Collisione tra un’unità militare greca ed una turca nel Mediterraneo orientale: cosa sta succedendo?

14/08/20

I rapporti tra Grecia e Turchia hanno subito negli anni frequenti riacutizzazioni, ma quest'ultima situazione ha qualcosa di esplosivo perché va a toccare un settore molto delicato ovvero i diritti marittimi sulle riserve di gas e petrolio del Mediterraneo orientale.

Premessa

Storicamente le relazioni tra Grecia e Turchia sono state caratterizzate da periodi alternati di reciproca ostilità e riconciliazione sin da quando la Grecia ottenne l'indipendenza dall'impero ottomano nel 1830. In seguito i due Paesi mediterranei si affrontarono in quattro grandi guerre: la guerra greco-turca (1897), la prima guerra balcanica del 1912-1913, la prima guerra mondiale (1914-1918) e infine la guerra greco-turca (1919-1922), seguite da un periodo di "apparentemente buone" relazioni negli anni '30 e '40.

Dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo della guerra fredda, entrambi i Paesi si ritrovarono alleati nella NATO anche se non mancarono situazioni di crisi.

Le relazioni si deteriorarono di nuovo negli anni '50 a causa dei disordini di Istanbul del 1955, quando un saccheggio, tollerato dalle autorità turche, diretto a colpire la minoranza greca di Istanbul (composta allora da circa 100.000 persone) riaprì vecchie ferite. I disordini, organizzati dal partito democratico turco, furono mirati ad incentivare l'emigrazione dell'etnia greca, riducendone la presenza da circa 200.000 persone (nel 1924) ad appena 2.500 nel 2006.

Altra situazione di crisi fu l’invasione turca di Cipro nel 1974, che fu divisa con la parte settentrionale controllata dalla Turchia (riconosciuta come repubblica solo da Ankara) e la crisi militare del 1996 che avvenne al largo degli isolotti disabitati di Imia (Kardak in turco), di fatto sotto il controllo della Grecia ma rivendicati dalla Turchia che fece sfiorare un conflitto tra i due Paesi.

Dopo il 1999 ci fu un riavvicinamento, con un cambiamento della posizione precedentemente negativa del governo greco sull'adesione della Turchia all'Unione europea. Il cambiamento di regime in Turchia ha evidenziato una ripresa della politica ostativa precedente con fini chiaramente economici. Grecia e Cipro ritengono che le pretese turche di condurre esplorazioni sui giacimenti di petrolio e gas nel Mediterraneo orientale violino la loro sovranità. Nella faccenda è intervenuta anche l'Unione Europea sotto la Presidenza tedesca che ha ripetutamente condannato Ankara, ottenendo solo una calma apparente.

La Grecia ha promesso di difendere la propria sovranità e l'Unione Europea ha richiesto ad Ankara di riaprire un pacato dialogo sulle reciproche ambizioni sulle riserve di gas in quelle aree chiave del Mediterraneo orientale, in particolare su quelle aree economiche marittime che ritengono sovrapposte, in quanto vi sono differenti disegni sulle estensioni delle rispettive piattaforme continentali. In altre parole Atene ritiene che Ankara stia violando il diritto internazionale ma Ankara non fa un passo indietro.

Cerchiamo di capire meglio

Dopo l'intervento tedesco della Merkel, all'inizio di agosto Grecia e l’Egitto hanno firmato "un accordo che traccia le frontiere marittime" fra i due stati e "crea una zona economica esclusiva fra i due Paesi". Il ministro degli Esteri egiziano Shoukry, in una conferenza stampa congiunta con il collega ellenico, ha sottolineato che l'intesa "riflette le relazioni privilegiate fra i due Paesi e consente di trarre profitto dalle risorse che si trovano nell'area", in particolare gli idrocarburi. Dal canto suo il ministro greco ha affermato che questa intesa è "l'opposto" di quella firmata l'anno scorso fra Turchia e governo libico di Tripoli, che "andrebbe gettata nel cestino".

La Turchia ha dichiarato di non riconoscere il cosiddetto “accordo sulle frontiere marittime" e ne dimostrerà l'inefficacia "sul terreno e nei tavoli" internazionali, sostenendo che l'intesa riguarda un'area "riconosciuta anche dall'Onu come piattaforma continentale turca". Secondo la Turchia "non c'è alcun confine marittimo tra la Grecia e l'Egitto".

In sintesi, a parte le acque territoriali, che la Turchia potrebbe portare a 12 miglia, esistono forti disaccordi sulle zone economiche esclusive (ZEE), come quella citata tra Turchia e Libia, ma anche gli accordi della ZEE cipriota con Libano, Egitto e Israele che non sono accettati dalla Turchia e coinvolgono anche le piattaforme continentali, che possono estendersi fino a 200 miglia.

