La Repubblica Araba di Siria è uno stato arabo situato nel Medio Oriente confinante a nord e nord-ovest con la Repubblica di Turchia, a est e sud-est con la Repubblica dell'Iraq, a sud con il Regno Hashemita di Giordania, a ovest con la Repubblica Libanese e a sud-ovest con lo Stato d'Israele. Il paese possiede inoltre uno sbocco al Mar Mediterraneo nella zona nord-occidentale. Sebbene gran parte dei confini della Siria siano stati tracciati e riconosciuti a livello internazionale, permangono tensioni con Israele a causa dell'occupazione da più di cinquant'anni della regione del Golan (conquistata dagli Israeliani a seguito della “Guerra dei Sei Giorni”) e con la Turchia per il possesso del Sangiaccato di Alessandretta (nota in Turchia come “provincia di Hatay”), territorio siriano ceduto nel 1939 dalle autorità mandatarie francesi alla Turchia kemalista e successivamente annesso allo stato turco mediante un referendum fraudolento.
Nel 2011, allo scoppio del conflitto, la popolazione della Siria era stimata essere di 24 milioni di abitanti, oltre ad una cospicua popolazione di rifugiati comprendente 1,5 milioni di Iracheni e 600.000 Palestinesi. In questo caso è necessario parlare di stime perché l'ultimo censimento siriano risale al 2004 (quindi le statistiche ufficiali risultano notevolmente desuete); inoltre è bene ricordare che nei paesi arabi le rilevazioni statistiche soffrono spesso e volentieri di problemi legati all'approssimazione e a problematiche di carattere politico che generano ampie oscillazioni, quando non vere e proprie distorsioni. Per quanto riguarda la composizione etno-religiosa, la maggior parte degli analisti attribuiva alla popolazione i seguenti percentili:
-75% Musulmani Sunniti (Arabi, Curdi, Turcomanni, Circassi e Ceceni);
-15% Musulmani Sciiti (Alauiti, Drusi, Ismailiti e Sciiti Duodecimani);
-10% Cristiani (Arabi, Armeni e Assiri di tutte le confessioni).
Tuttavia è necessario già ora mettere le mani avanti e affermare che tali dati potrebbero non rappresentare affatto la realtà. Infatti gli unici dati “certi” relativi alla composizione settaria del paese risalgono ai censimenti del 1943, del 1953 e del 1960. A partire dal censimento del 1970, le statistiche di natura religiosa sono state eliminate così come, dal punto di vista etnico è stata imposta una appartenenza “araba” generalizzata nonostante la presenza sul territorio del paese di altri gruppi etnici non arabi quali i Curdi, gli Assiri, gli Armeni, i Turcomanni, i Circassi, i Ceceni ed altri ancora. È facile intuire come sia difficile rappresentare fedelmente la composizione settaria di un paese complesso come la Siria utilizzando dati vecchi di quasi 60 anni! A titolo esemplificativo basterebbe ricordare che, a seconda delle stime, la popolazione alauita della Siria era stimata in un intervallo compreso tra 1,5 e 4,5 milioni di individui, con la maggior parte delle ricerche proponenti un valore medio di 2,5-3 milioni di persone. Per una questione di prudenza, accetteremo per tutte le comunità una stima media.
ALFABETIZZAZIONE, TRANSIZIONE DEMOGRAFICA E MOBILITAZIONE “POLITICO-IDEOLOGICA”
Sebbene una gran parte della vulgata popolare sia stata dominata, nel corso degli ultimi cinque lustri, dalla teoria dello “Scontro delle Civiltà” propagandata da Samuel P. Huntington e da una persistente visione degli affari mediorientali ostaggio della tradizione islamica e del passato colonialista, osservando attentamente le informazioni relative alle trasformazioni sociali riguardanti il Medio Oriente, si può ben capire come, al contrario, esso sia ben instradato nel più ampio movimento della Storia (*).
Parafrasando il vecchio adagio hegeliano, è possibile riscontrare, anche empiricamente, come l'aumento progressivo dei tassi di alfabetizzazione sull'insieme del pianeta dia l'intuizione di un irresistibile movimento ascendente dello spirito umano. Tutti i paesi, gli uni dopo gli altri, stanno progressivamente marciando verso uno stato di alfabetizzazione universale. Questo movimento generale mal si concilia con una rappresentazione dell'umanità come di un universo segmentato in culture e civiltà irriducibili, se non antagoniste, come vorrebbe Huntington. Ovviamente esistono degli scarti, che in alcuni casi possono anche essere notevoli, ma non eccezioni. E, sicuramente, non esiste “un'eccezione araba” o ancora peggio “un'eccezione islamica”.
