Susy Dan Lombardi
Ed. Itinera Progetti, Bassano del Grappa (VI) 2009
pagg.229
L’autrice, imprenditrice con una grande passione per tutto quanto concerne il volo, in questo suo saggio, risultato di anni di ricerca che l’hanno portata al conseguimento della laurea in Storia contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia sotto la guida del prof. Mario Isneghi, si focalizza sull’avventuroso periodo delle origini del volo.
Se nell’Ottocento il treno aveva simboleggiato il progresso e l’avvento di una nuova era, ora, con il nuovo secolo, è il volo ad assumere il volto del Prometeo moderno.” In Italia, però, “lo sviluppo dell’aviazione era stato caratterizzato dall’entusiasmo di alcuni e dallo scetticismo e dalla diffidenza dei più, anche tra le alte gerarchie militari.” Un ritardo concettuale che si tradusse in ritardo produttivo, rendendo l’Italia dipendente dall’estero sia per i progetti che per l’approvvigionamento delle materie prime. “Degli aeroplani in dotazione all’aeronautica italiana nel maggio 1915, infatti, non uno era di ideazione italiana.”
In principio ci furono gli aerostati e i dirigibili per i quali, però, non esistevano vere e proprie scuole di pilotaggio. “Costruttori e piloti erano quindi degli autodidatti.”
Fu l’iniziativa privata, con le prime produzioni di aerei e motori italiani, ad essere protagonista dei primi decenni dell’aviazione. Molte furono le manifestazioni sportive che, a partire dal 1906, vennero organizzate nei cieli italiani sia per aerostati che per aerei a motore. Tra queste, la più importante, fu quella di Brescia nel settembre 1909, “un evento al quale si diedero convegno la regalità del sangue e la regalità del pensiero.”
Nel 1911, con la guerra di Libia, l’Italia fu la prima nazione al mondo ad impiegare l’aviazione a fini bellici. La flotta era costituita da 9 aeroplani. “Uomini e mezzi si imbarcarono a Napoli il 12 ottobre sui piroscafi Enrichetta, Sannio e Plata alla volta di Tripoli.” A questi si aggiunsero, successivamente, i dirigibili.
Il 1° novembre, per la prima volta al mondo, fu sperimentato, dall’aviazione italiana, il lancio di bombe da un mezzo in volo, bombe che venivano scagliate fuori bordo dal pilota. L’aereo fu anche impiegato come strumento di propaganda, con il lancio di proclami e volantini.
Un ruolo fondamentale nella creazione di una mentalità aeronautica le ebbe Giulio Dohuet con i suoi numerosi scritti sull’argomento. Fu lui a teorizzare, già nel 1910, che nel futuro si sarebbe combattuto anche nell’aria. “Non è il volo in se stesso ad appassionare Dohuet, ma le sue applicazioni militari, oltre che le sue, ancora inesplorate, possibilità come mezzo di locomozione.”
L’Italia, inoltre, fu la prima al mondo a istituire un servizio organico di idrovolanti, con la costituzione a Venezia, il 25 aprile 1913, di una Sezione di aviazione di marina avente una dotazione di 8 aerei, sotto la direzione del tenente di vascello Manlio Ginocchio.
Nonostante, però, la “prima mondiale della guerra di Libia”, l’Italia entrò in guerra con una flotta numericamente molto inferiore a quella delle altre nazioni, oltre che per problemi di mentalità anche, molto probabilmente, per “le polemiche velenose e le avversioni personali tra i massimi responsabili dell’aeronautica ed i rapporti tutt’altro che trasparenti tra militari, politici ed industriali, con inevitabile intreccio di interessi pubblici e privati.” L’industria aeronautica, dal suo canto, negli anni tra la guerra di Libia e il primo conflitto mondiale, “conosce una fase di intenso ma poco creativo sviluppo, grazie alla produzione su licenza di velivoli e motori stranieri.” Però anche l’aviazione degli imperi centrali non se la passava molto bene. “Al momento dell’ingresso in guerra, l’aeronautica italiana è formata da due grandi nuclei: l’Aeronautica dell’Esercito […] e l’Aeronautica della Marina”
Nei primi mesi di guerra “l’impiego previsto per l’aviazione è principalmente l’esplorazione sulla lunga distanza, in concorso con la cavalleria e i ciclisti, mentre il bombardamento è affidato ai dirigibili.”
Nell’inverno del 1915 nacque la caccia - protagonista assoluto di questa specialità fu Francesco Baracca - “in conseguenza delle attività di bombardamento e di ricognizione, alle quali fornisce servizio di scorta e di difesa dagli attacchi di aerei nemici.”
L’impiego simultaneo di tutte e tre le specialità dell’aviazione italiana – ricognizione, caccia, offesa - si ebbe, per la prima volta, il 24 maggio 1917. L’aviazione di marina, invece, ebbe un intenso sviluppo nel febbraio 1917, con l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel. “Dopo Caporetto l’impiego dell’arma aerea subisce un’importante evoluzione. Dall’iniziativa individuale si tende ad operare sempre più in massa.”
Nel febbraio 1918 entrò in servizio lo SVA, velivolo reso popolare dal volo su Vienna, il 9 agosto, di Gabriele D’Annunzio. Molto efficace fu il contributo dell’aviazione nella battaglia del Piave, nel giugno 1918, e nella battaglia finale di Vittorio Veneto. Come molto importante si rivelò anche, in quelle stesse settimane, l’azione degli idrovolanti della Marina.
“Volendo tracciare un bilancio complessivo del ruolo dell’aviazione italiana nel conflitto, potremmo dire che esso è stato brillante, ma secondario. La guerra dell’aria ha suscitato una grande impressione, soprattutto nelle popolazioni, ma non ha portato risultati determinanti. […] Il lascito più duraturo e redditizio di questi anni tumultuosi sono le gesta di Baracca, di D’Annunzio, di Salomone, di Piccio, di Scaroni, di Ruffo di Calabria, i cavalieri del cielo i cui nomi si sono impressi in modo indelebile nell’immaginario collettivo e le cui figure escono dalla guerra circondate da un’aura di eroismo e di leggenda.”
Gianlorenzo Capano