Il conflitto in Siria ricorda sempre di più una guerra europea di Antico Regime, caratterizzata da continui ribaltamenti di fronte e opportunistiche alleanze. In alcuni precedenti articoli si è tentato di fare chiarezza su chi siano i principali attori di questa guerra e come, il terrorismo islamista, abbia guadagnato credito e forza rispetto le formazioni originali che modellavano l’ossatura del Free Syrian Army. I rapporti di forza tra le due principali componenti islamiste, lo Stato Islamico e al-Qaeda, hanno attraversato momenti alterni, soprattutto quando Jahbat al-Nusra tentò di imporsi quale scelta alternativa ad al-Baghdadi. Tra ISIS e al-Qaeda vigeva un rapporto costruito su logiche di convenienza o aperta ostilità, soprattutto quando entravano in gioco territori da controllare o la gestione di flussi di denaro. Dall’anno scorso, la martellante offensiva siriana ha eroso la forza militare di entrambi gli schieramenti, ciò nondimeno i qaedisti hanno dimostrato una resilienza fuori dal comune. Dopo l’11 settembre e la guerra in Afghanistan, l’organizzazione fondata da bin-Laden, poi ereditata da Ayman al-Zawahiri, ha saputo riorganizzarsi, pur frammentandosi in diverse realtà. Al-Qaeda si è dimostrata un mostro dalle mille teste, in continua evoluzione e con una capacità di adattamento che – come afferma Bruce Hoffman – l’ha trasformata in un brand accattivante per altre organizzazioni terroriste in cerca di notorietà. A conti fatti al-Qaeda è ancora viva e pronta a ricomporsi malgrado il frastornante scenario siriano il quale ha palesato l’effimera compattezza degli jihadisti, ma soprattutto come la politica e non la religione, regoli le scelte dei combattenti di Allah.
La “falsa” svolta
Tra le varie operazioni militari realizzate per sconfiggere i rivoltosi, l’assedio di Aleppo ha rappresentato la chiave di svolta per il destino di numerose formazioni della compagine anti governativa, ivi compreso il Fronte di al-Nusra. Il 28 luglio 2016, gli uomini di Abu Muhammad al-Julani (foto) lanciarono una disperata controffensiva nel tentativo di spezzare l’accerchiamento delle forze siriane: fonti ufficiali riportarono che gli autori dell’attacco sventolassero le insegne di una nuova formazione combattente, Jabhat Fateh al Sham (JFS - Conquista del Fronte del Levante). Formalmente JFS assorbiva al-Nusra, ma il cambio di nome era solo la facciata di un programma riorganizzativo molto più profondo. I pochi elementi in possesso dei vari organismi dell’intelligence occidentale facevano pensare ad una possibile rottura tra al-Julani e al-Zawahiri, ma come spesso accade nel mondo del terrorismo ciò che appare non corrisponde quasi mai al vero e scaturisce da valutazioni non casuali. La scelta di al-Julani dissimulava, infatti, un attento calcolo politico il quale, solo in superficie, paventava il divorzio da al-Qaeda.
Nello stesso mese in cui prendeva forma JFS, gli americani e i russi si accordavano per l’istituzione di un Joint Implementation Group utile al coordinamento dei raid aerei contro le forze islamiste e in particolare contro i miliziani di al-Nusra e dello Stato Islamico1. Il presidente Obama spinse sul Pentagono affinché il gruppo di al-Julani venisse colpito più duramente di tutti, proprio poiché affiliato ad al-Qaeda e con diramazioni in tutto il mondo. Secondo gli analisti americani – spiega Brian Michael Jenkins – al-Nusra rappresentava un pericolo maggiore dell’ISIS a causa dei suoi legami con l’Afghanistan e il gruppo Khorasan: “Shortly after the United States began bombing ISIS in 2014, it extended its campaign to Syria,where a cell of seasoned al Qaeda veterans from Afghanistan called the Khorasan Group had set up shop in Syria under the Nusra Front’s protection, supposedly to launch terrorist attack against the West”2.
