Interpretare l’Iran non può prescindere dalla comprensione di realtà che, trasversalmente, attraversano una religiosità intrisa di aspetti pratici vincolati come sempre a fattori economici e di esercizio della forza, insieme alla conservazione dell'identità religioso-rivoluzionaria del suo sistema politico: il nizam.
Gli Ayatollah, in quanto unici interpreti del volere divino, esercitano il potere politico secondo un principio discusso all’interno di parte della stessa comunità sciita che critica il concetto della velayat-e faqih1 su cui si fonda la Repubblica islamica, e che ipotizza che il clero, finanziato dal khums2, e che valuta le dinamiche politico sociali come problemi securitari, diventi classe volta a difendere i propri privilegi contro la vekalat, il sistema politico rappresentativo.
Di fondo rimane il contrasto tra le due scuole teologiche sciite, quella di Qom, incline all’intervento pragmatico, e quella quietista di Najaf, di segno sostanzialmente opposto, ma non per questo avulsa dal contesto politico regionale. Deus vult? No alla trascendenza: è incompatibile con il materialismo di cui sono imbevute le dinamiche internazionali che, anche in Iran, non possono attendere il ritorno, alla fine dei tempi, del 12° Imam. Sarebbe interessante disporre di una versione iraniana de “Il nome della Rosa”, con un Eco ancora più attento ad una realpolitik che ha persuaso lo stesso Khomeini ad accettare la fine delle ostilità con l’Iraq.
Una sintesi del pensiero politico iraniano risiede nelle FFAA che, secondo Khamenei, “facendo affidamento su Allah l'Eccelso e... sul potere nazionale, ha permesso... di sconfiggere gli USA nel raggiungere il loro obiettivo principale nella regione”. Teheran, pur patendo il senso di accerchiamento americano e cercando di destabilizzare gli avversari, non ha rinunciato ad essere potenza strategica regionale, e ha interpretato un ruolo nella caduta di Saddam, nella guerra Siriana, nell’ascesa e ritiro dell'ISIS e nel conflitto Yemenita, dando sostanza ad un blocco costituito da attori non statuali ma capaci interpreti di un Asse della resistenza anti americana3, un aggregato non esclusivamente sciita che non trascura la possibilità di avvalersi anche di forze sunnite avverse al Grande Satana ed in grado di accrescere la penetrazione regionale.
Partendo da una difesa a mosaico con molti centri Pasdaran e Artesh4 autonomi per comando e controllo, e con la Marina con una difesa a strati con il massimo di potenza di fuoco in ogni fase, la Dottrina strategica prevede la combinazione di forze convenzionali e non, basandosi principalmente su deterrenza e capacità di rappresaglia. È improbabile che questa strategia cambi a breve, data l’inferiorità tecnologica; tuttavia, dal 2016, l’Iran si è mostrato proattivo nella difesa del territorio e degli interessi esteri sia con missioni su scala ridotta, sia ricorrendo a propaganda e ad operazioni proxy.
La deterrenza iraniana si basa su tre fondamenti: missili balistici a lungo raggio, forze navali in grado di minacciare la navigazione nel Golfo e nello Stretto di Hormuz, ed operazioni non convenzionali per mezzo di partner esteri.
La guerra con l’Iraq ha sottolineato l'importanza di profondità strategica ed autosufficienza bellica, aree considerate prioritarie; l'Iran ha sviluppato la sua dottrina per affrontare l’Occidente implementando asimmetrie volte a colpire le vulnerabilità nemiche: intolleranza alle vittime ed eccessiva dipendenza tecnologica.
La guerra moderna iraniana può essere letta su diversi livelli hard e soft valutando l’importanza che gli Ayatollah conferiscono a tutti gli aspetti del potere statale: diplomazia, economia, psicologia, espansione dello spettro delle minacce non più ristrette solo ad USA ed Israele, passaggio a forme di deterrenza attiva; malgrado tecnologicamente inferiore, Artesh negli ultimi decenni è sostanzialmente progredito continuando ad avvalersi di capacità asimmetriche non convenzionali e di forze proxy volte a colpire un avversario percepito come superiore.
La Forza Qods5 della Guardia Rivoluzionaria guida la proiezione di potenza attraverso metodi non convenzionali, mentre Artesh, l’esercito tradizionale rimarca capacità di nicchia e tattiche di guerrilla style contro avversari più progrediti, con un consistente arsenale di missili balistici progettato per sopraffare le forze statunitensi ed i loro partner regionali.
La tattica a sciame con naviglio sottile, con una forte dotazione di mine ed un arsenale di missili anti nave può interrompere il traffico marittimo nello Stretto di Hormuz, punto strategico del commercio globale. Ognuna di queste forze sta dando dimostrazione di resilienza, reattività e proiezione regionale, sia pur in forma expeditionary limitata, ma con la previsione del termine dell’embargo ONU che potrebbe consentire una riconfigurazione secondo crismi tradizionali di Forze fondate su un’ideologia che non limita l’uso dei mezzi alla difesa, ma anche all’affermazione della Jihad. Non è escluso che la dicotomia dello strumento militare tra Artesh (forte di circa 450.000 uomini) e Pasdaran (che con la riserva dei Basij arrivano a circa 640.000 unità) crei attriti, visto che ogni FA trova il suo clone nella IRGC6: malgrado il coordinamento, rimangono delle rivalità alimentate da un diseguale accesso ad aree politiche ed a risorse finanziarie, per cui l'IRGC gode di una percentuale maggiore del bilancio, gestisce numerose compagnie private, come il quartier generale delle costruzioni di Khatemolanbia7 e sfrutta il suo ascendente per aumentare le entrate aggiuntive, come il contrabbando.