Gli stati del Medio Oriente (e la Siria con essi) presentano notevoli criticità nel settore dell'alfabetizzazione dovute sia alla scarsità di risorse che a strutture sociali arcaiche le quali disincentivano sia l'istruzione che l'impiego femminile nella forza lavoro. Tali condizioni oggettive sono, ovviamente, diverse da paese a paese; tuttavia, andando a consultare i dati relativi alle classi d'età per ciascuna delle società prese in esame, è possibile individuare il momento in cui la metà degli uomini e delle donne tra i 20 e i 24 anni è in grado di leggere e scrivere. Tale momento è decisivo perché esso cristallizza l'inizio della successiva fase in cui la prima generazione a maggioranza alfabetizzata arriva all'età adulta. A partire da questo punto, i tassi iniziano ad accelerare vorticosamente, come dimostrato a livello globale nel corso del Ventesimo secolo. E, a ben vedere in una prospettiva storica, nel mondo arabo i tassi di alfabetizzazione sono aumentati a livello esponenziale come in nessun altra zona del mondo. Abbiamo così in tal modo, il primo tassello della modernità. Essa però comporta, molto spesso, anche l'imitazione dei modelli stranieri e ciò porta inevitabilmente ad uno scontro con il mondo locale tradizionale.
Ci troviamo quindi a fare i conti con un ulteriore elemento fino ad ora solamente accennato: la mobilitazione “politico-ideologica” delle popolazioni soggette ad un'impennata nel livello dei tassi di alfabetizzazione. Fintanto che la mala pianta dell'analfabetismo continua ad affliggere un determinato territorio o una certa popolazione, la pace sociale è garantita essenzialmente dalla permanenza delle strutture arcaiche di gestione del potere e della società. Nel contesto del Medio Oriente, tali strutture rimandano alle alleanze tribali e alle clientele di tipo clanico che hanno a loro volta origine nell'organizzazione famigliare tradizionale di tipo comunitario-allargato (la “famiglia comunitaria endogama” citata nella “Parte 1”). L'alfabetizzazione va a incidere su tutto questo portando inevitabilmente a nuovi equilibri. Da un lato, essa permette una maggior mobilità lavorativa ai singoli individui e, dall'altro, li rende più consapevoli dei propri diritti, spingendoli a mettere in discussione l'ordine precostituito. Ciò è particolarmente importante in ambito femminile perché comporta un abbattimento notevole dei tassi di natalità.
Si definisce “tasso di fertilità totale” (TFR) il numero totale di figli che una donna mette al mondo nel corso della vita. La soglia minima perché una società raggiunga una condizione di equilibrio dal punto di vista demografico è di 2,11 figli per donna. Nelle società caratterizzate dal fenomeno dell'analfabetismo, le donne sono demandate essenzialmente al compito di nutrici e, pertanto, mettono al mondo una prole tendenzialmente numerosa. Quando però l'alfabetizzazione si fa strada a tutti i livelli della società, le cose cambiano anche per l'universo femminile. Prima di tutto, la necessità di completare il percorso di studio comporta che le donne ritardino il matrimonio. Secondariamente, le capacità acquisite nel campo dello studio vengono poi spesse volte messe in pratica anche in ambito lavorativo; la donna diventa così elemento attivo di produzione di ricchezza all'interno della società.
Un ulteriore elemento riguarda poi la dimensione della famiglia, infatti le donne istruite metteranno al mondo un numero inferiore di figli e tenderanno a prediligere un'organizzazione famigliare di tipo nucleare di ispirazione occidentale. Questo è un cambiamento che non va assolutamente sottovalutato. Se infatti con il passare del tempo il TFR scende al di sotto di 3 figli per donna, ciò significa che un quarto di tutte le coppie implicitamente accetta di non avere una discendenza maschile, il che equivale ad una rinuncia del principio patrilineare da parte della società. In un territorio come il Medio Oriente, dove le strutture familiari patrilineari, patriarcali e patrilocali la fanno da padrone e dove il “culto del fallo” raggiunge vette non riscontrabili in nessun altra parte del mondo, la fine di tale sistema equivale alla fusione di un nocciolo nucleare; la società comincia ad “attivarsi ideologicamente” e diventa più instabile. Ed è questo quanto è avvenuto in Siria ed in generale nel mondo arabo alla vigilia delle cosiddette “Primavere Arabe”.
Non esiste una formula matematica certa per dire esattamente quando una società in via di progressiva alfabetizzazione e in transizione demografica cominci a dare segni di instabilità. Non è neppure detto che il livello di alfabetizzazione debba essere totale su tutto il territorio del paese o interessare in maniera completa uno dei due sessi. È infine possibile che le ondate di destabilizzazione siano più di una e distribuite nel tempo senza apparente soluzione di continuità. Quando la Rivoluzione Francese esplose nel 1789, la gran parte della Francia sprofondava nell'analfabetismo. Eppure le riforme modernizzatrici avviate dal cardinale di Richelieu, dal cardinale Mazzarino, da Luigi XIV e da Luigi XV, oltre all'esplosione culturale favorita dall'Illuminismo, avevano fatto sì che nell'area del bacino della Senna orbitante attorno a Parigi si fosse raggiunta una percentuale di alfabetizzazione della componente maschile della società prossima al 50%. Ciò trasformò Parigi, notoriamente cuore pulsante della Francia, in un laboratorio di attività politica che trovò la sua valvola di sfogo nei fermenti rivoluzionari.