L’offensiva militare e il crescente dissanguamento di uomini e mezzi, obbligò dunque i leader di al-Nusra a studiare un piano di sopravvivenza che includesse un possibile allontanamento da al-Zawahiri. Uscire dall’ombra di al-Qaeda – scongiurando rotture insanabili – avrebbe, infatti, allentato la pressione, portando un duplice vantaggio sia di natura propagandistica, sia strategica. Se gli americani o i russi si fossero accaniti contro un’organizzazione moderata, non affiliata al terrorismo, poteva essere frainteso come una guerra contro l’Islam tout court e causare un allontanamento di altri gruppi utili alla causa; in seconda battuta lo svincolamento da al-Qaeda rendeva al-Nusra più gradita ad altre formazioni combattenti le quali iniziarono a corteggiarla per assicurarsi un potente alleato. Infine, per al-Julani era una buona occasione per ricompattare le file, riunendo a se anche le voci che biasimavano la sua politica di fedeltà ad Ayman al-Zawahiri3. Non ci volle molto però a capire che il distacco tra le due fazioni non era altro che una manovra della stessa al-Qaeda finalizzata ad una maggiore infiltrazione tra la ribellione siriana. La verità trasparì dalle parole dello stesso al-Julani il quale avvalorò la contiguità decisionale tra i due gruppi: “in accordance with the general guidelines and directives of the al-Qaeda leadership, it was decided to cancel the name of Jabhat al-Nusra and form Jabhat Fateh al-Sham, ostensibly having no link with any external entity”4. Al-Nusra aveva semplicemente mitigato il legame operativo con al-Qaeda, confermandone però la sua guida spirituale: “The ideological continuity was also clear in the citation of Usama bin Ladin with regard to the idea of the interests of the Ummah as the foremost priority, followed by the state, the group, and then the individual […]”5.
Il subdolo progetto di al-Zawahiri era tessere una nuova e più ampia rete di consensi intorno al suo marchio, dissimulandone la presenza, cambiando nome e intermediari: un copione consolidato che ha sempre contraddistinto il modus operandi di al-Qaeda dopo il 9/11 e durante la “Primavera Araba”. Jabhat Fateh al-Sham – secondo Colin P. Clarke della RAND corporation – fu un completo successo, grazie anche al concorso delle forze occidentali le quali intensificarono ogni sforzo offensivo contro lo Stato Islamico, noncuranti di quanto stesse accadendo intorno. JFS era cresciuta senza attirare clamori, trasformandosi in un’organizzazione più ampia e influente di prima: “with approximately 10,000 fighters, JFS is now both the largest al Qaeda franchise and by many accounts, the most lethal […]”6.
Il nuovo cartello jihadista
Il cambio di rotta predisposto da al-Julani aveva dunque sortito effetti positivi a lungo termine, riscontrabili dalla nascita di alleanze e dall’arrivo di nuove reclute. Il 28 gennaio 2017 gli organi di propaganda jihadista annunciarono la creazione di Hay’at Tahrir al Sham (HTS): una sorta di cartello il quale, insieme a JFS, assimilava altre quattro fazioni ribelli. Essa contava una forza complessiva stimata di 31.000 miliziani il cui operato si concentrava nel settore di Idbil, Hama, Aleppo a nord e Daraa a sud. La rinnovata metamorfosi di al-Qaeda in Siria rifletteva una strategia già nota: “to broaden its local appeal and deepen its control of the rebel campaign. The formation of HTS will allow the al-Qaeda affiliate to operate in wider swaths of territory […]”7.
Le quattro organizzazioni aderenti al nuovo patto erano: Harakat Nour al Din al Zinki (Il Movimento di Nour al-Din al Zinki), Liwa al Haq (la Brigata della Verità), Jabhat Ansar al Din (Sostenitori del Fronte Religioso) e Jaysh al Sunna (l’Armata Sunnita). Oltre JFS, ciascuna di queste realtà presentava delle diversità e un background militare molto diverso, ciò nondimeno erano tutte accomunate dall’intento di rafforzare la propria posizione nella lotta contro Assad.
Harakat Nour al-Din al-Zenki, ad esempio, era una delle associazioni più organizzate ed efficienti tra le milizie che formavano il Free Syrian Army. Il suo leader, Tawfiq Shahabuddin, ha sempre disconosciuto la leadership dello Stato Islamico e al-Qaeda, diventando un punto di riferimento tra le file dei “moderati”. L’inatteso avvicinamento al fronte islamista era imputabile a diversi episodi tra cui il deteriorarsi dei rapporti con il FSA, la perdita di Aleppo, ma anche – secondo dichiarazioni attendibili – ad un’errata politica occidentale nei confronti dei leader islamici disponibili al dialogo8.
Similmente Liwa al Haqq o altrimenti nota come Brigata di Homs, era nata dal grembo del Free Syrian Army dal quale, nel 2013, prese le distanze per unirsi al Fronte Islamico di Jaysh al Fateh (Armata di Conquista).
Nel nuovo cartello confluirono poi i militanti di Jaysh al Sunna e da Jabhat Ansar al Din anch’essi da sempre indipendenti sia dallo Stato Islamico, sia da al-Qaeda.
Al timone di HTS arrivò Abu Jaber Hashim al Sheikh (foto), noto ai più con il soprannome di “ingegnere” poiché laureato in ingegneria meccanica all’Università di Aleppo. Il suo curriculum – oltre ad un lungo periodo di prigionia nelle carceri di Assad – includeva una lunga militanza come capo del Movimento Islamico di Al Fajr del FSA, poi assimilato da Ahrar al Sham del quale divenne uno dei rappresentanti più influenti.
