Alessandro Gnocchi
Ed. Melville, Siena 2016
pagg. 175
“Con la Rabbia e l’Orgoglio, comincia la prima e finora unica polemica di portata nazionale sui temi quali l’immigrazione, la crisi d’identità dell’Europa, i pericoli dell’Islam e l’inconciliabilità dei suoi valori con i nostri. Per la prima e finora ultima volta l’Italia può toccare con mano cosa sia il politicamente corretto e quali effetti abbia prodotto. È un dato di fatto che il problema del fondamentalismo islamico entri stabilmente nella discussione pubblica solo con la Fallaci.” Così Alessandro Gnocchi, caporedattore della sezione Cultura e Spettacoli de Il Giornale, presenta l’oggetto di questo libro quanto mai attuale, visti gli eventi funesti che hanno colpito l’Europa negli ultimi anni. Scritto a dieci anni dalla morte di Oriana Fallaci, avvenuta nel 2006, gli argomenti in esso riportati che rappresentano il pensiero della scrittrice espresso oltre che ne “La Rabbia e L’orgoglio” (2001), anche ne “La forza della ragione” ( 2004) e in “Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse” (2004), ci inducono a riflettere sul fatto che “l’Italia, poco patriottica e poco orgogliosa delle propria cultura, potrebbe essere travolta dalle forti rivendicazioni identitarie degli immigrati musulmani.[…] L’Eurabia è una realtà. Le nostre città contengono altre città dove vige la sharia. Gli amministratori hanno già rinunciato a far valere la legge italiana nei quartieri ove la presenza musulmana è massiccia.” I critici numerosi anziché, però, entrare nel merito degli argomenti della Fallaci che a volte possono non convincere, “preferiscono ribattere sulle esagerazioni verbali e sulle questioni accessorie. E’ proprio questo che fa il politicamente corretto: spostare l’attenzione dalla realtà alle parole offrendo l’impressione infondata di fare cultura o addirittura politica. Oriana Fallaci, con la chiarezza delle sue posizioni, costringe invece a riflettere sul ruolo che l’Italia vuole assumere nel mondo e su cosa significhi essere italiani all’inizio del nuovo millennio. Domande tuttora in attesa di risposta.”
Il dibattito non riguarda solo l’Italia, ma anche la Francia con lo scrittore Renaud Camus che nel suo libro “Le Grand Replacement” (La grande sostituzione) affronta il problema della perdita d’identità nazionale, culturale e religiosa, dovuta anche allo squilibrio demografico, e con il giornalista Eric Zemmour ed il suo libro “Le Suicide Français” (Il suicidio francese). Anche in Inghilterra c’è un acceso dibattito, con il giornalista Cristopher Caldwell (autore de L’ultima rivoluzione dell’Europa) e con l’accademico Paul Collier (autore di Exodus).Giovanni Sartori, in “Pluralismo, multiculturalismo e estranei (2000) e “Saggio sulla società multietnica” (2002) affronta anche la questione spinosa dell’immigrazione: ”l’immigrazione non è affatto destinata a rallentare,anzi crescerà. Si pone quindi il problema dell’integrazione. Concedere la cittadinanza non è la strada giusta. Per essere cittadini bisogna riconoscere e accettare i pilastri della società in cui si viene accolti. Ma questo è molto difficile, forse impossibile, qualora l’immigrato appartenga a una cultura fideistica o teocratica che non separa lo Stato civile dallo Stato religioso e che riassorbe il cittadino nel credente. Il musulmano riconosce la cittadinanza a pieno titolo soltanto al fedele.[…] L’islam non riconosce la separazione tra Stato e Chiesa, tra legge e religione. Peccato siano le basi della nostra civiltà.” La Fallaci quindi non fu l’unica, in Europa, a cercare di far riflettere sui futuri effetti di un’immigrazione incontrollata. Lo fece, però, a modo suo e fu ferocemente attaccata anche da coloro che la avevano osannata fino all’11 settembre 2001, tanto da arrivare a sostenere che il cancro che la stava logorando le aveva sconvolto il cervello, rendendola islamofoba e che la “Trilogia fosse il delirio di una donna troppo malata per comprendere.” Un tentativo di delegittimazione culminato nei quattro processi che la scrittrice dovette subire a causa della Trilogia - “che è anche un’invettiva contro il politicamente corretto e contro l’ipocrisia eretta a sistema culturale” - dove sosteneva che “la lotta contro l’islam non è una battaglia contro l’immigrato. È una guerra alla teocrazia introdotta di soppiatto nei paesi democratici. È una guerra all’indifferenza con la quale l’Europa intera si consegna alla decadenza e si arrende alla decrepitezza morale. È una guerra agli intellettuali i quali subordinano la propria cultura a quella altrui per espiare i peccati del colonialismo o in ossequio al politicamente corretto. È una guerra all’ideologia europea la quale prescrive la rinuncia alla propria identità per accogliere l’Altro da se. Anche se l’Altro, secondo la Fallaci, non ha intenzione di integrarsi e ostenta disprezzo per la cultura di chi lo ospita.” La sua morte impedì di giungere al verdetto.
Gianlorenzo Capano