Una nuova grana che non sembra limitarsi a schermaglie politiche. In ballo ci sono enormi riserve di gas e petrolio nelle acque al largo di Cipro, che vedono il governo cipriota, la Grecia, Israele e l'Egitto in una sinergia per sfruttare quelle risorse che sarebbero poi dirette in Europa tramite un gasdotto di 1.200 miglia nel Mediterraneo. Questo non è gradito alla Turchia che ha le sue mire.

Dopo la firma dell'accordo con Grecia-Egitto sulla delimitazione delle zone di mare, Ankara ha riavviato l'esplorazione sismica nelle aree contese, inviando il 10 agosto una nave oceanografica la Oruç Reis (foto apertura) sotto la protezione di cinque navi della marina turca nelle acque al largo dell'isola greca di Kastellorizo.

Una provocazione alla quale Atene ha risposto inviando la fregata Limnos (foto) che sembra abbia tentato un avvicinamento dissuasivo alla Oruç Reis. Secondo i media ellenici, a questo punto la TCG Kemal Reis si è avvicinata speronando la HS Limnos. Le dinamiche non sono state confermate dalle rispettive Marine militari. Difficile quantificare i danni per entrambe le parti, ma è chiaro che un incidente di questa portata può avere ripercussioni importanti nei rapporti tra Atene e Ankara in uno dei momenti più bui delle relazioni tra i due Paesi.

Per adesso non sono arrivate conferme ufficiali da parte della marina turca né di quella greca che minimizzano l'evento. Ma alcuni segnali fanno intendere che qualcosa nell’Egeo sia accaduto davvero. Alcune foto iniziate a circolare sui social mostrerebbero un danno sulla prua della HS Limnos, secondo alcuni costretta a tornare in porto. Altri, di parte greca, ritengono invece il contrario ovvero che sia l’imbarcazione turca quella con maggiori danni.

Durante un convegno del suo partito, Giustizia e sviluppo, il presidente turco Erdogan ha parlato di un presunto attacco della flotta greca alla nave Oruç Reis, inviata per esplorazioni dei fondali vicino Kastellorizo (Castelrosso). Erdogan, rivolgendosi all'assemblea ha detto che il messaggio alla Grecia è stato chiarissimo: “Abbiamo detto loro, non osate attaccare la nostra Oruç Reis. Pagherete un caro prezzo se ci attaccate. E hanno ottenuto la loro prima risposta oggi”. Una frase che indicherebbe una conferma dello scontro nelle acque del Mediterraneo orientale. Conferme dell'evento arrivano anche da parte greca. Secondo il portale Ekathimerini, l’incidente tra la Limnos e la Kemal Reis sarà affrontato dal ministro degli Esteri Nikos Dendias nel Consiglio straordinario per gli affari esteri dell’Unione europea che si terrà il 14 agosto dopo la convocazione d’urgenza da parte dell’Alto commissario Josep Borrell. Per ora non sono previste sanzioni nei confronti della Turchia ma i media greci sembrano decisi a voler informare i partner europei di “incidenti operativi” con tanto di materiale fotografico di quelle acque dove è in corso un’esercitazione bilaterale tra la marina francese e quella greca.

Un altro passo di Parigi nell'area

E i Francesi entrano nel gioco. Un'esercitazione navale congiunta con la marina greca è in corso nell'Egeo. Essa rappresenta un forte segnale politico, come sottolineato dallo stesso Emmanuel Macron, di fatto affermando la necessità di appoggiare Atene sul rispetto dei trattati internazionali. Perché? Non bisogna essere sorpresi. Si tratta del proseguimento della politica di Parigi di volersi porre come ago della bilancia nel Mediterraneo orientale, dove la Francia, partendo dalla Libia, ha forti interessi economici nel campo energetico. L’invio di unità francesi è quindi un segnale da tenere da conto considerando che Macron ha concluso un accordo con Cipro per l’uso di una sua base navale. Il ministro della Difesa cipriota Savvas Angelides e quello francese Florence Parly hanno infatti trovato un accordo per consentire alla Marina francese di usare la base navale di Mari, sulla costa meridionale dell’isola.

Il problema è che la Turchia è anche un Paese alleato nella NATO, un tempo il più fedele degli Stati Uniti. Washington non può che osservare con preoccupazione lo sviluppo della situazione nel Mediterraneo. Anche la NATO non ha ancora emanato nessuna dichiarazione stampa ma la tensione nei corridoi di Bruxelles deve essere palpabile. Una spina nel cuore dell’Alleanza che non può permettersi di perdere la Turchia ma nemmeno di aprire una ferita profonda nel suo interno.

Andrea Mucedola (www.ocean4future.org)

Foto: web / Türk Silahlı Kuvvetleri / presidency of the republic of Turkey / U.S. Navy / Marine Nationale