanto implacabili avversari politici ma nemici per la pelle. Dalla fine della guerra la Sinistra italiana, egemonizzata dal PCI, e il cosiddetto arco costituzionale (tutti i partiti nati dalla Resistenza con rigida esclusione a Destra degli appestati del MSI) considera Almirante uno sporco fascista, un reietto, un rottame della storia. Ma soprattutto un fucilatore di partigiani, stando alla sentenza che ha bollato per sempre la sua appartenenza ai repubblichini di Salò.”
Erano comunque gli anni in cui, tra alcuni militanti di quei due partiti politici, c’era quel rispetto creato dalla guerra civile, “tra chi, su trincee opposte,aveva davvero combattuto e rischiato la pelle.”
Cosa si dissero i segretari non è dato saperlo, poiché i due portavoce vennero esclusi dai colloqui. “Pensate: due personaggi che hanno come principale strumento di lavoro la parola ma che decidono di non fare parola, mai e per nessuna ragione sulle loro confidenze. Poiché, soltanto l’assoluta riservatezza avrebbe potuto, nelle loro intenzioni, produrre qualcosa di buono per il loro paese. Pensate ora al frastuono che oggi accompagna ogni inutile sospiro della politica che ci circonda.”
Probabilmente a fare il primo gesto fu Berlinguer, anche perché “Almirante era ben conscio della sua condizione di inferiorità politica rispetto al grande leader del PCI: sapeva che nella visione della Sinistra restava un reietto, il fascista con cui sarebbe stato perfino assurdo prendere un caffè.[…] D’altra parte Berlinguer era stato molte volte protagonista di gesti politici di enorme clamore e politicamente spiazzanti.” Fu lui, infatti, a proporre il compromesso storico con la DC oppure a dichiarare di sentirsi più protetto dallo scudo dei missili della NATO, facendo irritare Mosca.
”Possiamo affannarci in mille ipotesi ma le parole che si scambiarono non le conosceremo mai. Ma un gesto fu compiuto. Non è importante sapere da chi. Non importa perché. Però sappiamo che fu proprio in quel periodo – fine anni Settanta inizio anni Ottanta – che il terrorismo in Italia cominciò la sua fase calante dopo aver raggiunto, con il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, l’apogeo della potenza di fuoco. Ci piace pensare che il gesto di Almirante e Berlinguer, quel gesto, sia stata una luce dopo tanta oscurità. Il gesto, dunque, come azione che produce conseguenze positive incalcolabili. Come testimonianza ed esempio. Come disciplina di vita. Ma anche il gesto che fornisce valore alle parole. Di cui potrebbe fare a meno.”
Tra i due capi politici, a lasciare per primo questa terra fu Berlinguer. Dopo essere stato, molto probabilmente, oggetto di un attentato a Sofia, il 3 ottobre 1973, al termine di una difficile visita in Bulgaria, dove, in un incidente stradale, si salvò per miracolo e dopo essere stato, assieme ad Andreotti, nella rosa di quelli da rapire da parte delle BR, che poi scelsero Moro, Berlinguer, il 7 giugno 1984, a Padova, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le Europee, fu colpito da un ictus. Riuscì a portare a termine il suo discorso, a fatica, prima di accasciarsi. Morirà l’11 giugno.
Almirante, in un caldo pomeriggio di giugno, varcherà il portone delle Botteghe Oscure. “Nessuno fiata.[…] Gli fanno strada i dignitari del grande partito in lutto. Ritto, con il suo abito grigio, sosta al centro della camera ardente. Si fa il segno della croce e leggermente s’inchina di fronte alla cassa di legno chiaro. Dirà: Sono venuto a rendere omaggio a un uomo da cui mi ha diviso tutto ma che ho sempre stimato e apprezzato.”
Alla luce di tutto questo, conclude l’autore, “perché non dedicare una via, una piazza a quanti presero seriamente la propria vita e quella degli altri? Sfidando il timore di non essere compresi. Di essere fraintesi. Mettendo al posto dell’odio, il rispetto. Della rivalità, la comprensione. Del sarcasmo, la lealtà. E forse, chissà, l’amicizia. Piazza Almirante e Berlinguer.”
Gianlorenzo Capano