Abu Jaber al Sheikh, in uno dei suoi primi discorsi, ribadì che HTS: “is an independent entity and not an extension of previous organizations or factions”, ciò nondimeno le sue assicurazioni non furono molto convincenti9. La sua biografia – rilasciata dal sito ufficiale di Ahrar al Sham – presentava alcuni punti contraddittori e poco chiari, riguardanti attività sospette per conto di al-Qaeda. Una seconda nota biografica, pubblicata sul sito di El-Dorar Al-Shamia svelava i legami “professionali” tra l’ingegnere e al-Qaeda in Iraq quando lavorava per agevolare il passaggio di guerriglieri ai confini con la Siria. La successione di al Sheikh a capo di Ahrar al Sham confermava, inoltre, una certa continuità con il suo predecessore, Abu Khalid al Suri il quale (ucciso nel 2014) era uomo di fiducia e consigliere proprio di Ayman al-Zawahiri. Quantunque abbia sempre rinnegato ogni sudditanza, Ahrar al Sham ha avuto tra i suoi comandanti persone la cui crescita ideologica è ascrivibile ad al-Qaeda: per questo motivo HTS non può essere credibile quando si dichiara avulsa da ogni contagio qaedista.
Conclusioni
Analizzando i curricula degli associati in HTS notiamo come tutti, tranne JFS, abbiano sempre manifestato insofferenza verso la guida imposta dalle macro fazioni islamiste o da Ahrar al Sham. Il nuovo cartello, però, delude ogni aspettativa di indipendenza poiché nasce proprio da un gruppo che non ha mai sconfessato il suo legame con al-Qaeda. La longa manus del dottore egiziano ha raggiunto il suo scopo con conseguenze non ancora valutabili, soprattutto considerata la situazione attuale e l’avanzata del fronte pro-Assad. Una cosa è sicura: il fronte islamista è lontano dall’essere sconfitto e proprio al-Qaeda – data troppe volte erroneamente per defunta – sta rinforzando le sue posizioni. Questo ha un significato non solo per il fronte siriano, ma in particolar modo per gli equilibri di potere all’interno della Jihad. Lo Stato Islamico, dichiarandosi da sempre una realtà statale in piena regola, potrebbe subire un tracollo militare con conseguenze funeste per la sua leadership. Il basso profilo adottato da Al-Qaeda, la sua linea tradizionale di organizzazione terroristica paranoica, chiusa e attenta a non esporsi troppo, potrebbe garantirne non solo la sopravvivenza, ma addirittura il primato sulla regione. Lo Stato Islamico è visto come una malattia che può essere sradicata, al contrario al-Qaeda agisce come un cancro incurabile la cui metastasi intacca ogni parte del globo.
1 Charles Lister, Profiling Jabhat al-Nusra, Center for Middle East Policy, Analysis Paper, n. 24, July 2016, URL: https://www.brookings.edu/wp-content/uploads/2016/07/iwr_20160728_profil....
2 Brian Michael Jenkins, What’s in a Name? The Rebranding of the Nusra Front, RAND Corporation, August 8, 2016, URL: http://www.rand.org/blog/2016/08/whats-in-a-name-the-rebranding-of-the-n...
3 Aymenn Al-Tamimi, Al-Qa’ida Uncoupling: Jabhat al Nusra’s Rebranding as Jabhat Fateh al-Sham, in CTC Sentinel, August 2016, pp. 16-20, URL: https://www.ctc.usma.edu/posts/al-qaida-uncoupling-jabhat-al-nusras-rebr...
4 Ibidem, 19.
5 Ibidem.
6 Colin P. Clarke, Al Nusra Is Stronger Than Ever, RAND Corporation, November 2, 2016, URL: https://www.rand.org/blog/2016/11/al-nusra-is-stronger-than-ever.html
7 Mattisan Rowan, Al Qaeda’s Latest Rebranding: Hay’at Tahrir al Sham, Wilson Center, April 24, 2017, URL: https://www.wilsoncenter.org/article/al-qaedas-latest-rebranding-hayat-t...
8 Secondo Hassan Hasbro, un ufficiale dell’esercito di Assad passato ai ribelli: “it would not be surprising for the Zenki Movement to join an alliance with Islamist brigades, given that the international community has stopped supporting the moderate opposition with weaponry”. Hosam al-Jablawi, Nour al-Din al-Zenki Movement: How a Once Moderate Group Joined Fateh al-Sham, Atlantic Councile, February 17, 2017. URL: http://www.atlanticcouncil.org/blogs/syriasource/nour-al-din-al-zenki-mo...
9 Thomas Joscelyn, Hay’at Tahrir al Sham leader call for ‘unity’ in Syrian Insurgency, FDD’s Long War Journal, February 10, 2017. URL: http://www.longwarjournal.org/archives/2017/02/hayat-tahrir-al-sham-lead...