Un simile percorso ha interessato la Russia, quando ad essere alfabetizzate furono le classi operaie dei grandi centri industriali di Mosca e Pietrogrado alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, oppure l'Iran quando, nel 1979, il tasso di alfabetizzazione sia maschile che femminile aveva superato la soglia del 50%, in questo caso a livello nazionale.
Lo stesso fenomeno è all'opera nei Paesi Arabi, che hanno superato la soglia di alfabetizzazione tra gli anni '80 e gli anni '90 per poi scivolare nel vortice delle cosiddette “Primavere Arabe”. In generale, possiamo affermare con una certa sicurezza che, le società umane entrano in una fase di “attivazione politico-ideologica” in un periodo temporale di 50 anni a cavallo del raggiungimento della soglia di alfabetizzazione del 50% della popolazione su tutto il territorio nazionale oppure in determinate aree che, per una miriade di ragioni, rappresentano il cuore pulsante di una società (Parigi 1789, Milano 1848).
Questo fenomeno di “attivazione ideologica”, per la verità, può far capire come la Siria prima delle scoppio della guerra fosse un luogo ideale per la “nidificazione” del germe jihadista. Terra di scambi commerciali e di incontro di civiltà per eccellenza sin dall'antichità, la Siria replica a livello macro-sociale e politico-ideologico le tradizionali dinamiche famigliari che hanno caratterizzato la sua popolazione sin da tempi immemori. L'organizzazione della società siriana è fondamentalmente patrilineare e patrilocale, infatti agli inizi degli anni '90 del XX secolo, oltre il 35% delle donne sposate in età compresa tra i 15 ed i 49 anni avevano rapporti di parentela con il proprio sposo.
Il matrimonio arabo “ideale” è quello tra cugini carnali; quando tale soluzione non è praticabile si opta per un altro parente di qualsiasi grado e, solo successivamente, si prendono in considerazione pretendenti “allogeni”. Le implicazioni sociali di tale scelta fanno sì che il legame tra i membri maschi di una stessa famiglia siano molto profondi, che il diritto alla successione sia fortemente sbilanciato a favore del “sesso forte”, che i legami di natura clanica e tribale siano preminenti a tutti i livelli della società e che tali caratteristiche contribuiscano a mantenere viva la cultura arcaica del popolo. Il censimento siriano del 1981 presenta un'analisi delle convivenze secondo i legami di parentela, rivelando che, in proporzione totale dei generi e delle nuore, i primi rappresentino solo il 2,9%. Questa proporzione costituisce un indicatore di “matrilocalità”.
Si nota una leggera crescita della matrilocalità, che resta comunque assolutamente minoritaria, quando si passa dalla campagna alla città: 1,6% in ambiente rurale (contro il 98,4% di patrilocalità), 5,2% in ambiente urbano (contro il 94,8% di patrilocalità). I dati generali però rischiano di essere fuorvianti dato che il paese presenta una vistosa differenziazione tra le zone cosiddette “periferiche” e la parte centrale del paese connessa con il cuore della penisola arabica. Le provincie a popolazione alauita (che professano un Islam ufficialmente legato allo Sciismo, il cui carattere autenticamente musulmano viene talvolta messo in dubbio) infatti si distinguono per una matrilocalità che, anche se assolutamente minoritaria, resta comunque molto significativa: 6,6% di matrilocalità rurale per la provincia di Tartus, 12,5% per Latakia. Tali dati presentano delle analogie interessanti con il vicino Libano, che presenta indici di matrilocalità dell'ordine del 10%. In compenso, nelle provincie interne come Aleppo, Raqqa, Dera'a, Hasakah e Deir ez-Zor, il tasso di matrilocalità crolla sotto l'1%, segno sicuro di una vera ossessione patrilineare. Tale differenza ha un ulteriore risvolto nel campo del diritto alla successione là dove nelle zone alauite l'inflessione a favore delle donne è molto importante mentre nelle zone centrali del paese la totalità dei beni famigliari vengono ereditati dalla discendenza maschile o, in mancanza di essa, dalla cosiddetta “asaba”, la parentela maschile allargata. Tale impostazione tuttavia viene rigettata dall'Islam sciita e in particolare dagli Alauiti. Qualora un nucleo famigliare sia sprovvisto di discendenza maschile, saranno le figlie ad ereditare tutti i beni aviti mentre ai cugini resterà solamente “polvere nei denti”, come recita l'adagio del diritto famigliare sciita.
(*) “Literacy and Development in the West” (1969), C.M. Cipolla
(continua)
Foto: Giorgio Bianchi