Arrigo Fugassa
Ed. Corbaccio
pagg. 404
Una bella copertina non significa un bel libro, e viceversa.
Il libro che ho appena terminato di leggere ha una brutta copertina ma è un bel libro.
L'autore, Arrigo Fugassa, nacque ad Alassio, in Liguria, nel 1896. Visse però in Liguria, dove oltre a scrivere per diversi giornali, fu insegnante e poi preside presso l'istituto magistrale di Livorno. Morì nel 1940, a causa di un incidente stradale, un filobus impazzito lo investì.
Fugassa apparteneva ad una famiglia di marinai, armatori e capitani di mare passata poi al commercio e le sue origini influenzarono il suo stile e gli argomenti toccati che in qualche modo erano sempre legati alla tradizione marinaresca.
Nel 1931 pubblicò la biografia di Nelson. Non poteva scegliere argomento migliore. Nelson aveva infatti tutte le caratteristiche del personaggio ideale per esaltare le virtù del patriota (anche se inglese!).
Il libro è scritto con uno stile particolare, direi che lo si potrebbe dire tipico del periodo fascista, per quello che io penso. Le frasi sono costruite in modo particolare, e le prime pagine mi hanno dato qualche problema (ma poi ci si abitua).
Comunque, come ogni biografia, è il personaggio straordinario che mi ha colpito maggiormente: Nelson!
Di lui cosa sappiamo (noi italiani)?
Probabilmente poco o niente.
Immagino che ora, alcuni tra i lettori più curiosi stiano cercando su wikipedia una sintesi della vita, altri, forse, aspettano invece di leggere le righe successive.
Eccole dunque.
Horatio Nelson nacque il 29 settembre 1758 a Burnham Thorpe, piccolo villaggio sulla costa orientale dell'Inghilterra, morì nel 1805 nella battaglia di Capo Trafalgar, nei pressi dello stretto di Gibilterra.
Fugassa ci dice come Nelson iniziò la sua carriera, ne riporto una parte per farvi capire anche come è scritto il libro:
"A dodici anni Orazio Nelson era in mare.
Non idealizziamo però, come piace ai redattori delle biografie romanzate oggi in tanta voga; non cerchiamo di scorgere in questo primo passo del futuro ammiraglio l'impeto rivelatore della grande, irresistibile vocazione.
Già in tutto l'epistolario di Nelson, noi cercheremmo invano gli inni al mare e alla vita del marinaio; gli accenni in proposito sono oltremodo sobri e rapidi, nè si gonfiano mai di vaniloquente entusiasmo, finchè da ultimo le lettere esprimono il desiderio sempre più inquieto di farla finita coi bastimenti e le navigazioni: desiderio aduggiato, come vedremo, dall'ombra malaugurosa d'un funesto presentimento, destinato alfine a cangiarsi in realtà.
Il ragazzo andò in mare per una ragione più semplice, più modesta, meno romantica e che gli fa tuttavia molto onore: per liberare suo padre dal carico di mantenerlo."
Ecco, dunque, il piccolo Nelson che si imbarca grazie allo zio Maurice Suckling, come midshipmen, ovvero come cadetto.
Parte così la sua avventura per mare, alla volta delle "Indie Occidentali".
Negli anni successivi partecipa ad una spedizione nel mar artico, prende parte alla guerra per l'indipendenza americana e quindi si ritrova comandante dell'Agamennon, a combattere contro la Francia repubblicana. Occorre ricordare infatti che la fine del '700 vide il mondo scuotersi a causa delle lotte per l'indipendenza dall'Europa degli Stati Uniti d'America e per la ricerca di un nuovo ordine, diverso da quello delle grandi monarchie. In Italia, dopo la Francia, il Regno di Napoli era scosso da fremiti repubblicani. Contemporaneamente il futuro Imperatore, Napoleone, muoveva i suoi primi passi. Nelson combatteva nel Mediterraneo, in Corsica, nel mare ligure, nel mar di Sardegna, instancabile. Nel corso di un bombardamento era stato ferito ad un occhio e perse la vista, ma ciò non gli impedì di andare avanti.
Dal 1795 il comandante in capo delle forze navali nel Mediterraneo è l'ammiraglio John Jervis. Nelson ebbe molto da imparare e quando toccò a lui applicò senza indugio quanto visto.
Principalmente Jervis era un fautore della disciplina, dell'ordine, della pulizia e dell'addestramento continuo. Sotto le sue cure, la flotta raggiunse un livello di efficienza mai visto prima.
La marina britannica era in quegli anni la più potente al mondo, ma le guerre continue e i lunghi periodi passati lontano dalle famiglie e le paghe ferme da cento cinquant'anni creavano malcontento e rivolte. Ma non sotto Nelson, con lui non ci fu insubordinazione.
Diceva: "Io posso vantarmi d'aver fatto il mio dovere altrettanto bene dei miei colleghi, e d'averlo fatto senza perdere l'affetto di quelli che servivano sotto i miei ordini". Ed in effetti i suoi uomini non lo videro mai se non in prima fila, dove il pericolo era maggiore, ad incitare e trainare alla vittoria.
Dice l'autore: "Lo amavano per questo, i suoi uomini, e per il suo voler vedere, sapere, ascoltare ogni cosa,e d'ogni cosa, prima o poi, tener conto, con largo senso del giusto e del conveniente. E i successi di lui si spiegano o si chiariscono attraverso questo affetto che gli faceva come un alone sul quale egli puntava nelle ore decisive, come su una forza vera e propria a disposizione sua. Un uomo meno amato, in taluno dei frangenti a cui venne a trovarsi, non sarebbe riuscito al pari di lui. Questa non era fortuna, ma volontà. Era il suo stile di comando, uno degli elementi della sua grandezza."
Potrei continuare a lungo raccontandovi le sue imprese nel Mediterraneo, a Napoli e in Sicilia, contro la Francia repubblicana, fino a giungere alla battaglia per cui, forse, è più noto: quella di Capo Trafalgar, che lo consacrò eroe immortale e decretò la fine della marina francese.
Non lo faccio appositamente, perchè credo che quanto ho già detto sia più che sufficiente per spingere i curiosi a leggere la biografia di Nelson e riscoprire così, anche un autore come il Fugassa.
Alessandro Rugolo