Lucy Riall
Ed. Laterza, Bari 2012
pagg. 354
Questo saggio nasce dalla scoperta, da parte dell’autrice, professoressa di storia presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze e al Birkbeck College dell’Università di Londra, dell’archivio di Bronte conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo. Diverse sono state negli anni le versioni relative alla rivolta di Bronte del 1860, anno che rappresentò il momento culminante del Risorgimento.
Come la stessa autrice afferma : "l’intento principale di questo volume è ricostruire in che modo Bronte ha acquistato la sua non invidiabile fama e contribuire a chiarire se la rivolta meriti o meno la sua discutibile reputazione." Se sono infatti note, fin dal 1860, le violenze avvenute a Bronte in quell’anno, "nel complesso, quel che successe prima e dopo di esse è sostanzialmente ignorato. Eppure […] la rivolta del 1860 aveva origini complesse."
Gli inglesi, nel corso del XIX secolo, contribuirono a trasformare quella zona e "a metterla in comunicazione con il mondo esterno, ma la loro presenza fa sì che l’importanza della storia di Bronte non si limiti alla famosa rivolta contadina che avvenne nel momento culminante del Risorgimento. Essa contribuisce infatti a gettar luce anche sulla politica della Gran Bretagna nei confronti dell’Italia, nonché sull’espansione dell’Impero britannico nel Mediterraneo all’epoca del suo massimo splendore. Bronte mostra quello che accadde quando questi due aspetti del potere britannico, fra loro molto diversi, vennero a scontrarsi in una città siciliana."
Veniamo ai fatti. L’11 maggio del 1860 Garibaldi, partito da Genova con mille soldati, sbarcò in Sicilia. "Con le azioni di Garibaldi il futuro della Sicilia si legò a quello dell’Italia. Grazie all’arrivo del generale quella che era stata essenzialmente una rivolta interna contro i Borboni, […] si trasformò in un evento di portata italiana, capace di modificare drasticamente l’equilibrio dei poteri nell’isola." Fu una marcia trionfale quella di Garibaldi in Sicilia. Ma "la rivolta contadina di Bronte guastò l’atmosfera di lieto fine." Sorta da lotte politiche e conflitti sociali, nella notte del 1 agosto 1860 ci fu l’insurrezione - fomentata dall’avvocato Nicolò Lombardo - "per la mancata attuazione da parte della nuova amministrazione di quelle riforme agrarie e fiscali che lo stesso Garibaldi aveva promesso ai contadini." 10.000 furono gli insorti e 17 i morti, "in quella che uno storico ha definito un’orgia di terrore" durata 6 giorni. Il 6 agosto, infatti, Garibaldi inviò il generale Nino Bixio per sedare la rivolta.
Gerolamo Bixio, da tutti conosciuto come Nino, all’epoca aveva 38 anni, contro i 52 di Garibaldi, di cui era considerato il braccio destro. Metà della sua esistenza l’aveva passata in mare, nella Marina piemontese e su navi mercantili. Partito da Genova insieme a Garibaldi, con la "reputazione di essere un soldato feroce e un impareggiabile uomo d’azione," ebbe il comando della Lombardo, una delle due navi che portarono i mille a Marsala. Raggiunto,mentre era nei pressi di Messina, dall’ordine di dirigersi verso Bronte, "da dove, come scrisse Garibaldi, era giunta notizia di disordini che minacciano le proprietà inglesi," egli ,con 400 uomini, raggiunse il paese il 6 agosto, di primo mattino. Una volta lì, "Bixio sottopose a tutti gli effetti Bronte alla legge marziale." I 5 ritenuti responsabili della rivolta, tra cui Nicolò Lombardo, furono condannati a morte; un centinaio di ribelli,invece, furono arrestati. Anche se a Bixio fu addossata la colpa della spietatezza di quella repressione, "non bisogna dimenticare che a quell’epoca l’operazione[…] venne applaudita." Egli, in effetti, "si trovò all’interno di una lotta tra fazioni che era sfuggita a ogni controllo."
"La tesi di Benedetto Radice, il primo storico della rivolta, era che tutti i problemi di Bronte furono causati dalla presenza degli inglesi." Infatti, all’epoca, "il maggior proprietario terriero di Bronte, possessore di circa 16.000 ettari, era un inglese, e i rappresentanti britannici in Sicilia avevano fatto pressioni sul nuovo governo perché contenesse la violenza e i disordini in atto nell’isola. E per di più, questo inglese non era un proprietario terriero qualsiasi, ma un nobile, discendente del più grande eroe navale britannico, l’ammiraglio Lord Horatio Nelson. Sua era la ducea di Bronte, che il re borbonico gli aveva concesso personalmente nel 1799." Un dono, questo, che rappresentò il riconoscimento della supremazia della Marina britannica. Bronte, come d’altronde la Sicilia, per gli inglesi costituiva un mezzo per realizzare uno scopo, un luogo che poteva servire agli interessi britannici." L’isola infatti, oltre a rappresentare un proficuo mercato per i manufatti, soprattutto tessili, che l’industria britannica produceva, forniva anche merci d’importanza vitale per l‘industria britannica.
In realtà,come sostiene l’autrice, "Bronte fu una tragedia, ma la colpa di quello che avvenne non fu né di Bixio né degli inglesi." E benché la rivolta non durò più di sei giorni, "la sua fama le sopravvisse molto a lungo."
Gianlorenzo Capano