Antonio Leggiero: Mancò la fortuna non il valore (Storia militare dei soldati italiani in Africa 1940-1943)

Antonio Leggiero
Ed. Odoya, Città di Castello (PG) 2020
pagg.364

L’autore, criminologo investigativo e forense nonchè docente di criminologia in diversi master, descrive, in questo saggio molto dettagliato, le sanguinose battaglie combattute dai nostri soldati, durante la Seconda Guerra Mondiale, in uno dei peggiori contesti geografici che esistono sul nostro pianeta: quello dei torridi deserti africani, dove,una volta iniziato il conflitto, la guerra fu inevitabile, dal momento che sulla “quarta sponda” avevamo il nostro impero, le nostre colonie, i nostri possedimenti […]. E fu proprio in Africa che iniziarono gli errori tattici e strategici. Le operazioni in Nord Africa, infatti, furono sempre vincolate al supporto logistico - in termini di uomini, mezzi, viveri, armamenti e benzina - basato sui convogli organizzati dalla Regia Marina che, però, avrebbe scontato alcuni deficit strutturali e funzionali enormi, quali la mancanza di portaerei, il mancato coordinamento con l’Aeronautica, e la mancanza di radar sulle unità navali.

All’atto della dichiarazione di guerra, gli equilibri sulla carta propendono per una netta superiorità italiana. Il problema sono, però, gli armamenti. Mentre il nemico, per spostarsi nel deserto, può contare su veloci autoblindo e jeep, gli italiani sono costretti a utilizzare asini e cammelli.

La flotta aerea inglese è composta dai caccia Spitfire, quella italiana dai biplani CR42, estremamente lenti. Il governatore della Libia, Italo Balbo, però, ha le idee chiare su ciò che necessita per un’avanzata nel deserto e chiede, a Roma, 7.000 autocarri: in risposta gli viene ordinato di avanzare con gli asinelli autoctoni. Il 28 giugno 1940, di rientro, con il suo S79, da un giro di perlustrazione, Balbo viene abbattuto dalla contraerea italiana. La sua morte sarà un duro colpo per l’Italia. Al suo posto verrà nominato Rodolfo Graziani: sessant’anni, irascibile, molto lento nell’azione e poco intraprendente. Egli non ha le qualità di Balbo.

I primi di gennaio del 1941 gli inglesi, al comando del generale O’Connor, attaccano, conquistando Tobruk e Bardia. Per Graziani è una vera disfatta. Sulla carta gli italiani, nei numeri,sono favoriti, ma il nostro esercito è privo di tutto. In più, i nostri generali,tranne qualche rara eccezione, sono mediocri e spesso in contrasto fra di loro. Graziani viene richiamato in patria.

Intanto Hitler si rende conto che senza il suo aiuto gli italiani saranno sconfitti definitivamente, pertanto invia in Africa il generale Erwin Rommel,assieme ad un corpo speciale, l’Afrika Korps. Rommel è pieno di se e ha un complesso di superiorità nei confronti di tutti: è un vero narcisista. È uno che, però, sa il fatto suo. Ma non ha alcuna stima degli italiani che, invece, si distingueranno per innumerevoli atti di eroismo, come quello di Giarabub, dove un numero esiguo di militari italiani, comandati dal maggiore Salvatore Castagna, senza rifornimenti di alcun tipo, terrà testa agli inglesi capitolando - dopo ben 4 mesi di resistenza sotto un caldo infernale - il 23 marzo del 1941.

Mentre gli italiani si stanno immolando a Giarabub, a migliaia di chilometri più a sud, l’impero abissino sta esalando l’ultimo respiro. Il comandante supremo delle forze italiane in Africa Orientale è il vicerè d’Etiopia, generale Amedeo di Savoia - Aosta, figlio del leggendario duca d’Aosta. Anche lui, però, nonostante le sue indubbie capacità, soffre della carenza di rifornimenti ed è anche consapevole che non potrà contare sul minimo aiuto da parte della madrepatria. Riuscirà, comunque, a conquistare, il 19 agosto 1940, il Somalinand, la Somalia inglese. Ma sarà una vittoria di Pirro. Dopo la battaglia di Cheren, infatti, dove i nostri soldati, nonostante la sconfitta (arrivata, dopo 56 giorni, il 27 marzo 1941), scrivono una delle pagine più gloriose di tutta la Seconda Guerra Mondiale, gli inglesi dilagano in Eritrea. La capitale dell’impero, Addis Abeba, verrà conquistata il 5 aprile. Amedeo d’Aosta tenterà un’ultima, simbolica e disperata difesa sull’Amba Alagi. Rommel, invece, nel Nord Africa, dal canto suo inizia ad utilizzare i suoi trucchi quali quelli di legare arbusti e cactus dietro i suoi mezzi per aumentare la mole di polvere e dare l’impressione di essere molti di più di quelli che si è.

