Vi ricordate quando a ottobre in un articolo (v.link) parlavamo del “disegno intelligente” che le maggiori potenze sembravano imporre alla Siria? Descrivemmo il “tentativo, maledetto per i mezzi usati ma non nella sostanza” dai protagonisti di creare una “fascia di sicurezza” a favore dei Turchi, “spostando con la forza popolazioni” e di “dare al governo di Damasco e alla stessa Rojava dei territori… più maneggevoli” e ben dotati di risorse petrolifere, protette da Russi e Americani, rispettivamente. Insomma, quello che nessun negoziato avrebbe potuto ratificare, cioè drammatici scambi di popolazioni e territori, fu il prodotto di una crisi rapida e sanguinosa. La quale crisi, sparita dalle cronache, ha anche degli strascichi molto violenti, perché i Curdi - col sostegno dei Russi - stanno vendendo carissima la pelle e vogliono impedire che i Turchi arrivino fino al confine con Ayn al-Arab, la regione di Kobane.
Allo stesso modo si fronteggiano, nella regione di Idlib, gli islamisti di varie denominazioni - col sostegno di Ankara - e le forze pro-Assad - appoggiate da Mosca e Teheran. Qui, il “disegno intelligente” appare in parte ripetersi nel così detto “cantone di Afrin”, un tempo abitato prevalentemente da Curdi e oggi occupato dai turcomanni e protetto dalle forze turche. A parte i proclami dei Curdi, non risultano seri tentativi da nessuna parte di recuperarlo. Insomma, è stato di fatto concesso ai Turchi. Così, è tollerata la presenza di osservazione della Porta a Surman e Morek, ben all’interno del territorio gestito dalle forze lealiste siriane.
Il problema, in un quadro che tende verso lo status quo, è appunto il corpo centrale della regione di Idlib, letteralmente imbevuto di radicali islamici addestrati alla guerra e accompagnati dalle loro famiglie. Con decine di migliaia di forze turche tutto attorno e i confini con la Turchia chiusi, c’è da domandarsi quale potrà essere il loro destino. Escluso il massacro indiscriminato, perché Ankara in cambio chiederebbe troppo, resta il dubbio che qualcuno rispolveri nei prossimi mesi l’idea della Libia come uno “scatolone di sabbia” e pensi di trasferire tutti questi “barbuti” senza patria dalla Siria al golfo di Sirte, magari all’inizio alla chetichella, impiegandoli come manovalanza nello scontro con le forze del Libyan National Army.
Mettiamola così: se nei prossimi mesi sentiremo parlare di attentati suicidi contro le forze di Haftar, fuoristrada carichi di islamisti che scorrazzano per Tripoli e veli islamici imposti alle donne della Tripolitania, allora ci sarà davvero da preoccuparsi, anche perché a questo nuovo “disegno intelligente” noi non abbiamo da contrapporre niente.
Foto: U.S. Army / web