Caratteristica iraniana è dunque quella di poter disporre di due sistemi militari paralleli e separati: Artesh, o forze regolari volte alle minacce esterne (Saudite, Israeliane, radicali sunnite), e Pasdaran, destinati all’interno; anche la forza di polizia nazionale iraniana8, comandata da un generale Pasdaran, è considerata parte delle forze armate e, dopo i disordini di fine 2017, ha visto un sostanziale aumento del suo budget, superando addirittura quanto assegnato all'Artesh.
La componente diplomatico/operativa navale, con l’Iran membro del Naval Symposium dell’Oceano Indiano ha evidenziato, a fronte di forti carenze manutentive delle unità di superficie, e con ancora ben presente la durissima lezione americana impartita nel 1988 con l’operazione Praying Mantis, capacità asimmetriche e di soft power capaci di condurre attività fuori area, estendendosi dal Mediterraneo e dallo Stretto di Bab al-Mandab a ovest fino all'Oceano Indiano e ad est allo Stretto di Malacca; a questo si aggiunge lo sviluppo di strategie A2/AD9 basate principalmente su mezzi veloci Pasdaran, su sottomarini Yono (Nord Coreani) e Kilo (Russi), su mine e missili anti nave Fateh.
Il Bilancio della Difesa, dopo un incremento dal 2014 al 2018 a seguito del JCPOA, ha registrato un calo nel 2019 dovuto al rinnovo delle sanzioni USA, alla svalutazione ed alla insufficiente gestione economica, con una previsione di ulteriori tagli provocati dalla diminuzione delle esportazioni petrolifere. Il nuovo piano quinquennale del 2017, puntando ad una gamma più ampia di capacità convenzionali, continua a dare la priorità a missili e forze navali, rimarca la necessità di rinnovare l’obsoleta forza aerea ora supportata dai sistemi russi SAM, e punta l’attenzione allo sviluppo cyber, specie dopo l’attacco hacker americano Stuxnet del 2010 alle centrifughe nucleari, attivo contro Israele nel 2014, Saudi Aramco ed autorità Saudite tra il 2016 ed il 2017.
I missili balistici sono la componente strategica di deterrenza primaria a corto e medio raggio, considerata la mancanza di una moderna aeronautica, e seguono nel loro impiego il principio della saturazione d’area con lanci multipli; da non sottovalutare lo sviluppo di missili da crociera di attacco di terra, un genere di minaccia unica perché capaci di volare a bassa quota ed attaccare un obiettivo da più direzioni: non deve quindi stupire né il recente lancio del satellite Noor10 (foto) né l’efficacia dei missili e dei droni presumibilmente lanciati dagli Huthi contro gli impianti petroliferi sauditi di Abqaiq e Khurais.
Le sanzioni hanno impedito la modernizzazione dell’apparato bellico dall’estero, problema a cui Teheran ha ovviato investendo in infrastrutture e capacità nazionali. La tentazione nucleare, risalente agli anni ’70, rimane forte, e si correla sia al Piano di armamento Amad degli anni ‘9011, sia al fatto che sono continuati gli sforzi per sviluppare un’adeguata tecnologia a Natanz, Isfahan, Bushehr ed a Qom. L’uscita americana dal JCPOA e la politica europea, hanno indotto l’Iran ad annunciare l’espansione delle infrastrutture di arricchimento dell’uranio a meno di un ammorbidimento delle sanzioni.
Anche l’Intelligence ha la sua rilevanza, con capacità operative globali a cura delle 16 organizzazioni incaricate; da rilevare la tecnica di Denial & Deception12 volta a ridurre la vulnerabilità secondo la dottrina della difesa passiva, che include occultamento, dispersione della forza ed unità altamente mobili, associate al più grande programma di strutture sotterranee del MO.
Prospettive iraniane: realizzare una forza convenzionale capace, utilizzando una miscela di possibilità convenzionali e non, potenziando l’Aeronautica, la Marina e la componente missilistica, con un mantenimento della presenza diretta.
Il panorama iraniano rimane fluido e complesso: la conservazione delle prerogative del clero collide con l’evoluzione socio economica interna e con l’intrico delle relazioni internazionali; l’esercizio del potere, indispensabile al mantenimento dello status quo, vincola gli Ayatollah a preservare apparati militari paralleli, con connotazioni ideologiche diversamente accentuate, e concedendo alla componente Pasdaran ampie libertà ed iniziative economiche e d’impresa precluse ai militari puri di Artesh.
Risolvere l’equazione iraniana secondo l’attuale paradigma americano è difficile, date storia e cultura. In un’ottica per cui il mondo, epidemie o no, continua a correre, è indispensabile tuttavia tenere conto delle possibili evoluzioni ispirate, oltre che dalla situazione economica, anche da un forte nazionalismo che, in termini ideologici, non sfigurerebbe al posto di Ayatollah che, malgrado incarnino i segni di Dio, hanno sovente ritenuto necessario cedere a più terreni pragmatismi.
1 Governo del giureconsulto
2 Tassa sui beni
3 Hezbollah in Libano, Asad in Siria, Huthi in Yemen, Hamas in Palestina.
4 Le FFAA iraniane in farsi
5 Città Santa di Gerusalemme
6 Islamic Republic Guard Corps
7 Sigillo dei Profeti
8 Law Enforcement Force
9 Anti accesso all’area
10 Luce, più fortunato del precedente Zafar (vittoria)
11 Vd. il Progetto 111 ed il tentativo di integrare un carico sferico nel veicolo di rientro missilistico Shahab3
12 D&D Negazione ed Inganno
Foto: IRNA