Gli italiani, che non avevano mai visto un generale in prima linea condividere con loro fatica, disagi, rischi e pericoli, lo stimano molto. Una stima però, il più delle volte, non ricambiata dal generale che, però, apprezzerà molto alcuni reparti, quali la divisione corazzata Ariete e i Guastatori, questi ultimi comandati dal maggiore Paolo Caccia Dominioni.

La “volpe del deserto” - così viene definito Rommel - dopo diversi successi conquista Tobruk. Gli inglesi decidono di mutare il perno della loro linea di difesa, scegliendo El Alamein. L’avanzata delle truppe dell’asse, in Africa Settentrionale, sembra inarrestabile. Rommel vuole arrivare al Cairo, ma commette un errore fatale: nella sua corsa frenetica nel deserto si allontana troppo dalle basi dei sui rifornimenti. Gli inglesi e i loro alleati, invece, hanno rifornimenti continui.Il 30 giugno 1942, a El Alamein, gli inglesi, al comando del generale Auchinleck, hanno la meglio, costringendo Rommel a rinviare il sogno di conquistare Alessandria d’Egitto.

Il 20 luglio giunge in Africa, dall’Italia, una nuova divisione, quella dei Cacciatori d’Africa che, pochi giorni dopo, assumerà il nome di Folgore. La divisione rappresenta il fior fiore della gioventù italiana e del Littorio. Gli inglesi, però, grazie a Ultra, il potentissimo servizio di decrittazione britannico,riescono a conoscere il anticipo le mosse dei soldati dell’Asse. Il 23 ottobre 1942, alle 21:40, inizia l’attacco dell’8^ armata britannica, al comando del generale Montgomery.

El Alamein sarà soprattutto scontro di blindati, dove ai fanti tocca morire scrive Alfio Caruso. Dalle 21:40 alle 21:45 è un’autentica apocalisse. Vomitano fuoco sia le mille bocche dei cannoni da terra che gli aerei dal cielo. Numerosi saranno gli atti di eroismo da parte dei soldati italiani, numerose saranno le medaglie al valore alla memoria. Sulle postazioni tenuti dai leoni della Folgore si scatena un inferno di ferro e fuoco che dura per ore, durante le quali i parà non si schiodano nemmeno da morti dalle loro buche e postazioni.

Il 25 ottobre Rommel rientra,in tutta fretta,da una convalescenza durata poco più di un mese, ma non è più quello di prima. Dopo l’attacco britannico dell’1 novembre, dove intensi bombardamenti seminano la morte dal cielo, Rommel, il giorno dopo, decide la ritirata, cioè una lunga marcia di circa 100 chilometri, a piedi, nel deserto. Sembra un esodo biblico.

Il 5 novembre, il generale Von Thoma,comandante dell’Afrika Korps, si arrende. La resa di Von Thoma è l’immagine della resa delle truppe dell’Asse a El Alamein. […] L’Armata corazzata italo-tedesca (ACIT) ha riportato complessivamente 25.000 perdite fra morti, feriti e dispersi, oltre a 30.000 prigionieri: vale a dire una buona metà dell’armata di Rommel. Due terzi di queste perdite sono italiane.

Il 6 novembre la Folgore cessa i combattimenti. Dei 3.500 soldati iniziali ne sono rimasti solo 302. La Folgore non esiste più. Il suo comandante,il generale Frattini,viene catturato.Il valore dei suoi soldati, però, viene riconosciuto anche dagli inglesi. Lo stesso Churchill, in un intervento alla Camera dei Comuni disse: Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore.

Il 9 marzo 1943 Rommel lascia il continente africano. Kesselring prende il suo posto.

Il bollettino di guerra n.1083 del 13 maggio 194 annuncia: "La prima armata italiana, cui è toccato l’onore dell’ultima resistenza dell’Asse in terra d’Africa, ha cessato per ordine del Duce il combattimento […]." Sono trascorsi esattamente 5 anni e 5 giorni dalla proclamazione dell’impero.

Gianlorenzo Capano