Analizzando le dinamiche della storia delle relazioni russo-israeliane, scopriamo quanto siano complesse e forse più di altre ricche di spunti e affascinanti. Nel 1948 l’U.R.S.S sostenne la creazione dello Stato di Israele, relazioni che si interruppero più tardi quando la Guerra dei sei giorni e quella del Ramadan, rispettivamente nel 1967 e nel 1973 cambiarono il corso della Storia in Medio Oriente.
Nel ventunesimo secolo lo scenario politico internazionale ha visto un confronto serrato tra le due nazioni non immune da tensioni e diffidenza reciproca ma comunque segnato dalla volontà di mutuo supporto. Nell’aprile del 2005 Vladimir Putin fu il primo presidente russo a visitare Israele, con conseguente visita al Muro del pianto, luogo sacro e al tempo stesso simbolo del giudaismo.
L’evento si è ripetuto il 27 giugno del 2012, suggellato dalla visita ufficiale di Netanyahu a Mosca il 7 giugno di quest’anno, 25° anniversario della ripresa delle relazioni. Se le prime visite erano legate ad aspetti formali e in qualche modo ideologici, nell’ultimo incontro particolare attenzione è stata rivolta alle questioni concernenti la cooperazione bilaterale.
Analizzando gli aspetti geopolitici degli ultimi anni è inevitabile esaminare la posizione di entrambi i Paesi nel quadro del conflitto siriano.
L’intervento russo a favore del presidente Bashar al-Assad, e il conseguente potenziamento di basi militari russe in Siria ha inevitabilmente obbligato la politica estera israeliana a confrontarsi con le mosse sul campo di Vladimir Putin.
Sin dai primi tempi della guerra in Siria è stato chiaro l’intento israeliano di non intervenire direttamente ma al tempo stesso di cautelarsi dal possibile rafforzamento dei suoi nemici storici: prima esigenza di Tel Aviv era evitare il passaggio e il trasferimento di armi dall’Iran allo spauracchio israeliano di sempre, Hezbollah. Dall’inizio della guerra in Siria infatti, numerosi sono stati i convogli di armi destinati al Partito di Dio colpiti dall’aviazione israeliana sia in territorio libanese che in territorio siriano. Se a questi eventi concreti aggiungiamo la grande preoccupazione di Israele riguardo la vendita da parte di Mosca dei sistemi terra-aria S-400, si comprende bene il motivo dell’ interesse di Tel Aviv a mantenere stabili i rapporti con il Cremlino.
Gli S-400 hanno dimostrato di essere estremamente efficaci, al punto da intaccare il dominio assoluto dei cieli dell’aviazione israeliana nell’intera regione, limitandone di fatto la capacità operativa sullo spazio aereo siriano.
Tuttavia, nel settembre 2015 a seguito della visita di Netanyahu a Mosca, lo stesso primo ministro israeliano ha dichiarato di aver concordato un meccanismo in grado di prevenire possibili frizioni future tra i due Paesi, ribadendo che Israele e Russia hanno molti interessi comuni in Medio Oriente, garanzia per uno scenario di pace e stabilità.
Spostandoci sul fronte ucraino, una posizione defilata ma al tempo stesso chiara è stata presa da Israele a favore della Russia in sede ONU. L’astensione dal voto sulla Risoluzione delle Nazioni Unite che condannava l’annessione della Crimea e la politica russa in Ucraina, ha sorpreso gli stessi Stati Uniti, aumentando ulteriormente il già evidente divario tra le scelte di Tel Aviv e le politiche mediorientali di Washington.
Risulta evidente che Israele, nel tentativo di colmare il vuoto politico creato dall’amministrazione Obama nell’ultimo decennio in tutta la regione, non disdegna un miglioramento sensibile delle relazioni con la Russia di Vladimir Putin, partner strategico ormai in molti settori. Il comune nemico islamista potrebbe essere la base per lo sviluppo dei nuovi assetti futuri.
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